Scudetti, Coppe dei Campioni e tanti trionfi con l’Inter di Herrera! Jair era imprendibile sulla fascia destra, capace di segnare e dribblare in qualsiasi modo!

Jair da Costa

Jair da Costa(foto golcalcio.it)

In un’epoca in cui conviviamo, e con piacere, con mezzi di trasporto estremamente efficaci e soprattutto veloci, il termine “freccia” costituisce ormai il sinonimo più eloquente di rapidità, sveltezza e dinamicità. Oppure quando andiamo a scommettere su un cavallo (oppure su un cane) e puntiamo i nostri soldi sperando di imbroccare quello giusto, scopriamo che “freccia” (magari accompagnato da un aggettivo) spesso è il nominativo di uno dei favoriti per la vittoria. Insomma una garanzia di successo, almeno prima della corsa: dopo non si sa… Anche i  tifosi dell’Inter, soprattutto i meno giovani, hanno una “freccia” scolpita nel cuore e nei ricordi.

Una “freccia” che non rallentava mai e che ha bagnato successi memorabili e senza tempo: Jair Da Costa! Un matrimonio che fonda le sue radici nei primi anni sessanta, e precisamente nella stagione 1962-63. Fu quella, con ogni probabilità, l’annata decisiva per la Grande Inter di Moratti ed Herrera. Il Mago decise infatti di promuovere titolari due giovani calciatori poco più che ventenni, che di lì a poco avrebbero regalato tante soddisfazioni. Uno si chiamava Alessandro Mazzola, ed entrò in squadra al posto del compassato Maschio, classico regista di origine argentina. L’altro era proprio lui, il talentuoso Jair da Costa: brasiliano classe 1940.

Era una guizzante e imprevedibile ala destra che l’Inter aveva già in rosa da qualche mese ma che non poteva ancora utilizzare. La squadra nerazzurra aveva infatti prelevato Jair nell’estate 1962 dai brasiliani del Portuguesa, ma non aveva ancora potuto tesserarlo in quanto disponeva già dell’oriundo e dei due stranieri previsti dalla normativa dell’epoca: il centrocampista spagnolo Luis Suarez, il centravanti inglese Gerry Hitchens e Marcello Pagani, centravanti di origine argentina. Il Mago Herrera si convinse ben presto però che il rapido e sgusciante attaccante carioca avrebbe potuto cambiare il volto della squadra; sacrificò il combattivo ma macchinoso Hitchens (che venne ceduto al Torino) e a novembre lo lanciò coraggiosamente nella mischia: la “freccia” nerazzurra stava spiccando il volo…


L’esordio di Jair nel campionato italiano avvenne il primo novembre 1962 e fu trionfale: l’Inter superò il Genoa a Marassi per 3-1, e la prima rete nerazzurra portò la firma proprio del brasiliano. L’agile ala di colore, padrone della fascia destra interista, diventò ben presto il terrore delle difese avversarie. Il 16 dicembre 1962 l’Inter colse una straordinaria vittoria a Bologna contro la squadra che solo un anno dopo avrebbe vinto uno storico scudetto: 4-0 con due gol di Jair che fece letteralmente ammattire il malcapitato Lorenzini, suo avversario diretto. Finte, dribbling, scatti repentini, fantasia, ma anche sagacia tattica per gli schemi di Helenio Herrera: Jair era l’uomo giusto al posto giusto! Attaccante rapidissimo, dotato di un dribbling micidiale che gli consentiva di saltare qualsiasi difensore anche partendo da fermo, il carioca trovò nei millimetrici lanci di Suarez la miccia giusta per esplodere nelle sue inarrestabili fughe lungo la fascia destra. E da lì partivano precisi traversoni su cui si avventavano a turno Mazzola o l’avanzato Facchetti.

Tanti preziosi assist ma anche un buon bottino di reti per Jair, che in particolare passò alla storia del club il 27 maggio 1965. L’Inter, campione in carica, affrontava la sua seconda finale di Coppa dei Campioni consecutiva. Si giocava a Milano contro il Benfica, la squadra di Eusebio e Torres. Era una serata da tregenda, con una pioggia incessante che aveva reso il campo impraticabile. Gara equilibratissima: solo il colpo di un fuoriclasse o la papera di un difensore potevano risolvere la contesa. Al 42° del primo tempo la svolta: Jair riceveva palla sulla fascia destra, entrava con impeto in area e sferrava un tiro subdolo che passò sotto le gambe del colpevole portiere portoghese Costa Pereira. L’incontro si concluse così, col punteggio di 1-0 per lo squadrone di Milano. Per l’Inter era la seconda Coppa dei Campioni consecutiva, per Jair un biglietto per l’Olimpo dei campioni!


La militanza italiana del brasiliano fu sempre proficua e copiosa di belle soddisfazioni, compresa la parentesi alla Roma nella stagione 1967-68. Ma è chiaro che Jair resterà per sempre un’icona dell’Inter, il club più amato. Solo nella stagione 1970-71 ebbe qualche problema: durante le prime partite, infatti, la freccia nerazzurra si ritrovò fra le riserve. La discutibile scelta era curiosamente griffata da un altro Herrera, Heriberto, che sedeva sulla panchina dei milanesi. Non durò: dopo solo cinque giornate, culminate con una sonora sconfitta nel derby col Milan (0-3), Heriberto fu esonerato e rimpiazzato da Invernizzi. Col nuovo allenatore, Jair riprese il posto fra i titolari e fu fra gli artefici di un altro scudetto (il quarto personale) alla fine di quell’anno: un titolo in rimonta e proprio ai danni dei cugini milanisti. Le fughe di Jair sulla fascia destra incantarono l’Italia e l’Europa intera, mentre l’unico neo della sua strepitosa carriera è senza dubbio la mancata consacrazione in nazionale. Con la Seleçao, infatti, collezionò una sola presenza, pur facendo parte del Brasile campione del mondo nel 1962 in Cile. Era l’epoca del leggendario Garrincha, la più grande ala destra di tutti i tempi: Jair fu inevitabilmente schiacciato da questo mito, che per sua sfortuna furoreggiava negli stessi anni e soprattutto nella stessa zona di competenza…

 

Lucio Iaccarino