Attaccante talentuoso e versatile, esplose col Saint-Etienne e fu uno dei compagni più apprezzati da Platini in nazionale. Con la Francia vinse un Europeo e giocò tre Mondiali.

Rocheteau

Dominique Rocheteau (foto skeudsleblog)

Nei campionati mondiali del 2014 in Brasile le prestazioni del belga Fellaini sono indiscutibilmente balzate agli occhi; trattasi di un centrocampista solido, versatile e pericoloso nelle incursioni offensive. Il suo segno distintivo, al di fuori dell’aspetto tecnico, era la sua straordinaria capigliatura leonina; sembrava un folto cespuglio in un prato all’inglese. Negli anni settanta e ottanta una chioma simile era il marchio del francese Rocheteau, un talento autentico che in Italia è poco conosciuto ma che ha saputo esprimere come pochi l’arte del dribbling. C’è però un pizzico di amarezza e rimpianto nel ripercorrere le sue gesta, visto che purtroppo la sfortuna ha troppo spesso interrotto la sua carriera agonistica. Come un esplosione a metà, il transalpino non raccolse quello che meritava: nel calcio non fu la prima volta e non sarà l’ultima. Ma chi l’ha visto all’opera giura di aver conosciuto un genio, “maitre” come direbbero i suoi connazionali…

Dominique Rocheteau nacque nel gennaio del 1955 ad Etaules e tirò i primi calci nel settore giovanile del Saint-Etienne, dove debuttò in prima squadra non ancora maggiorenne nel 1972 per poi esplodere letteralmente nel 1975. Oggi verrebbe definito un esterno d’attacco, all’epoca il suo avvento fu come una folgorazione per critica e tifosi: Rocheteau era un attaccante polivalente e soprattutto geniale, capace di andare in gol, sfornare assist e di inventare colpi dal nulla, sorretto da un poderoso controllo di palla. Giocava spesso provocando (ma senza mai irridere, sia ben inteso) l’avversario per poi superarlo con efficacissimi dribbling e spettacolari accelerazioni, seminando immancabilmente il panico nelle difese.


Nel 1976 era già l’idolo indiscusso del Saint-Etienne; vinse il campionato francese a suon di prodezze e si meritò l’appellativo di Angelo Verde. Addirittura la squadra arrivò a giocarsi la finale di Coppa dei Campioni contro il favoritissimo Bayern Monaco a Glasgow, il 12 maggio. Pochi giorni prima dell’atto conclusivo, però, il primo colpo di sfortuna: Dominique Rocheteau si infortunò e l’allenatore Robert Hervin fu costretto a relegarlo, in condizioni tutt’altro che ottimali, in panchina. L’Angelo Verde entrò in campo solo all’81°, coi tedeschi avanti per 1-0 (rete di Roth) e ormai con la Coppa in tasca. Rocheteau giocò quei pochi minuti con impeto e furore, rendendosi addirittura pericoloso e provando a raddrizzare la gara con un guizzo dei suoi. Purtroppo fu tutto inutile, la sconfitta e il rammarico per l’occasione persa giunsero all’unisono.

La gioia e l’allegria che esprimeva giocando semplicemente a calcio era la sua forza, e la passione non venne mai intaccata dalla malasorte, che spesso bussava alla sua porta. Umile e sospinto dalla voglia di emergere, Rocheteau era in grado di rialzarsi per continuare a stupire. Lasciò il Saint-Etienne nel 1980 senza rimpianti, svestendo quindi i panni dell’Angelo Verde del club tanto amato, per accasarsi col Paris Saint Germain: coi parigini ritrovò presto forma e continuità di rendimento, vincendo un campionato nel 1986 e due Coppe di Francia, nel 1982 e nel 1983 (un’altra era già in bacheca ai tempi del Saint-Etienne). Forse erano gli anni giusti per svoltare, dare un’inversione di rotta alla sua carriera; molti addetti ai lavori gli consigliarono di cambiare aria, provare un’avventura in campionati meglio quotati di quello transalpino. Del resto, in Italia si erano appena riaperte le frontiere per gli stranieri, e poi c’era l’opzione tedesca o inglese. Niente da fare, Rocheteau non accettò mai alcun trasferimento all’estero e per avere visibilità internazionale si dedicò anima e cuore alla sua nazionale.

Con la Francia le cose andarono per il verso giusto, ma non completamente…  Rocheteau vinse il titolo europeo del 1984, quello giocato in casa e che consacrò il genio assoluto di Platini. Ma fu un trionfo agrodolce, con Dominique in campo solo per alcuni spezzoni di gara e sempre per una non perfetta condizione fisica nei giorni della manifestazione. Nella storia del calcio transalpino, inoltre, Rocheteau è fra i pochissimi a vantare la partecipazione a tre fasi finali dei campionati del mondo, andando inoltre sempre a segno. Nel 1978, in Argentina, la Francia uscì nel girone ma Dominique realizzò uno dei gol dell’unica vittoria (3-1 con l’Ungheria); nel 1982, in Spagna, fu sconfitto in semifinale dalla Germania Ovest ai rigori (segnò una doppietta contro l’Irlanda del Nord).


Nel 1986, infine, la grande occasione: la Francia era imbottita di talenti del calibro di Stopyra, Tigana, Giresse, Fernandez, Papin oltre ovviamente a Platini. Nel girone  Rocheteau segnò contro l’Ungheria (3-0) e i galletti si qualificarono con l’Urss. Negli ottavi la Francia eliminò (2-0) i campioni in carica dell’Italia mentre nei quarti il favoritissimo Brasile fu sconfitto ai calci di rigore. Rocheteau era un punto fermo dell’attacco ma proprio nei tempi supplementari con i carioca patì l’ennesimo infortunio che lo costrinse a dichiarare forfait per la semifinale (di nuovo persa) con la Germania e per la finalina con il Belgio. Si chiudeva così, dopo 49 presenze e 15 gol, la sua avventura con la Francia mentre la sua terza e ultima squadra di club fu il Toulouse, con cui chiuse il sipario nel 1989.

 

Lucio Iaccarino