Durante Reggiana-Cremonese,al debutto in Italia,Futre si ruppe i legamenti.Campione vero con Porto e Atletico Madrid,in Italia fu sfortunatissimo!

Futre Paulo Jeorge dos Santos

Il portoghese Futre(foto ronaldo7.net)

Il Festival di Sanremo per le canzoni, l’Oscar per il cinema, il premio Nobel… Il nostro mondo è pieno di doverosi e meritati riconoscimenti, ognuno per la sua categoria. Nella planetaria follia collettiva del calcio si è spesso esagerato. Ci sono premi per tutti i gusti: Pallone d’oro, Scarpa d’oro, Panchina d’oro mentre nel prologo di ogni Champions ci sono coppe speciali e targhe per tutti, anche magazzinieri e reporter… Possibile che nessuno ha mai pensato a un premio speciale per gli sfigati?

Magari il geniale portoghese Paulo Futre avrebbe la bacheca piena, visto che la sfortuna è stata assoluta protagonista della sua parabola calcistica. E soprattutto in Italia, dove con Reggiana e Milan si è dovuto accontentare (magra consolazione) di entrare nella ricca e nutrita galleria delle meteore.  Come in altri casi, però, è bene specificare subito che Futre era davvero un possibile campione, dal sinistro magico e dotato di un talento cristallino. Gli imprevisti, ma per lui è meglio dire disastri, sono stati sempre all’ordine del giorno. E se esistesse un vocabolario personalizzato per ogni calciatore, Futre si troverebbe di fronte soltanto a sfogliare e leggere due vocaboli: sfortuna e infortuni…

Jorge Paulo Dos Santos, per tutti noto come Futre, nacque il 28 febbraio del 1966 a Montijo e sconvolse in positivo tutti per la sua precocità; era ancora un bambino quando, col suo sinistro, cominciò a sfornare dribbling e colpi da fenomeno. Il debutto nella massima serie portoghese avvenne che non era ancora maggiorenne, con lo Sporting di Lisbona. In poco tempo le prime impressioni trovarono riscontri e certezze: anzi, il ragazzo migliorava e metteva in mostra le doti del fuoriclasse vero! I passaggi al Porto e all’Atletico Madrid, in Spagna, confermarono che Futre aveva davvero le carte in regola per diventare un numero 1.


Dribbling, visione di gioco, Paulo era una mezzapunta capace di accarezzare la palla sfruttando l’innata velocità, di gambe e di pensiero. Divenne l’idolo di tutte le tifoserie delle sue squadre; col Porto vinse due titoli nazionali realizzando 25 gol, ma fu con l’Atletico Madrid ad imporsi definitivamente. Oltre ai 38 gol nella Liga, Futre ebbe un rendimento sempre alto e redditizio per i compagni. Con la squadra conquistò due Coppe del Re e nel 1987 vinse il Pallone d’argento (quello d’oro finì nelle mani di Ruud Gullit): un’ altra testimonianza concreta della sua forza. Senza dimenticare che, a soli 20 anni, era già titolare della nazionale portoghese (in totale, 41 presenze e 6 gol) impegnata nel mondiale messicano del 1986.

Dopo brevi esperienze con Benfica e Marsiglia (dove, però, cominciò già a manifestarsi qualche problemino fisico), Paulo Futre arrivò in Italia firmando per la Reggiana. Il suo sogno era quello di sfondare nel campionato più bello e difficile d’Europa, e farlo con un club di terza fascia rappresentava uno stimolo in più. Oltretutto, il portoghese fu accolto in Emilia quasi come un Messia, con un entusiasmo simile (in proporzione) a quello di qualche stagione prima a Napoli nei confronti di Maradona. Ma, per il povero Paulo, il passaggio fra sogno e incubo si materializzò in appena novanta minuti di gioco. Il 21 novembre del 1993 Futre debuttava con la maglia della Reggiana, che quel giorno ospitava la Cremonese.

Fra l’estasi dei tifosi e dei suoi stessi compagni, Futre realizzò subito un bellissimo gol: dribbling mozzafiato e sinistro imparabile per il portiere avversario. Il pomeriggio, che sembrava felice, si concluse però in ospedale… Nel secondo tempo, infatti, un’entrata assassina del difensore cremonese Pedroni gli tolse definitivamente il sorriso. Per Paulo si concretizzò una frattura subtotale del legamento rotuleo del ginocchio destro. All’inizio i tempi di recupero navigavano nell’incertezza e non c’erano risposte: in realtà il Futre calciatore si era inconsapevolmente avviato in un agonia senza fine…

Dopo la convalescenza e tutte le cure del caso, scandite da un impegno sempre totalitario, Paulo rientrò solo l’anno successivo, il 1994/95. Ma ormai la pozione magica stava esaurendo in suo effetto e non riuscì mai più ad essere quello di prima. Giusto qualche partita, poi un nuovo stop fisico che lo costringeva a rifermarsi di nuovo: con la Reggiana 12 presenze con 4 gol. Spesso era proprio il ginocchio operato a dargli noie, ma in altre circostanze si trattava invece di guai muscolari di tutt’altra natura. In ogni caso, tale contesto negativo si riaffacciò in tutte le sue altre esperienze: nel 1995/96 Futre firmò addirittura per il Milan di Fabio Capello, ma giocò soltanto una partita (circa una dozzina di minuti, per la precisione) sostituendo il grande Roberto Baggio. Paulo Futre, in quell’unica apparizione, si ritrovò di fronte ancora la Cremonese: un altro scherzo del destino…

Quando approdò nel campionato inglese, al West Ham, Futre era ormai spento come una candelina consumata. Giusto qualche presenza d’ufficio; stesso discorso con l’Atletico Madrid e con i giapponesi dello Yokohama nel 1998. La verità era che il calcio aveva già perso anni prima uno dei suoi talenti più puri, e in Italia dello sfortunato Paulo Futre abbiamo soltanto ricordi sfumati e sbiaditi. La sua vita in meno di novanta minuti, quelli di Reggiana-Cremonese: la gioia e il dolore, l’allegria e la disperazione…

Lucio Iaccarino