Pochi gol, tanti errori e il declino: dalla serie A ai Dilettanti in un batter di ciglia! L’ex jugoslavo si è ritrovato solo e abbandonato, complice anche un infortunio!

Cvetkovic

Cvetkovic(foto calciobidoni.it)

Nessuno vuole avere la presunzione di paragonare la storia dell’umanità con quella, molto più frivola e modesta, del calcio. Ci può essere solo un accostamento visto che parliamo di un gioco, che in quanto tale si presta anche a svariate sfaccettature. Ad esempio Napoleone Bonaparte si può quasi considerare uno sportivo: la leggendaria e manzoniana citazione “dall’altare alla polvere…” è la sintesi perfetta di moltissimi atleti che, nel corso della loro carriera, hanno visto le stelle del successo per poi toccare il fondo.

L’ex attaccante Cvetkovic era un calciatore modesto ma, con le dovute proporzioni, è un piccolo Napoleone. Per uno straniero arrivare a giocare in serie A, soprattutto alla fine degli anni ottanta, era un traguardo prestigioso e remunerativo. Sprofondare in serie D, e in pochissimo tempo, equivale ad un’umiliazione pubblica: a quel punto l’amarezza di un esilio e la nostalgia dei tempi andati diventano le uniche malinconiche compagne di viaggio…

Borislav Cvetkovic nacque a Karlovac, nell’ex Jugoslavia, il 30 settembre del 1962. Riuscì a debuttare non ancora maggiorenne nella massima serie del suo paese, e per giunta in un club di buon livello come la Dinamo di Zagabria. Il giovane Borislav svariava su tutto il fronte d’attacco; il suo ruolo preferito era quello dell’ala, e forse rendeva ancora meglio come seconda punta. In ogni caso, Cvetkovic era veloce e sfruttava la sua rapidità per seminare scompiglio nelle difese avversarie: il suo unico grande difetto era quello di non avere una gran confidenza col gol, visto che spesso vanificava facili occasioni perdendosi sul più bello.

Militò per due anni nella Stella Rossa di Belgrado, certamente uno scalino in più per affermarsi raggiungere una visibilità internazionale. Dopo due trionfi nel campionato jugoslavo e le prime apparizioni in nazionale, arrivò la chiamata dall’Italia: l’Ascoli del presidente Costantino Rozzi piombò su di lui per puntellare il reparto offensivo e confermarsi saldamente nel nostro massimo campionato.

Nelle Marche rimase per tre stagioni, le prime due in serie A e l’ultima in serie B: Borislav non solo confermò la sua scarsa attitudine al gol, ma smarrì anche lo smalto come uomo assist o perno per i compagni di reparto. Il suo rendimento fu costantemente mediocre, e neanche i cambi di moduli e di allenatore (tre vecchie volpi come Castagner, Bersellini e Sonetti) riuscirono a svegliarlo dal torpore negativo. Debuttò ufficialmente con l’Ascoli il 9 ottobre 1988 (sconfitta 1-3 con l’Inter); per brindare e festeggiare i primi gol i tifosi bianconeri dovettero aspettare il 12° turno, quando Cvetkovic firmò una doppietta al Verona (3-0). Alla fine dell’anno l’Ascoli si salvò, ma non certo per merito suo: appena 6 gol e una montagna di errori. Unica piccola soddisfazione, la rete al San Paolo di Napoli al cospetto del grande Diego Armando Maradona.


La stagione successiva, il 1989-90, Cvetkovic (qualcuno notò una somiglianza postuma con Beppe Signori, forse per la zazzera bionda?) migliorò il suo score di appena un gol, ma fu l’Ascoli a crollare vertiginosamente: 21 punti, ultimo posto e serie B! Il purgatorio cadetto durò appena un anno, ma Cvetkovic riuscì a rimanere anonimo nonostante le gioie della promozione: ancora 7 reti, ma con l’alibi di un infortunio molto grave. Il suo tempo ad Ascoli stava per tramontare anche (o soprattutto?) per questo trauma fisico, e forse Borislav meritava maggior rispetto e considerazione. La società gli consigliò di cercarsi un’altra sistemazione: persino i suoi compagni nel triennio ascolano, fra i quali ricordiamo Giordano, Lorieri, Colantuono e Dell’Oglio, si prodigarono per aiutarlo ma inutilmente. L’unica possibilità rimasta fu sconvolgente…

Dopo un anno di completa inattività, trascorso a ritrovare la forma fisica e nella speranza di una telefonata che non arrivò mai, Cvetkovic si trasferì a Macerata, che tutto sommato era a pochi chilometri da Ascoli. Il punto è che la squadra del posto, la Maceratese appunto, giocava nel campionato Dilettanti. Fu una scelta certamente sofferta, una sorta di esilio forzato piuttosto mortificante: in fondo Borislav, pur non essendo un campione, non avrebbe mai immaginato un tale declassamento. Forse aveva pensato che a 30 anni non era ancora da buttare: poteva ricominciare da zero e scalare di nuovo la piramide calcistica.

Sfortunatamente il suo piano fallì, visto che l’anno dopo era ancora in serie D con la maglia della Casertana, dove perlomeno riuscì a visitare più volte la storica Reggia. Per gli amanti delle statistiche, inoltre, in nessuna di queste ultime due esperienze riuscì a raggiungere la doppia cifra alla voce “gol segnati”. E per un centravanti avere le polveri bagnate non è certo un buon biglietto da visita, anche perché gli acciacchi fisici peggiorarono ulteriormente la sua autostima. Pochi mesi dopo decise di dire basta, con una brevissima comparsata con lo sconosciuto club Borac Cacak: e da allora si è timidamente messo da parte, svezzando qualche ragazzino nelle scuole calcio e rimuginando sulle sue debolezze e i suoi errori…

Lucio Iaccarino