Prima di essere un famoso commentatore, il brasiliano è stato soprattutto un centravanti straordinario! 216 gol con Milan, Napoli e Juventus.

Josè Altafini (foto ebay.it)

Jose Altafini

“Amisci e amiche, questo è proprio un golasso!!!” Fra i tanti telecronisti e opinionisti che si sono alternati negli ultimi anni in Italia, il più colorito e simpatico è senza dubbio lui, l’ideatore di questo e di altri pittoreschi tormentoni calcistici. Del resto, provare affetto ed avere una predisposizione d’animo favorevole per il grande Josè Altafini è sempre stato facile, fin da quando brillava nel firmamento calcistico mondiale come centravanti di grande valore. Brasiliano all’anagrafe, ma col destino della vita che l’ha in pratica tramutato in italiano, Josè è conosciuto dalle ultime generazioni come uno dei più bizzarri ma geniali oratori del calcio moderno. Oltre al golasso, come non ricordare “Incredibile, amisci! I tifosi sono al settimo cielo, ora vogliono andare all’ottavo” oppure i tiri isbilenchi degli attaccanti fuori forma o le sue urla “Che cannonataaaaaaaa!!!!!!” che quasi fanno tremare la Tv. Ma, oltre ad essere un apprezzato comiziante del pallone, non dobbiamo mai dimenticare la sua splendida carriera in campo: un bomber e un talento di pregevolissima fattura.

Josè Joao Altafini nacque il 24 luglio 1938 a Piracicaba, cittadina alle porte della metropoli di San Paolo del Brasile. Ultimo di cinque figli, visse un’infanzia difficile che lo costrinse ad abbandonare gli studi molto presto. Qualcuno asserisce che i brasiliani hanno qualcosa in comune con i napoletani; Josè strizzava l’occhio quasi con simpatia a tutti i suoi guai e viveva con inaspettata allegria. Riusciva a sfangarla cambiando svariati mestieri e trovò nel calcio l’ancora di salvezza. Si mise in evidenza nelle piccole squadre del suo paese come un ottimo centravanti; la passione lo rendeva sempre più forte e moltiplicava le sue capacità. Non aveva ancora 17 anni quando fu notato e opzionato dal Palmeiras.

In pochi mesi cambiò tutto; col club di San Paolo segnò 32 gol in due stagioni e si meritò la convocazione nella nazionale brasiliana per il vittorioso mondiale del 1958. Fu un incredibile misto di gioia e stupore: Josè si ritrovò giovanissimo (appena 20 anni) in mezzo a fuoriclasse assoluti come Pelé, Vavà, Garrincha, Zagallo e con tutti loro festeggiò il primo incredibile trionfo. Realizzò anche una doppietta con l’Austria e si meritò anche un curioso soprannome: Mazzola! Già era inconsciamente  nato, infatti, un punto di raccordo con la nostra Italia: in Brasile Altafini fu ribattezzato così per una vaga rassomiglianza col grande e immenso Valentino Mazzola. Quando poi, subito dopo il mondiale svedese, Altafini fu ingaggiato a tempo di record dal Milan, questo illustre soprannome venne progressivamente messo da parte (anche perché era in rapida ascesa un altro Mazzola, il mitico Sandro).


Curiosità a parte, l’impatto e l’ambientamento di Altafini nel nostro calcio non fu buono: fu ottimo! Il primo anno al Milan non poteva andare meglio: segnò 28 gol (subito dietro al capocannoniere Angelillo) e contribuì fortemente alla conquista dello scudetto. Josè era un attaccante completo, dotato di buon palleggio e tiro preciso, ma soprattutto di un notevole scatto che gli consentiva di operare prodigiosi e mortiferi contropiedi. La sua storia d’amore col calcio italiano fu lunga e felice proprio come un matrimonio: rimarrà con noi per ben 18 anni; oltre al Milan, si fece valere nel Napoli e nella Juventus, disputando 750 partite (459 in serie A) e segnando 216 gol. Numeri da capogiro: parliamo del terzo marcatore di sempre in Italia, dietro soltanto a Piola e Nordahl e a pari merito con Meazza! Durante la permanenza in rossonero, conquistò un altro scudetto nel 1961/62 con annesso il titolo di capocannoniere. Fu fondamentale nella vittoria della coppa Campioni dell’anno successivo, con 14 reti in quell’edizione e una splendida doppietta al Benfica di Eusebio in finale che lo collocò definitivamente nel cuore dei tifosi e nella storia del club.

Nel 1965 Altafini venne ceduto al Napoli; qui giocò con Sivori e l’intesa fra i due fu subito perfetta. L’ambiente caldo della tifoseria partenopea calzava a pennello col carattere esuberante e un po’ sopra le righe di Josè; in sette stagioni con gli azzurri giocò 180 partite realizzando 71 gol. A 34 anni in molti consideravano conclusa la sua splendida carriera, ma non la Juventus che intravide in lui ancora energie e potenzialità da sfruttare. Per l’ennesima volta, Altafini non deluse e stupì tutti; le sue quattro stagioni alla Juve furono ancora tinte di gioie e successi. Visto che l’età avanzava, divenne uno dei primi calciatori part-time, utilizzati cioè soltanto per una manciata di minuti e spesso a fine gara. Una scelta saggia e fruttifera: Josè, col talento misto all’esperienza di un veterano dell’area di rigore, rifilò altri 25 gol (in 74 presenze) alle difese avversarie. E il suo contributo fu comunque importante per gli scudetti vinti del 1972/73 e del  1974/75: di più davvero non gli si poteva chiedere! Molti ricordano ancora un suo preziosissimo acuto proprio al Napoli, la sua ex squadra da lui castigata con un micidiale gol dell’ex. E pochi giorni dopo i tifosi napoletani, che con quella sconfitta in pratica persero lo scudetto, gli lanciarono un messaggio con uno striscione in uno dei cancelli dello stadio San Paolo: Josè core ’ngrato!

Dopo aver abbandonato i campi italiani nel 1976, Altafini giocò ancora per qualche tempo in Svizzera per poi ritirarsi definitivamente. Pur avendo investito molti dei suoi guadagni in Brasile, Altafini rimase in Italia, ormai sua patria adottiva, dedicandosi con passione all’attività di giornalista e commentatore. Divenne subito un idolo per tutti, segnalandosi per l’originalità e l’ironia con cui affrontava la sua nuova professione. Il carattere brillante, allegro, la mania per gli scherzi e il puntiglio di non prendere mai nulla troppo sul serio hanno confezionato un personaggio unico e irripetibile. Un calciatore e un uomo che il calcio non finirà mai di ringraziare abbastanza.

Lucio Iaccarino