Nell’aprile del 1994 il Pontedera guidato da Francesco D’Arrigo batté in amichevole l’Italia di Sacchi che stava per partecipare a Usa ’94

L’Italia a Usa ’94 (foto dal web)

Mancano due mesi e mezzo al debutto dell’Italia ai campionati del mondo. L’esordio è fissato per il 18 giugno al Giants Stadium di New York, negli Stati Uniti d’America, contro l’Irlanda del commissario tecnico Jack Charlton. Arrigo Sacchi, che guida la nazionale azzurra, convoca per i primi di aprile uno stage a Coverciano, per studiare i giocatori in vista delle convocazioni definitive e per impostare la squadra in vista delle partite in terra americana. Per l’ultimo giorno di ritiro in Toscana, il 6 aprile, è prevista una partita amichevole. Come avversario viene scelta una squadra della zona che milita nel campionato di C2, il Pontedera, che ha uno schema di gioco simile a quello della Norvegia, che incontreranno gli azzurri nella seconda partita del girone.

Più che un avversario, il Pontedera è uno sparring partner. Più che un’amichevole è una sgambatura. Una formalità.
L’Italia scende in campo con Marchegiani, Panucci, Maldini, Albertini, Costacurta, Baresi, Donadoni, Conte, Signori, R. Baggio, Stroppa; il Pontedera, guidato dal mister Francesco D’Arrigo, schiera Drago, Vezzosi, Paradiso, Rocchini, Allori, Cecchi, Rossi, Moschetti, Cecchini, Pane, Aglietti.
Si prevede, come da logica, che gli azzurri seppelliscano sotto una valanga di gol i volenterosi toscani, che, comunque, stanno dominando il loro girone di C2, per i quali è già un grande onore poter essere gli avversari della nazionale italiana che sta per andare a giocare i mondiali.
Daniele Allori ha giocato quella partita, con la maglia amaranto dei toscani. Quei momenti sono ancora vivi nei suoi occhi. E nelle sue orecchie.


«Giocavamo con quattro difensori in linea, il rombo a centrocampo con Mario Cecchi mediano metodista, a destra Matteo Rossi e a sinistra Alessandro Pane, che è arrivato a giocare in serie A. Mezzapunta Moschetti dietro i due attaccanti, Alfredo Aglietti e Claudio Cecchini. Il mister mi schierò, come al solito, centrale di sinistra nei quattro di difesa. Ricordo un aneddoto: negli spogliatoi, prima della partita, quando si parlava degli avversari e si decidevano le marcature, D’Arrigo mi disse: “Quando viene a saltare Baggio lo marchi tu”. Poi gli scappò da ridere, e tutti noi dietro a lui: non era certo quello il livello di calciatore che ero abituato a marcare!».

Meglio prenderla a ridere, sicuramente, se pensi agli avversari che hai di fronte. Poi la partita inizia e tu, che giochi nel Pontedera, passi in vantaggio per uno a zero contro l’Italia: lì sì che si incomincia a ridere sul serio! E non è tutto. Dopo il vantaggio siglato da Matteo Rossi, i toscani, tra lo stupore e l’incredulità dell’entourage azzurro, raddoppiano grazie al gol di Alfredo Aglietti.
Due a zero. «Sicuramente all’inizio ci hanno preso un po’ sottogamba, perché il divario di categoria era davvero troppo. » continua a raccontare Daniele. «Poi, però, quando si sono accorti che eravamo un avversario duro, vedessi che entrate hanno iniziato a fare! Baresi tirava legnate come un fabbro. Nel secondo tempo, sotto due a zero, hanno cambiato la coppia d’attacco formata da Baggio e Signori con Casiraghi e Massaro.

Quei due erano indiavolati: su un calcio d’angolo, Casiraghi mi ha dato una gomitata in testa e io sono finito sdraiato dentro la rete della porta! Volevano pareggiare in tutti i modi. Massaro fece gol e, in più fece un tiro che picchiò sulla traversa, poi davanti alla linea e venne fuori: loro reclamarono insistentemente perché l’arbitro convalidasse il gol. Ma il direttore di gara, che era Collina, fu irremovibile: non era gol». I minuti passano inesorabili, l’Italia è ancora clamorosamente sotto per due a uno contro i toscani. La figuraccia va evitata a tutti i costi, gli azzurri devono quanto meno arrivare al pareggio. Se ne provano di tutti i colori per riuscirci. «L’accordo era di giocare due tempi da quaranta minuti: quando arrivò il quarantesimo del secondo tempo, l’arbitrò non fischiò la fine, ma fece durare la partita altri dieci minuti. Fuori dal campo c’erano tutti i tifosi della Fiorentina che cominciarono ad urlargli di fischiare la fine, perché facevano il tifo per noi. Nonostante tutto, non ce la fecero a pareggiare e vincemmo noi». Pontedera batte Italia due a uno. Non è uno scherzo.

Il giorno dopo la Gazzetta dello Sport titola in prima pagina a nove colonne “Ai mondiali il Pontedera” e sull’occhiello “Lezione di gioco dalla regina di C2”. Già, perché la vittoria dei toscani non è stata merito del caso o della fortuna, ma il frutto di una perfetta organizzazione di gioco, come spiega Daniele Allori: «Quell’anno avevamo un gruppo fantastico nell’intesa e nei meccanismi: il Pontedera era un giocattolo perfetto. A livello di serie C non credo di aver mai visto una squadra giocare un calcio come quello che giocammo noi in quella stagione. Lo dico con un po’ di presunzione, ma abbiamo vinto partite per 5-0, 6-0, eravamo un rullo compressore: si sono create delle sinergie tra noi, con un tale affiatamento a livello tattico che andava sempre tutto bene».


Grande merito va anche al mister, Francesco D’Arrigo. «D’Arrigo, a mio avviso, era uno che faceva vent’anni fa quello che vediamo fare oggi a tanti allenatori che vanno per la maggiore. E’ stato uno dei miei maestri, a livello calcistico. Quello che lo ha penalizzato, che non gli ha permesso di sfondare a livello di serie B o serie A è stato il suo carattere introverso. Se parliamo di tecnica e di tattica è stato un mostro di bravura». Da quel momento, i ragazzi del Pontedera si sono trovati catapultati in una favola, con inviti alla Domenica Sportiva, feste in città come se avessero vinto uno scudetto; ma, da quel momento, anche gli avversari di C2 hanno iniziato a giocare con il dente avvelenato contro di loro, mettendoci sempre qualcosa in più per mettersi in mostra contro gli avversari che hanno battuto l’Italia.

Ci rimane un’ultima curiosità, prima di chiudere questa bella storia di calcio, di quelle che noi di “Stromberg non è un comodino” amiamo raccontare. Daniele, come l’hanno presa i giocatori dell’Italia a fine partita? «Mi ricordo che mentre passavo negli spogliatoi c’erano le televisioni che intervistavano chi uno chi l’altro dei giocatori dell’Italia. L’unico che si fermò a salutarci in maniera cortese fu Beppe Signori che ci disse “bravi, ragazzi!”: gli altri passavano incavolati neri per la figura che avevano fatto. Anche Sacchi ci salutò, ma a denti stretti. Ricordo chiaramente che Sacchi disse a un giornalista “Questo è il momento più difficile della mia carriera” ». Sappiamo tutti come è andata: l’Italia è arrivata in finale a quei mondiali di Usa ’94, perdendo ai calci di rigore contro il Brasile di Romario e Bebeto. O erano Aglietti e Cecchini?

Emanuele Giulianelli