Intervista esclusiva all’allenatore ed ex capitano del Torino.

Antonino Asta (foto dalla rete)

Antonino Asta (foto dalla rete)

Una lunga carriera da calciatore con tante vittorie, l’esordio in Nazionale ed un amore folle per la maglia del Torino. Poi la decisione di intraprendere l’avventura da allenatore che lo ha portato fino alla sfortunata esperienza di Lecce. Questa è la storia di Antonino Asta, che dopo aver sfiorato la Serie B sulla panchina del Bassano è stato esonerato dopo sole sei giornate dalla società giallorossa. Noi lo abbiamo intervistato anche per capire qualcosa di più sulla questione…

Mister, dopo una grande carriera da calciatore è arrivato il passaggio in panchina: quando ha deciso che nel suo futuro avrebbe fatto l’allenatore?
“Diciamo che ho avuto sempre in mente di sedermi su una panchina il giorno che avrei smesso di fare il calciatore, anche se non mi aspettavo che avvenisse così presto. Potevo giocare sicuramente qualche anno in più, ma l’infortunio subito con la maglia del Palermo ha anticipato il mio addio al campo. Penso, però, che sia stato meglio così, perchè il fatto di aver iniziato prima la carriera da allenatore mi ha permesso di fare subito esperienze importanti che mi saranno molto utili in futuro”.

Qual’è l’esperienza da calciatore che porta maggiormente nel cuore? Noi una mezza idea l’abbiamo…
“Gli anni col Torino, non potrei dire altrimenti. Non dimentico l’esperienza al Napoli, dove abbiamo vinto il campionato di Serie B, e neanche quella di Palermo, ma per me il Toro è stata tutta un’altra cosa. Con quella maglia ho vissuto momenti unici, comprese le due stagioni da capitano e l’esordio in Nazionale nel 2002. Rimane anche difficile spiegare certe emozioni”.

Cosa significa indossare una maglia pesante come quella granata con una tifoseria così passionale?
“Significa sentirsi addosso tante responsabilità e per me ancor di più visto che di quella squadra ne sono diventato il capitano. Quando si parla di cuore granata può sembrare una cosa retorica e forzata, ma posso assicurare che non è così. Nonostante ci siano molti tifosi della Juventus (ma i tifosi bianconeri sono ovunque ndr), Torino resta granata, c’è tantissima gente che vive per le emozioni che trasmette il Toro in campo. Hanno una passione immensa e ti fanno sembrare il simbolo di un popolo innamorato”.

Anche da allenatore si è tolto delle soddisfazioni: a Monza avrebbe vinto il campionato senza la penalizzazione e con il Bassano la Serie B è sfumata solamente nella finale play-off. C’è rammarico per non essere rimasto in Veneto visto come sono andate le cose quest’anno?
“No, sinceramente non ho alcun tipo di rammarico. Quella di Bassano è stata un’esperienza breve ma intensa, dalla quale mi porto dietro ricordi bellissimi. Quando arriva la chiamata del Lecce, però, è difficile dire di no: stiamo parlando di una squadra abituata a categorie superiori, con un progetto serio e molto ambizioso. Lecce è una piazza ricca di fascino e ho deciso di cogliere quest’importante occasione per la mia carriera. A posteriori sarebbe troppo facile dire di aver sbagliato, non si può mai sapere prima come vanno le cose. Nonostante non sia andata bene, rifarei la stessa scelta!”.

Cosa non ha funzionato nell’avventura in giallorosso?
“Potrei parlare dei tanti infortuni di inizio campionato o del fatto che la squadra sia stata allestita all’ultimo, ma penso che il problema sia generale e riguardi tutto il mondo del calcio. Si pensa troppo ai risultati immediati e non si lascia il tempo per programmare. Dopo sei giornate, infatti, il campionato non può neanche considerarsi iniziato e già arriva la decisione di esonerare l’allenatore. Il calcio non è fatto di macchine, si dovrebbe aspettare un minimo di tempo per poter valutare il lavoro di chi siede in panchina. Sicuramente questa di Lecce resta un’esperienza difficile da digerire ma sono certo che mi ha permesso di crescere ulteriormente. La cosa bella è che ho conosciuto persone speciali e mi sono lasciato bene con tutti: farò sicuramente il tifo per questi ragazzi!”.

Chiudiamo con un sogno nel cassetto. Su quale panchina vorrebbe sedere un giorno Antonino Asta?
“Anche qui dico Torino, ma adesso non ci penso neanche. Prima devo dimostrare di essere all’altezza per piazze così importanti, sperando che nella prossima esperienza mi verrà dato più tempo per far vedere le mie qualità…”.

Giuseppe Marzetti