Lo storico trionfo della squadra armena  dell’Arat Yerevan nel campionato e nella coppa nazionale dell’Unione Sovietica.

L'Ararat Yerevan campione dell'Urss 1973

Anno 1973. Il mondo è ancora diviso in due blocchi contrapposti. Dietro la cortina di ferro, nell’est europeo, c’è l’Unione Sovietica, l’enorme contenitore sotto la cui bandiera sono riunite 15 Repubbliche, denominate Socialiste Sovietiche. Paesi che oggi, dopo il crollo del muro di Berlino e la dissoluzione del Patto di Varsavia, sono indipendenti, come la Russia, l’Ucraina, la Georgia o l’Armenia. Proprio in Armenia è ambientata la storia che vi stiamo per raccontare. Questa antica nazione, dal glorioso passato, si trova nel sud dell’ex Urss, nella regione caucasica. Negli anni dell’Urss esisteva un grande campionato di calcio che raccoglieva le migliori formazioni provenienti dalle singole repubbliche federali.

A farla da padrone, nella conquista del titolo, sono le squadre russe, in particolare quelle moscovite, perché il Partito Comunista al potere concentrava le risorse destinate al calcio sulle formazioni della capitale, per un discorso di prestigio e di immagine.
Dal 1935 (anno di disputa del primo campionato di calcio dell’Urss) al 1960, nell’albo d’oro compaiono solo squadre di Mosca. L’egemonia viene rotta nel 1961 con la vittoria della Dinamo Kiev, squadra ucraina. Fino al 1973, le uniche squadre non russe che si aggiudicano il titolo di campione saranno, oltre alla Dinamo Kiev che vincerà per ben cinque volte, la Dinamo Tbilisi, georgiana, e un’altra formazione ucraina, la Zarya Voroshilovgrad.

Se si esclude, quindi, la vittoria della Dinamo Tbilisi, si nota subito come l’unica scuola calcistica in grado di tenere testa a quella russa, egemone, è quella ucraina: questo grazie a un gioco decisamente organizzato, un calcio di squadra praticato dalle formazioni della grande repubblica, considerata il granaio d’Europa, studiato nei minimi dettagli in maniera scientifica. Lo studio del gioco corale e dei suoi meccanismi verranno poi portati al massimo livello dal grande Valeri Lobanovsky che arriverà a costruire una nazionale sovietica basata per dieci undicesimi su giocatori della Dinamo Kiev. Ma questa è un’altra storia.


Torniamo agli anni settanta.
Nikita Simonyan è un allenatore di 47 anni, nativo di Armavir, con origini armene che, da calciatore, ha vinto la medaglia d’oro alle olimpiadi del 1956 con la maglia dell’Unione Sovietica. In panchina, ha trionfato nel massimo campionato sovietico per ben due volte alla guida dello Spartak Mosca con la quale ha conquistato anche quattro Coppe sovietiche. Nel 1973, Nikita ritorna nella terra dei suoi avi, per guidare l’Ararat Yerevan, la squadra della capitale armena. Mentre la Russia e l’Ucraina hanno più squadre a rappresentarle nel massimo campionato, l’Armenia e la Georgia ne hanno una sola che diventa quindi, inevitabilmente, una sorta di nazionale, una squadra che raccoglie le passioni e il tifo di un intero popolo nella sfida contro le grandi storiche del calcio sovietico.

Il lavoro che attende Nikita non è semplice: deve cambiare la mentalità calcistica tipicamente armena della sua squadra, per renderla vincente. I giocatori del sud sovietico, armeni e georgiani in particolare, sono molto tecnici, poco atletici e poco fisici, votati al gioco solista, a cercare l’azione personale e il numero più che l’azione costruita. Uno dei giocatori di origini armene più famoso, che ha anche giocato nel nostro campionato, è Alain Boghossian. Nikita sa che, per vincere, conta la squadra, oltre che il solista, e lavora per inculcare nella testa dei suoi giocatori concetti come il gioco corale, la tattica, l’organizzazione tipica delle squadre ucraine. E il lavoro di Simonyan dà i suoi frutti.
Contro ogni pronostico, l’Ararat Yerevan mette in fila le grandi del calcio sovietico e conquista il titolo sovietico, con 39 punti in classifica, davanti alla Dinamo Kiev e alla Dinamo Mosca, grazie a un super attacco che realizza ben 52 reti e alla continuità di rendimento.

E’ il trionfo di una nazione, quella armena. Ma la vera sfida, per i ragazzi di Simonyan, quella più sentita per il popolo armeno, è quella che si disputa il 10 ottobre dello stesso anno allo Stadio Lenin di Mosca, per la finale della Kubok SSSR, la Coppa dell’Urss. L’avversario è lo stesso che ha conteso il titolo all’Ararat per tutto l’anno, la Dinamo Kiev allenata da Oleksandr Sevydov: per gli armeni è una sfida molto sentita, la voglia di un’intera nazione di conquistare la storica doppietta campionato-coppa e di superare in tutto il calcio russo e quello ucraino. C’è molto spirito nazionale in questa partita. A due minuti dalla fine, però, la Dinamo sta spegnendo i sogni di gloria armeni conducendo per 1-0. La sconfitta sembra inevitabile, ma un minuto dopo Levon Ishtoyan entra in area e insacca il pareggio. E nei supplementari, lo stesso Ishtoyan realizza il gol della vittoria che manda in visibilio i quindicimila tifosi armeni presenti a Mosca. Trionfo storico.

L’Armenia intera è in festa, per una sera si sente di nuovo nazione e si permette di dipingere dietro al monumento a Lenin in Piazza della Repubblica a Yerevan il numero otto della maglia di Ishtoyan. Questa storia, per me, è un libricino su quella squadra vincente acquistato su una bancarella a Yerevan per pochi spiccioli. E’ un viaggio che è stato davvero un’esperienza. Un ricordo indelebile. Questa storia è il mio modo di omaggiare il popolo armeno nel 97° anniversario del genocidio che ha patito.
Un ricordo indelebile.

Emanuele Giulianelli