Ora un tecnico vincente e affermato, qualche anno fa un centrocampista elegante e geniale. Pep era la mente di Cruijff nel Barcellona anni ’90: uno squadrone imbattibile!

Guardiola

Josep Guardiola(foto zonalmarking.net)

Spesso nel calcio si sente la frase: “In fondo è sempre stato allenatore, anche quando giocava…”, un complimento verace e sincero per tutti quelli che in campo e in panchina hanno saputo esprimere intelligenza, visione di gioco, carisma e voglia di vincere. Lo spagnolo Guardiola potrebbe essere l’emblema di questo concetto, avendo interpretato le due situazioni e ottenendo lo stesso risultato finale: vincere! L’iberico, a differenza del suo acerrimo rivale Mourinho (praticamente nullo come calciatore), ha segnato un’epoca anche quando calcava il rettangolo da gioco. A centrocampo comandava con stile, eleganza e una padronanza del pallone che molti gli invidiavano; un regista col cervello sempre in azione e capace di elaborare trame di gioco sempre lineari. Ha avuto, e questa sì che è una fortuna, un maestro eccezionale; un profeta proveniente dall’Olanda che proprio in Spagna aveva messo radici…

Josep Guardiola, noto anche come Pep, nacque nel 1971 a Santpedor, un paesino di appena 7000 anime. Allattato calcisticamente dal Barcellona (già a 13 anni era nelle giovanili), si ritrovò dopo qualche tempo in prima squadra e l’allenatore Johan Cruijff individuò subito le sue potenzialità. Anzi, l’ex Pallone d’oro era talmente entusiasta del giovane Pep da farlo diventare un perno del suo stellare Barcellona. Nonostante la concorrenza spietata di tutti i campioni che si esibivano al Nou Camp, Guardiola mostrò subito di essere uno dei migliori centrocampisti in circolazione in Europa.

La stessa stampa iberica, spesso critica e rigorosa nei propri giudizi, di fronte a Guardiola gridò quasi al miracolo: tutti erano entusiasti della sua intelligenza, della sua innata visione di gioco e di quel suo straordinario fiuto che gli consentiva di eccellere sia nei passaggi lunghi che negli scambi corti. Nei primi anni novanta il Barcellona di Guardiola dominava grazie ad un gioco spumeggiante e divertente, grazie ad altri illustri interpreti del calibro di Koeman, Stoichkov, Zubizarreta, Bakero, Romario e Laudrup!

In totale Pep si aggiudicò coi catalani sei campionati nazionali, due Coppe del Re, quattro Supercoppe nazionali, una Coppa delle Coppe (nel 1997, insieme a Luis Figo e Ronaldo), due Supercoppe Europee e soprattutto la storica Coppa dei Campioni del 1991-1992. Storica perché si trattò del primo titolo continentale per il Barcellona. Nella finalissima del 20 maggio Guardiola e company si ritrovarono di fronte (Wembley, 75000 spettatori) la Sampdoria di Vialli e Mancini: partita combattuta e decisa solo ai supplementari (1-0) da una punizione di Rambo Koeman.

Agli albori del nuovo millennio, stimolato e stuzzicato da nuove avventure, Pep Guardiola decise di provare l’avventura italiana. Debuttò in serie A già trentenne e scelse, un po’ a sorpresa, una squadra provinciale come il Brescia. Restò in Lombardia per un paio di stagioni, salvo qualche mese alla Roma, e purtroppo non tutto andò per il verso giusto. A limitarlo, infatti, qualche infortunio muscolare e soprattutto una misteriosa squalifica per doping (nandrolone) che gli costò quattro mesi di squalifica. La sua classe e la sua forza non furono però mai scalfite da questi eventi; i tifosi del Brescia lo adoravano e Pep riuscì a confermarsi elemento di notevole spessore tecnico e umano. Non a caso in quel periodo diventò grande amico dell’allenatore Carletto Mazzone e del poliedrico Roberto Baggio

Chiuse la carriera in Qatar e in Messico, giocando rispettivamente due anni con l’Al-Ahly  e una stagione col semisconosciuto Dorados. Con la nazionale spagnola Guardiola debuttò a 21 anni e fino al 2001 collezionò 47 presenze con 5 reti. Non fu molto fortunato nelle varie partecipazioni alla Coppa del Mondo (nel 1994 finì ko ai quarti con l’Italia di Sacchi) e neanche nei campionati europei; ci furono anche dei problemi di natura tattica con il selezionatore Clemente. Con la Spagna, però, Pep visse un altro momento magico nel 1992, anno in cui proprio la “sua” Barcellona ospitava i Giochi Olimpici.

In quell’occasione Guardiola, regista e faro della selezione olimpica iberica, fu fra i principali artefici della vittoria finale della sua squadra. La finalissima contro la Polonia, l’8 agosto 1992 al Nou Camp, fu un’altalena di emozioni e colpi di scena: 95000 spettatori portarono in trionfo i loro beniamini dopo il 3-2 finale, con Guardiola autore di un assist superlativo ad Abelardo in occasione dell’1-1. Quella medaglia d’oro è ancora oggi uno dei ricordi più dolci nella mente di Guardiola, che ha una bacheca personale ricchissima di titoli e trofei. Senza dimenticare mai la scorpacciata di successi che sta ottenendo da quando è allenatore, prima in Spagna e ora in Germania. Ma questa è un’altra storia…

 

Lucio Iaccarino