Il tedesco in patria era un bomber navigato. Col Bologna perse tutto, sia il fiuto in zona gol che la serie A. Dopo tanti errori fu un sollievo tornare in Germania.

Waas

Herbert Waas(foto ebay.it)

Il grave errore dei dirigenti del Bologna al crepuscolo degli anni ottanta fu quello di fidarsi troppo degli almanacchi. O, meglio ancora, quello di consultarli superficialmente; infatti i numeri e le cifre vanno sempre interpretati e decifrati in tutte le sfaccettature. Solo così la verità viene davvero a galla, e l’esempio del centravanti tedesco Waas è fra i più illuminanti degli ultimi decenni. Leggendo le cronache si scopriva che il suddetto bomber era sovente andato in doppia cifra alla voce gol, aveva vinto una Coppa Uefa col Bayer Leverkusen ed era persino un elemento della nazionale teutonica.

Queste notizie erano tutte vere, nessuno può affermare il contrario; ma andando a fondo qualche dubbio poteva e doveva venire… E difatti nel biennio precedente al suo arrivo in Emilia i gol erano sensibilmente diminuiti, anche per una serie di fastidiosi infortuni; aveva altresì vinto la Coppa Uefa 1988 ma non era stato certamente fondamentale (nella finale di ritorno con l’Espanol era partito in panchina); con la Germania non arrivò mai a una dozzina di presenze ed era la terza-quarta scelta, al punto da non essere nella lista dei 22 convocati per la Coppa del Mondo 1990.

Herbert Waas era nato a Passau, nell’ex Germania Ovest, nel settembre del 1963 ed era balzato agli onori delle cronache sportive per la sua florida militanza col Leverkusen. Un centravanti completo (almeno così giuravano i giornalisti tedeschi) e abile sia nel gioco aereo che nello stretto; arrivò al Bologna dell’ambizioso allenatore Gigi Maifredi nella stagione 1989-90 ma senza svolgere la preparazione estiva coi compagni. Per i più maliziosi fu proprio questo il suo primo alibi: Waas arrivò in una squadra già rodata e senza conoscere il difficile calcio italiano, così l’inserimento fu problematico.


Il bomber firmò soltanto 4 gol, ma in pochi notarono il suo mediocre apporto: la squadra, infatti, giocò un calcio eccezionale, classificandosi all’ottavo posto in campionato (34 punti) e garantendosi la partecipazione alla Coppa Uefa dell’anno dopo. Nonostante Waas, quindi, il Bologna si guadagnò il marchio di “squadra rivelazione” grazie a grossi campioni come Antonio Cabrini, Bruno Giordano e Massimo Bonini assemblati alla perfezione a solidi mestieranti come il portiere Cusin, i difensori Luppi e De Marchi e il centrocampista Marronaro. La stagione successiva il mister Gigi Maifredi provò il grande salto alla Juventus (un flop anche per lui), mentre il rinvigorito e ottimista Bologna ripartiva da Scoglio e da un organico che si conosceva a memoria. Waas era rimasto, convinto di poter finalmente dimostrare la sua abilità sottoporta…

Quella del 1990-91 fu per il Bologna una stagione da cardiopatici, condita da sogni e rimpianti per concludersi con la depressione più cupa. In Coppa Uefa i felsinei fecero letteralmente sognare i propri tifosi, arrivando fino ai quarti di finale. Herbert Waas, purtroppo, era sempre lo stesso: tanta mobilità ma polveri bagnate. Nei sedicesimi di finale (il Bologna aveva già eliminato lo Zaglebie Lubin) si fece espellere come un pollo nella trasferta ad Edimburgo (Heart of Midlothian-Bologna 3-1) ma per sua fortuna i compagni ribaltarono il risultato con un secco 3-0 al ritorno in Emilia. Arrivò anche per il tedesco, però, una piccola-grande soddisfazione: agli ottavi il Bologna perse nuovamente la gara d’andata, stavolta per merito dell’Admira Wacker che a Vienna si impose per 3-0. I rossoblu furono capaci di una nuova e ancor più difficoltosa rimonta: proprio Waas segnò il primo gol dopo sei minuti, poi Cabrini e Negro confezionarono il 3-0. Supplementari e rigori: 6-5 e Bologna clamorosamente ai quarti! Una grande impresa, che non si ridimensionò neanche con il ko firmato dai forti portoghesi dello Sporting Lisbona(1-1 e 0-2).

L’avventura europea era stata quindi positiva, ma il campionato fu un’autentica disfatta: difficilissimo trovare una spiegazione logica, il calcio non smette davvero mai di stupire. Il Bologna, nonostante l’avvicendamento in panchina fra Scoglio e Radice, finì impietosamente ultimo con appena 18 punti in 34 partite. Waas continuò a sguazzare nell’insufficienza e stavolta finì nel banco degli imputati con accuse precise e schiaccianti: il dato curioso fu che risultò il calciatore maggiormente impiegato con 32 gettoni. Ma a condannarlo senza appello furono i due miseri gol realizzati, davvero pochi: il primo il 17 marzo 1991 a Torino contro la Juventus dell’ex Maifredi (finì 1-1), il secondo nell’inutile vittoria in trasferta del 21 aprile a Lecce (1-3).


Il progetto serie B, che per una piazza esigente come Bologna era davvero un evento nefasto, non coinvolse minimamente Waas che fu gentilmente invitato a cercarsi un’altra squadra. E lui accolse l’invito con una scrollata di spalle, quasi sollevato e timidamente felice: il calcio italiano davvero non era nelle sue corde. Tornò in patria dove comunque ad aspettarlo c’era una sorta di prepensionamento; per lui anche un’esperienza in Svizzera con lo Zurigo. A Bologna, intanto, il nome di Waas era già stato inserito nel Libro Nero degli stranieri da dimenticare…

 

Lucio Iaccarino