Massimo Costantino, tecnico della Vigor Lamezia, ha conquistato la fiducia dei suoi concittadini in questi due anni di panchina biancoverde

Massimo Costantino

Massimo Costantino (foto vigorlamezia.net)

In Italia, tanti giovani allenatori emergenti si stanno facendo strada in questi ultimi anni. Tra loro vi è sicuramente il tecnico della Vigor Lamezia Massimo Costantino. Alla guida della compagine biancoverde si è reso protagonista di una stagione straordinaria sia dal punto di vista prettamente professionale, come raccontano grandi numeri (80 punti conquistati, le 23 vittorie ottenute) che sotto l’aspetto umano riuscendo nell’impresa ancora più difficile di conquistare la fiducia dei propri concittadini.

Quando ha deciso di avvicinarsi ad un ambiente bello ma complicato come quello del calcio?
«A dire il vero non posso parlare di una mia scelta, la mia famiglia è sempre stata vicina a questo ambiente. Sin da piccolo ho sempre giocato a calcio, non riuscendo ad avere grandi fortune. Il mio titolo di studio, l’Isef, mi ha però permesso di restare in questo ambiente, dandomi la possibilità nel corso degli studi di allenare nelle scuole calcio».

Le tappe della sua carriera?
«Inizio con le categorie giovanili di Promosport e Santa Maria di Catanzaro, poi allievi e juniores della Vigor Lamezia e Berretti del Cosenza. Decisi che era il momento di allenare una prima squadra e iniziai in Eccellenza con il Capo Vaticano, seguirono le esperienze con il Belvedere Marittimo, il Campobello di Mazara e poi i due anni alla Rossanese, prima in Eccellenza e vincendo i play off successivamente in D. Infine i due anni in Lega Pro con la Vigor Lamezia».

Vi sono delle persone che meritano di essere citate in questo suo percorso?
«In ogni squadra vi sono tante persone che mi hanno dato la possibilità di esprimermi, farei un torto a qualcuno nel non nominarle tutte. Sicuramente non posso non citare il direttore sportivo della Vigor Lamezia, Fabrizio Maglia, che mi ha introdotto nel Professionismo».

Un episodio, un qualcosa che ha segnato la svolta nella sua carriera?
«Sicuramente la scelta di andare a Rossano, dopo essere andato via da Campobello di Mazara. Ebbi varie richieste da società di Eccellenza, ma anche da squadre di Serie D. Mia moglie scelse, però, come destinazione Rossano. Andai quindi alla Rossanese quart’ultima in classifica in eccellenza. Fu la svolta. Vinsi quasi tutte le partite e conquistai i play off, grazie ai quali, arrivati fino in fondo alla fase nazionale, approdammo in D. Ho dato ascolto a mia moglie ed ha avuto ragione lei».


Cosa significa oggi allenare?
«La figura dell’allenatore è una figura molto, ma molto particolare. E’ una figura diversa rispetto a qualche anno fa. Prima l’allenatore doveva avere determinate caratteristiche ora serve averne anche molte altre. Mi soffermo ad esempio sull’aspetto psicologico, che è determinante attualmente ancor più di quello tecnico – tattico. Un allenatore oggi deve essere bravo nella comunicazione, che non significa solo gestione del gruppo o la gestione dell’ambiente».

In questi ultimi anni gli allenatori sono sempre più protagonisti. E’ un bene o un male?
«Il fatto che oggi l’allenatore sia sempre più protagonista è sicuramente un bene. In passato, infatti, spesso l’allenatore era protagonista solo quando le cose andavano in male, in quanto se le cose non vanno la colpa ricade sempre sul tecnico. Oggi quindi ritengo giusto che l’allenatore sia protagonista diversamente. Ovviamente sempre in modo positivo. Non condivido infatti quelle situazioni in cui gli allenatori ottengono le luci della ribalta perché finiscono per voler svolgere anche dei compiti che non sono proprio dell’allenatore, inoltrandosi cosi in altre sfere di competenze».

Ha un modulo che predilige, un reparto al quale dedica maggiore attenzione?
«Da quando allenavo in eccellenza a Capo Vaticano ho utilizzato il 4-2-3-1, un sistema di gioco allora innovativo, oggi molto utilizzato, al quale sono rimasto molto affezionato. Ad appassionarmi molto è anche il 4-3-3. Non vi sono reparti ai quali dedico particolare attenzione o verso i quali sono più propenso a lavorare. E’ infatti vero che una squadra è composta da più reparti, ma per me è come se in realtà fosse unico».

Vi è qualche allenatore che può esser definito sua fonte di ispirazione?
«Io credo che bisogna sempre prendere il meglio da tutti. Con l’aiuto del mio staff cerco di prendere tutto ciò che di buono fanno gli altri e di personalizzarlo, di lavorare poi in base alle esigenze della squadra. Il 4-2-3-1 mi ha portato a studiare Luciano Spalletti, prediligendo alcune situazioni tattiche soprattutto sulle ripartenze. Mi piace poi molto come Marco Giampaolo lavora sulla linea difensiva . Ho cercato di lavorare allo stesso modo proprio per quanto riguarda il reparto difensivo, ovviamente adattando il lavoro agli uomini che ho a disposizione. Non a caso siamo stati la migliore difesa del nostro girone».

