Il bomber della Lazio del primo scudetto era un personaggio unico. Dal Galles a New York, passando per Roma: una furia di gol e polemiche!
Una vita sempre a cento all’ora, spesso sopra le righe e da nomade, da eterna e simpatica canaglia. Un’esistenza rapida che, come abbiamo amaramente potuto verificare in questi giorni, è stata simile alla sua morte. Di Giorgio Chinaglia si può scrivere poco o tanto, ma la nostra indole è portata a ricordarlo esclusivamente per quello che ha rappresentato in un campo di calcio, un campione dell’area di rigore dotato del carisma dei leader.
Giorgio Chinaglia nacque a Carrara, in provincia di Massa, il 24 gennaio del 1947 e i primissimi anni furono subito in salita. Era ancora molto piccolo, infatti, quando la famiglia fu costretta ad emigrare trasferendosi nel Galles; qui, dopo anni di sacrifici e fatica, il padre riuscì ad aprire un piccolo ristorante. Giorgio lavorava come lavapiatti e aiutava come poteva, mentre di tanto in tanto si divertiva a giocare a pallone con gli amici.
Le sue prime squadre, quelle del college, non erano di elevato tasso tecnico ma col tempo emersero le sue straordinarie qualità di goleador. La successiva gavetta nello Swansea e nel Cardiff fu preziosissima per Chinaglia, che venne notato da alcuni dirigenti e osservatori italiani alla continua ricerca di giovani promettenti.
Il richiamo della madrepatria fu accolto con gioia e entusiasmo dal buon Giorgio, che intanto cresceva e diventava un ragazzone dal fisico invidiabile. Nella stagione 1966/67 militò nella Massese (club di serie C), dove percepiva uno stipendio dieci volte superiore rispetto a quello che intascava in Gran Bretagna.
Successivamente, passò all’Internapoli, sempre in serie C, per poi meritarsi l’approdo alla Lazio nella stagione 1969/70. Erano in arrivo gli anni più intensi e gloriosi, per lui e per i biancocelesti romani. Solo in serie A, Giorgio Chinaglia mise a segno con la Lazio la bellezza di 77 reti in 175 presenze (coppe comprese, arrivò a 98 gol in 209 gare), divenendo il punto fermo di un organico destinato a scrivere la storia. Il suo contributo fu determinante, in particolare, per la conquista del primo scudetto laziale nel 1974. In quel magico anno conquistò anche il suo primo e unico titolo di capocannoniere della serie A: 24 centri in 30 apparizioni.
Chinaglia era il classico centravanti potente, impetuoso e di grandissimo temperamento, capace di lunghe incursioni palla al piede e dotato di un tiro violento e spesso risolutore. Di carattere deciso e intransigente, era un autentico trascinatore e, forte del suo proverbiale carisma, spesso anche all’origine di scismi o polemiche all’interno della
squadra. E proprio questa sua peculiarità caratteriale gli procurò non poche difficoltà anche all’interno della nazionale italiana. Con gli azzurri totalizzò 14 gettoni (con 4 gol e un pessimo Mondiale nel 1974), ma si attirò le antipatie di molti con i suoi pronunciamenti contro le polemiche Mazzola–Rivera, che a suo giudizio impedivano un positivo cammino della squadra.Nel 1976 Chinaglia (detto Long John per via di una presunta somiglianza a John Charles) accettò l’invito del Cosmos, il ricco club newyorkese di Pelè, e si trasferì negli Stati Uniti attirato dall’ottimo ingaggio e dalla seducente possibilità di intraprendere una carriera dirigenziale. Con gli americani giocò fino al 1982 e sempre con la grinta e la tenacia che lo aveva reso famoso a Roma: era inoltre sostenuto dalla folta colonia italiana di New York che in lui identificava il connazionale emigrato, generoso e pieno di temperamento sul lavoro, un po’ folle e spregiudicato nella vita di tutti i giorni. Abbandonato il calcio giocato, Giorgio rimase nell’ambiente sportivo americano inserendosi, poi, nel mondo degli affari e della finanza.
Nel 1984 l’atteso ritorno in Italia, divenendo presidente della sua Lazio per un paio di stagioni. L’esperienza non fu molto felice, complici alcune incomprensioni sui suoi metodi di conduzione della società, più adatti allo spirito affaristico americano che a quello più tradizionalista italiano. Anni dopo, si è fatto apprezzare come commentatore e opinionista sportivo, mantenendo inalterate quelle sue caratteristiche di esuberanza e di schiettezza a volte forse eccessive. Il senso di rivalsa, che gli è rimasto addosso fino alla sua recentissima dipartita (1° aprile 2012), ha sempre prevalso nei suoi comportamenti. L’infanzia difficile, la personalità ribollente e la passione per lo sport hanno delineato un campione osannato nel bene e nel male, nell’altare e nella polvere. Nel mondo e nel calcio di oggi personaggi come Giorgio Chinaglia sono merce rara: riposa in pace, mitico Long John.
Lucio Iaccarino