Il centravanti doveva essere il Nuovo Fenomeno: la Roma sborsò per lui 30 miliardi per poi relegarlo in panchina! Zeman e Capello disperati per i suoi errori sottoporta!

FabioJunior

Fabio Junior(foto calciobidoni.it)

Per un calciatore straniero scoprire le ragioni del fallimento in Italia non è certamente l’argomento preferito, meglio lasciare l’arduo compito a giornalisti e addetti ai lavori. Anche perché, nonostante le apparenze, non è neanche facile riuscirci. Nel caso del brasiliano Fabio Junior, ad esempio, sarebbe fin troppo comodo dire semplicemente che era un brocco patentato. Qualcuno avrebbe dovuto spiegargli che nella vita bisogna sapersi accontentare, essere umili e lavorare.

Il suo limite, oltre ai piedi tutt’altro che eccelsi (questo è assodato…), fu quello presentarsi ai tifosi italiani con un sorriso da spaccone e sentenziare: “Sono forte come Ronaldo!” Già, proprio il Fenomeno che, nel pieno della sua fulgida carriera, stava incantando l’Inter di Massimo Moratti. Oltre che tecnica, quindi, la questione era anche di testa: se Fabio Junior non avesse esagerato, forse ora parleremmo di un ragazzo che, con sacrifici e abnegazione, era riuscito a ritagliarsi uno spazio significativo nel nostro calcio. L’unica somiglianza con Ronaldo era fisica, ossia il taglio di capelli… Fenomenali, invece, furono solo i suoi errori sottoporta!

Fabio Junior Pereira nacque il 20 novembre del 1977 a San Pedro de Avaì, nel sud del Brasile. Giovanissimo bomber, si mise in mostra nel Cruzeiro; guarda caso la stessa squadra di Ronaldo. Fu questa un’altra coincidenza che spiazzò gli estimatori europei, che alle soglie del 2000 andarono a bussare con impeto alla dirigenza del club brasiliano. Fu il presidente della Roma Sensi ad accaparrarsi il promettente ragazzo che, dotato di una velocità d’esecuzione fuori del comune, aveva i cromosomi del centravanti moderno.

Il numero uno giallorosso sborsò ben 30 miliardi di lire, mentre anche il contratto era principesco: 2 miliardi netti a stagione per quasi sei anni! Fabio Junior arrivò al giro di boa del campionato 1998-99, ed effettivamente giocò solo il girone di ritorno. Quella Roma era allenata dal più offensivo degli allenatori, il grande Znedek Zeman, e vantava uomini di indubbia qualità come i difensori Cafu e Aldair, i centrocampisti Tommasi e Di Biagio mentre in avanti sua maestà Totti già dettava legge con colpi e guizzi da funambolo. Insomma, un collettivo da quinto-sesto posto che, inoltre, aveva l’attacco più prolifico di tutta la serie A. Una manna per qualsiasi centravanti, non per Fabio Junior

Il debutto ufficiale si materializzò il 7 febbraio 1999, Venezia-Roma 3-1. Una settimana dopo, il 14 febbraio, arrivò il primo gol di Fabio Junior con la Roma, nel 3-1 casalingo con la Sampdoria. Ambientarsi non fu difficilissimo, piuttosto il “Nuovo Fenomeno” sembrava prendere tutto troppo alla leggera, con troppa superficialità. Lo stesso Zeman non era contento del suo impegno negli allenamenti, laddove il sudore e l’applicazione sono fondamentali. Cominciò a sedersi in panchina, talvolta addirittura in tribuna, anche perché i compagni di reparto erano tutti tremendamente in forma. Quando entrava in campo, poi, prese a sbagliare gol facili facili e in molti cominciarono a dubitare su un investimento così oneroso. Andò in gol in altre due occasioni; il 7 marzo nella sconfitta di Udine (2-1) e proprio all’ultima giornata, nella rotonda vittoria 1-4 di Venezia. Non proprio convinti, i dirigenti della Roma decisero di confermarlo per l’anno successivo…


Inghiottito in un tunnel senza intravedere vie d’uscita; fu questo, in sintesi, il sunto del secondo anno in giallorosso di Fabio Junior. La lucidità in zona gol era addirittura diminuita, e i più attenti notarono un graduale aumento della pancia; un segnale inquietante, soprattutto per chi doveva avere nella velocità l’asso nella manica. Fabio Junior era sempre più triste e solo, e per giunta non digerì affatto l’avvicendamento in panchina. La Roma era passata, infatti, da Zeman a Capello; per il povero carioca fu come passare dalla padella alla brace. Il tecnico friulano era un perfezionista nato, ci mise pochissimo per accantonare definitivamente il bomber dalle polveri bagnate; Fabio Junior giocò appena nove partite, quasi tutte spezzoni.

Segnò soltanto una rete, peraltro inutile perché ormai la vittoria era in cassaforte: il quarto gol in Reggina-Roma 0-4 del 7 novembre 1999. Il suo addio si concretizzò velocemente, erano tutti d’accordo… Del resto era ancora molto giovane, poteva e voleva rifarsi una carriera dignitosa. Rientrò in Brasile, prima nel Cruzeiro poi nel Palmeiras di San Paolo. A quel punto, forse, si rese conto che gli italiani non avevano avuto tutti i torti a ripudiarlo così in fretta. Fabio Junior non trovò mai più pace, cambiando un mucchio di squadre ma deludendo ovunque. Provò persino il Giappone, la serie B tedesca, il Portogallo e persino il campionato israeliano. L’imitazione del Fenomeno Ronaldo non gli riuscì mai, e non poteva essere altrimenti. Il dato curioso è che nel curriculum di Fabio Junior emergono addirittura tre presenze nella Seleçao, la leggendaria nazionale brasiliana. Tutti a porsi la stessa domanda: com’è possibile convocare uno come lui?

Lucio Iaccarino