Lei riveste sia il ruolo di allenatore, che di preparatore atletico. Si può parlare di responsabilità doppia?
«Non è responsabilità doppia, perché lo staff tecnico

della Vigor Lamezia è composto da quattro persone: Alessandro Quarta, che mi fa da preparatore dei portieri e viene anche in panchina come secondo allenatore si occupa molto delle palle inattive, Giuseppe Saladino mi supporta sulla parte tecnico tattica e Francesco Veltri mi aiuta nella preparazione atletica. E’ un unico filo conduttore. Io programmo il lavoro tecnico tattico e fisico, è un tutt’uno, poi i miei collaboratori migliorano tale lavoro rendendolo ancora più funzionale in base alle nostre esigenze».

Passiamo alla Vigor Lamezia, sua attuale squadra. Quali sono i pro e i contro dell’allenare la squadra della propria città?
«E’ bello ma è difficile allo stesso tempo. In questo momento è bellissimo perché abbiamo fatto un grande campionato e quindi ci sono tanti consensi. Nel momento in cui però le cose non vanno è normale che tutto si complica. Penso che sia cosi in tutti i posti, forse altrove è più semplice perché conosci meno persone, hai meno contatti. Io comunque sono un tipo particolare, faccio allenamento e vado a casa, passo tutto il tempo con la mia famiglia, sto poco in giro. Certo mi rendo conto di avere più responsabilità perché mi sento più coinvolto, sento tutto più mio, è normale che è un po’ diverso. Sono stati finora due anni molto intensi e molto belli».


Su questa stagione straordinaria della Vigor Lamezia si è detto ormai praticamente tutto. Può raccontarcela dal suo punto di vista?
«All’inizio abbiamo avuto qualche problemino, abbiamo lavorato molto in ritiro, abbiamo fatto la preparazione e nelle prime uscite eravamo un po’ appesantiti ma eravamo coscienti di questo. Abbiamo avuto qualche problema in Coppa Italia quando i risultati non arrivavano, ma è stato proprio allora che ho capito di aver a che fare un grande gruppo, con dei ragazzi dal grande carattere. Li ho visti determinati a riscattarsi immediatamente, la stessa forza che hanno dimostrato dopo ogni sconfitta in campionato. Infatti dopo un risultato negativo ci siamo subito rialzati, non abbiamo mai perso in modo consecutivo, a dimostrazione del grande gruppo che caratterizza la Vigor Lamezia di questa stagione. Come allenatore sono stato sempre molto serio e credibile, sempre me stesso, non ho mai preso in giro nessuno e soprattutto ho avuto sempre molto rispetto delle persone con cui ho avuto o a che fare, prima di tutto in quanto uomini. Ho ricevuto lo stesso comportamento ed anche per questo la gestione di questo gruppo non è stata poi così difficile, anche se gestire una squadra molto giovane non è mai facile. Ho, però, avuto l’aiuto dei più grandi che prima di essere stati calciatori, sono stati degli uomini e per questo li ringrazio».

Tante le soddisfazioni professionali ottenute quest’anno, tante e sotto gli occhi di tutto. Quelle umane invece quali sono?
«Sono tante anche dal punto di vista umano. Affermarsi nella propria città è stato molto difficile. All’inizio quando sono arrivato c’era molto scetticismo nei miei confronti. Ero cosciente di questo però mi ero ripromesso che avrei tramutato tale atteggiamento in consensi e ci sono riuscito. Personalmente ho già vinto, spero di riuscire di estendere questo mio risultato anche all’allenatore. In pratica l’uomo ha già vinto, il tecnico ancora deve vincere».

La prossima partita è sempre la più difficile”. Possiamo considerare questo il leit-motive della Vigor Lamezia 2011-2012?
«E’ vero, è stato cosi dall’inizio ma adesso più che mai. La prossima è la partita più difficile dell’anno, lo sappiamo però siamo consapevoli che possiamo vincere e vogliamo vincere».

In vista proprio della prossima partita, ha qualcosa da voler dire pubblicamente alla propria squadra e anche ai propri tifosi, alla città di Lamezia Terme?
«Io non ho nulla da dire, perché sono i giocatori che stanno già lanciando messaggi a me, facendomi vedere grande determinazione. Lo stesso vale per i tifosi. Nella prossima vittoria di mio ci sarà ben poco. Vinceranno i tifosi e vinceranno i giocatori».

Per concludere, il futuro di Massimo Costantino sarà ancora in biancoverde?
«Abbiamo o almeno spero qualche altra settimana di lavoro. Se ci saranno i presupposti possiamo continuare insieme e penso che tali presupposti ci siano a prescindere dalla categoria. Io penso che l’avventura potrebbe continuare».

Vanessa Paola