Sdentato e infelice, l’attaccante scozzese non si ambientò mai in Italia. In Inghilterra era una star, ma col Milan finì in serie B e col Verona fu quasi un fantasma…

Jordan

Joe Jordan(foto magliarossonera.it)

Il suo rituale prima dell’ingresso in campo era qualcosa di assolutamente unico. Non era il segno della croce, un dolce pensiero alla fidanzata, indossare scarpe speciali, battersi il petto o baciare un talismano. Nulla di tutto questo… Il calciatore scozzese in questione aveva un’altra abitudine, quella di togliersi una particolare dentiera! Da ragazzo aveva perso, in un durissimo contrasto aereo, gli incisivi superiori e aveva ben pensato di ovviare al problema con una protesi. Il suo nome era Joe Jordan e, quando  giocava, metteva da parte quei denti finti.

A quel punto aveva un aspetto talmente grottesco e sinistro da meritarsi il soprannome “lo Squalo”. Oltretutto, era il classico centravanti britannico e quella sua trasfigurazione poteva addirittura impressionare e mettere soggezione ai difensori avversari. Affrontava tutti a muso duro e non aveva paura di nessuno, in Inghilterra era un idolo e aveva segnato un discreto bottino di gol in club di primissima fascia.

Il guaio fu la tempistica e un pizzico di superficialità nel suo approdo in serie A; aveva già 30 anni e non era affatto conscio delle diversità fra il gioco all’inglese e quello di casa nostra. Lo Squalo fece quasi la fine di un tonno, intrappolato dalle reti della tattica e dalla malizia dei difensori italiani…

Joe Joseph Jordan era nato nel dicembre del 1951 in Scozia ed era diventato celebre in Inghilterra grazie ad una lunga e proficua militanza nel Leeds e nel Manchester United. Era un attaccante non particolarmente letale sottoporta (difatti non sempre arrivava in doppia cifra alla voce gol) ma si rivelava un elemento essenziale per gli schemi offensivi. Prendeva e dava calci, lottava con coraggio su tutti i palloni e sui colpi di testa era capace di anticipare avversari molto più prestanti di lui. Jordan lo Squalo era una star per i tifosi ed era benvoluto dai compagni; col Leeds vinse un campionato, una Coppa d’Inghilterra e la Coppa delle Fiere del 1971 (per la cronaca era l’ultima edizione di questo trofeo, che l’anno dopo si trasformò in Coppa Uefa).

Arrivò anche in finale di Coppa delle Coppe nel 1973, ma fu sconfitto in finale a Salonicco dal Milan di Rivera e Chiarugi. Proprio i rossoneri, otto anni dopo, decisero di ingaggiare Jordan e di affidargli le chiavi dell’attacco. Lo scozzese, attirato dai soldi e dalla nuova affascinante avventura, accettò con entusiasmo ma percepì quasi subito che le difficoltà non sarebbero state poche.


Debuttò col Milan nel 1981; i rossoneri avevano appena vinto il campionato di serie B (dopo la retrocessione e il caos del calcio-scommesse) e puntavano ad un campionato tranquillo. Le frontiere erano appena state riaperte e su Jordan, quindi, le aspettative erano alte: lo straniero doveva necessariamente essere decisivo, altrimenti erano guai…Il Milan, in quella stagione, era allenato dall’esperto Gigi Radice e puntava a fare bene con Franco Baresi, Collovati, Walter Novellino, Maldera, Buriani e il portiere Ottorino Piotti. Jordan ebbe subito problemi col nostro calcio: lento nel concludere in porta, spesso anticipato e sopraffatto dai difensori, si lamentava dei pochi palloni giocabili.

In un derby di Coppa Italia, però, trovò con grinta il gol del 2-1 contro gli odiati interisti (la partita finì 2-2) e la sua esultanza rabbiosa, con tanto di ghigno “sdentato”, divenne un cult per i tifosi rossoneri. Lo Squalo aveva finalmente colpito e prometteva una rinascita… Purtroppo fu un’effimera illusione, con Jordan e il Milan che ripiombarono in una crisi di gioco e di risultati. Lo scozzese segnò appena due gol, contro Como e Cesena, e il Milan retrocesse, stavolta sul campo, in serie B. Con 24 punti in 30 partite, il club del presidente Farina chiuse la stagione travolto da fischi e ingiurie.

Nonostante il purgatorio della B, Jordan rimase in rossonero e contribuì alla vittoria del campionato cadetto 1982-83. Ovviamente il livello delle squadre avversarie era inferiore ed ebbe vita facile, andando in gol dieci volte in trenta presenze. Ormai lo scetticismo aleggiava perennemente sulla sua figura, però cercò di non fasciarsi mai troppo la testa chiudendo con dignità la sua parentesi italiana. Il Milan, con cui aveva vinto anche la modesta Mitropa Cup, non lo confermò per il successivo anno in A e Jordan sognava di ritornare in Gran Bretagna. Fu quasi costretto ad accettare il trasferimento al Verona, dove insieme ai soliti limiti tecnico-tattici si aggiunsero diversi piccoli infortuni muscolari che lo relegarono spesso ai margini della squadra.

Giocò appena una dozzina di gare marcando un solo gol; e pensare che quel Verona era una matricola terribile, il mister Bagnoli stava costruendo un giocattolo perfetto. L’anno dopo, il 1985, i veneti avrebbero vinto uno scudetto tanto storico quanto meritato. Lo Squalo, però, già era rientrato da un pezzo in Inghilterra intenzionato a spendere le ultime cartucce con Southampton e Bristol. Adesso Joe Jordan, che con la maglia della nazionale scozzese ha segnato 11 gol in 52 presenze, è un allenatore e un dirigente apprezzato nel Regno Unito. In Italia ha ancora molti amici; continua ad avere molti interessi fra cui la caccia e il cinema. Il Film preferito? Probabilmente lo Squalo del grande Steven Spielberg…

 

Lucio Iaccarino