Ci siamo fatti raccontare in esclusiva da Engin Firat, esperto allenatore giramondo, come si vive e come funziona il calcio in Iran

Engin Firat (immagine dal web)

Engin Firat (immagine dal web)

E’ vero che il calcio è un comune denominatore di tutti i popoli e di  tutti i Paesi. E’ vero, non è un luogo comune, che il pallone rotola per le strade di Londra come per quelle polverose di Kabul; che le dittature possono fermare la stampa, la libertà di parola e di espressione, ma non potranno mai riuscire a evitare che quattro ragazzini con le maglie di giocatori occidentali mezze strappate o di pessima fattura si trovino sotto casa, anche tra le macerie, per prendere a calci una palla e sognare un mondo diverso. Migliore.

Anche in Iran si gioca a pallone.

Noi di “Stromberg non è un comodino” abbiamo contattato Engin Firat, allenatore di nazionalità turco-tedesca, che ha girato molti campionati lavorando in Turchia, in Germania, in Corea del Sud e, appunto, in Iran.

Abbiamo parlato con lui del calcio in quel Paese per noi così lontano e, nonostante le notizie su Ahmadinejad, così poco conosciuto.

 Come è arrivato ad allenare in Iran?
“Sono arrivato la prima volta nel 2006, dopo la Coppa del Mondo che si è disputata in Germania. Ho osservato la Nazionale iraniana durante la competizione e sono rimasto colpito dai talenti e dal potenziale dei suoi giocatori. E, subito dopo il Mondiale, ho ricevuto un’offerta da Teheran. Quando si dice il destino”.

Com’è la situazione del calcio in Iran?
“C’è un grande potenziale di giocatori ricchi di talento. Molti giocatori iraniani hanno giocato nella Bundesliga tedesca, come Ali Daei, Vahid Hashemian e Ali Karimi che hanno militato nel Bayern Monaco. Allo stesso tempo, però, ci sono problemi. Il principale è la cattiva organizzazione che rende difficile realizzare un lavoro davvero professionale. Un altro punto critico sono i cattivi insegnamenti nelle scuole giovanili: molti talenti non sono in grado di esprimere a pieno il loro potenziale perché non hanno ricevuto una formazione di alto livello, tatticamente e tecnicamente.
Ma per me è un momento grandioso, perché amo il calcio iraniano: gli stadi sono pieni e ci sono molti buoni giocatori con i quali lavorare”.


Ci può parlare del massimo campionato di calcio iraniano?
“Per la prossima stagione ci saranno solo 16 squadre (invece delle precedenti 18) nella Premier League, perché la Federazione, in vista del Mondiale 2014 in Brasile vuole dare alla Nazionale più tempo per prepararsi alla competizione. Negli ultimi anni il campionato è dominato dalle squadre più ricche come Seapahan, Perspolis ed Esteghlal” ”.

Ci sono calciatori stranieri?
“Certamente: vige la regola asiatica per gli stranieri dei 3+1. Quasi sempre si gioca con tre stranieri, la maggior parte dal Brasile o dall’Africa”.

Chi sono i giocatori di spicco del campionato?
“La maggior parte delle stelle iraniane gioca in campionati molto ricchi economicamente come quello del Qatar o di Dubai. Ma c’è ancora qualche calciatore famoso come Javad Nekounam, che ha giocato molti anni nella Liga con l’Osasuna, o come Ali Karimi nella Premier League.

Quali sono le prospettive per il movimento calcistico iraniano?
“Ci sono molti piani di sviluppo per il calcio in Iran. E vedo che molte cose stanno andando per il meglio. Ma il progresso del movimento è ancora troppo lento, specialmente per quanto riguarda l’organizzazione e le strutture. Credo che il calcio iraniano debba essere il motore del calcio asiatico, visto il potenziale dei suoi giocatori!”

Un’ultima domanda: quali sono i rapporti tra il calcio e il regime islamico di Ahmadinedjad?
“In Iran tutti sono tifosi di calcio, davvero tutti. Ma in tutti questi anni non è mai successo che un politico interferisse col mio lavoro”.

Emanuele Giulianelli