Un clamoroso errore di Moggi nella campagna acquisti del 1998. La Juve si ritrovò un centrocampista anonimo, timido e impalpabile: conseguenze nefaste per tutti!

Blanchard

Jocelyn Blanchard(foto svenskafans.com)

Aveva i lineamenti, e persino la fisionomia, di un attore di successo. Del resto veniva dalla Francia, terra che ha sfornato campioni assoluti della cinematografia mondiale come Alain Delon, Jean Reno e Gerard Depardieu. E il parallelismo col calcio è stuzzicante, visto che parliamo di artisti: in Italia la Juventus ha avuto la fortuna e il merito di puntare spesso su autentici fuoriclasse francesi, come Platini e Zidane. Forse spinta dalla tradizione, alla fine degli anni novanta puntò fiduciosa sul semisconosciuto Blanchard.

Stavolta, però, la Vecchia Signora non fu ripagata, anzi il ragazzo fu uno dei pochissimi errori di mercato della gestione tecnica targata Luciano Moggi, all’epoca general manager della Juve. Le sue apparizioni furono davvero allucinanti, restò appena una stagione da noi per essere poi rispedito al mittente. Era e rimase un gregario a vita, come dimostra il fatto che, giocando nel periodo d’oro della Francia (che vinse la Coppa del Mondo e gli Europei), non fu mai convocato né preso in considerazione dalla sua nazionale.

Jocelyn Blanchard nacque nella primavera del 1972 a Bethune, nel nord della Francia. Esplose, anche se forse non è il verbo più esaustivo, nel Metz, club di medio livello nella massima divisione transalpina. Non era un fenomeno, ma neanche un novellino: Blanchard era un centrocampista elegante e con una discreta propensione alla corsa, capace di coprire e di aiutare i compagni ma anche di inserirsi in attacco. Quando fu acquistato, un po’ a sorpresa, dalla Juventus aveva 26 anni: l’obiettivo era quello di diventare il jolly della linea mediana bianconera, che aveva uomini del calibro di Deschamps, Tacchinardi, Antonio Conte, Davids e Di Livio.

Era ancora la Juve di Lippi, che gravitava intorno all’estro di Alessandro Del Piero e di Zinedine Zidane. Ma era anche una squadra reduce da un campionato, quello vinto nel 1997-98, a dir poco burrascoso: la Juve aveva vinto uno scudetto solo dopo un uragano di polemiche (e di aiuti arbitrali) con l’Inter di Ronaldo e Moratti, che avevano gridato vendetta per mesi e mesi. Il campionato 1998-99 dei bianconeri partì, forse anche per questi motivi, con svariati motivi di preoccupazione e con qualche incognita di troppo…


Marcello Lippi, dopo il ritiro estivo, aveva però una solida certezza: Blanchard, nonostante gli oltre 6 miliardi di lire spesi, non era da Juve! A Perugia, alla prima di campionato, restò in panchina per tutti i novanta minuti di gioco. Il suo destino si incanalò subito in questo senso, e non ci fu verso di invertirne la rotta. Il povero Jocelyn entrava solo per spicchi di partite, in media 20-30 minuti ma talvolta anche per molto meno: per esempio nel suo personale debutto in A (contro il Cagliari il 20 settembre 1998) entrò all’87° al posto di Di Livio. Per giunta, giocava poco e male: Blanchard non si adattò mai al nostro calcio, intimidito anche da centrocampisti tecnicamente più deboli di lui.

Diventò quasi un fantasma, ignorato dallo staff tecnico e persino dai compagni: la dodicesima giornata di campionato fu il picco negativo della sua avventura torinese. La Juventus ospitava la Lazio di Eriksson e fu l’unica partita che Blanchard giocò interamente, ossia tutti i novanta minuti di gioco. Non sfruttò la ghiotta occasione, la sconfitta (0-1 con gol di Salas) e i 4 in pagella che gli appiopparono tutti i maggiori quotidiani sportivi ebbero su di lui un effetto devastante. La crisi coinvolse la stessa Juventus, che chiuse il girone d’andata staccatissima dalle prime.

Dopo la ventesima giornata Lippi fu sostituito e al suo posto arrivò Carlo Ancelotti che, soprattutto nelle prime settimane di lavoro, riuscì a tamponare e migliorare una classifica deficitaria. Ma certo non poteva fare miracoli: la Juventus chiuse la stagione soltanto settima, a -16 dal Milan campione d’Italia. In ogni caso, Blanchard era letteralmente sparito: anche con Ancelotti sedeva spesso in panchina, collezionando appena 12 presenze tutto il campionato. Tornò quindi in Francia e si portò dietro solo amarezze e rimpianti; neanche il connazionale e amico Zidane, che pure aveva speso parole di elogio sul suo conto, riuscì ad evitare il divorzio.

Jocelyn Blanchard ricostruì la sua carriera in patria, giocando per quattro stagioni con il Lens, dove ritrovò un posto da titolare. Nel 2003 scelse l’Austria per l’ultima esperienza all’estero, e stavolta fu un opzione gradita a tutti. Con l’Austria Vienna, infatti, vinse un campionato e tre coppe nazionali (gli unici titoli insieme ad una Coppa di Lega francese quando era al Metz), diventando un idolo e un punto di riferimento per i cosiddetti “Die Veilchen”, i Violetti! Dopo il ritiro, quasi quarantenne, Blanchard è rimasto nel mondo del calcio sia come direttore sportivo che come opinionista.

 

Lucio Iaccarino