Cannoniere in Ecuador, il giovane bomber fu ingaggiato dal Perugia di Gaucci. Più problemi che gol, anni dopo ritrovò la fama grazie ad un esultanza in maschera!

Kaviedes

Ivan Kaviedes(foto calciobidoni.it)

Di lui qualcuno potrebbe dire che viveva perennemente nel mondo dei fumetti, o in quello delle favole. Magari questa immaturità, specie per i  giornalisti più sofisticati, è stata una delle cause dei suoi fallimenti calcistici, in Italia e nel resto del mondo. Molti si ricordano di lui per un episodio che arrivò quasi alla soglia dei trent’anni, quando dopo un gol ai campionati del mondo (precisamente il 3-0 contro Costa Rica) esultò indossando una maschera dell’Uomo Ragno: un omaggio ad un supereroe dell’infanzia o cos’altro?

Certamente fu un gesto divertente e simpatico, che in un mondo troppo serio come quello del calcio fa ritrovare il sorriso. La natura di Kaviedes era proprio quella, uno spirito che sposava troppo il gioco e poco la professione: ebbe dappertutto problemi di inserimento, mal sopportava i giudizi degli allenatori e tatticamente era ingestibile. Non affrontava i problemi, preferiva abbandonare tutto e scappare come un monello che ha rubato la marmellata: ecco spiegate le tante squadre, le bizze, i trasferimenti da un continente all’altro. Quando arrivò in serie A l’idea di mascherarsi era ancora lontana, però quando dopo pochi mesi decise di lasciare la nostra penisola fu veloce come un lampo. Proprio come Spiderman!

Ivan Jaime Kaviedes era nato in Ecuador nell’ottobre del 1977 e quando fu acquistato dal Perugia del vulcanico presidente Luciano Gaucci portava in dote la bellezza di 43 gol e il titolo di capocannoniere nel suo campionato, con la maglia dell’Emelec. Attaccante giovanissimo ma già esperto: veloce e spietato nell’uno contro uno, era un atleta completo. Viveva per il gol ma possedeva doti tecniche importanti, che gli permettevano di duettare con i compagni e migliorare la qualità del gioco.

Quando Kaviedes arrivò in Umbria, era la stagione 1998-99 e il Perugia mirava ad una permanenza tranquilla nella massima categoria. L’allenatore era l’esperto Ilario Castagner, mentre nella rosa spiccava la novità del giapponese Nakata. Altri elementi di spicco erano i difensori Matrecano e Ze Maria, i centrocampisti Maspero e Giovanni Tedesco, mentre al croato Milan Rapaic erano affidate le chiavi dell’attacco. Ivan Kaviedes arrivò quasi alla fine del girone d’andata, col Perugia in linea di galleggiamento ma con qualche lacuna di troppo. Debuttò solo dopo la sosta natalizia, il 17 gennaio 1999: Milan-Perugia 2-1.


Il girone di ritorno cominciò alla grande per lui, sembrava davvero l’inizio di una cavalcata di gol e prodezze. Kaviedes realizzò tre reti in quattro giornate: a Torino con la Juventus (Perugia sconfitto 2-1 in rimonta), contro la Sampdoria in casa (gli umbri si imposero 2-0) e nuovamente al Renato Curi nel 2-1 contro l’Inter. La partita contro i nerazzurri, il 21° turno, era anche quella del debutto del nuovo allenatore Boskov, preso in sostituzione dell’esonerato Castagner. E il rapporto col tecnico slavo, nonostante il guizzo iniziale, non fu dei migliori sia per motivi tattici che per le intemperanze del sudamericano. Si accomodò in panchina per un paio di gare, poi quando entrava sembrava svogliato e senza un minimo di carica agonistica.

Si parlò di qualche ritardo di troppo negli allenamenti, di un ammutinamento in ritiro e persino di una rissa KaviedesZe Maria durante una partitella. Il rendimento ne risentì pesantemente, Ivan realizzò soltanto un altro “mezzo” gol; infatti nell’incontro Fiorentina-Perugia 5-1 del 2 maggio 1999 i quotidiani e i giornali si divisero a metà… Per alcuni la rete umbra era proprio di Kaviedes, per altri invece si trattava di un autogol di Firicano. Pur essendo generosi, comunque, Kaviedes chiuse il torneo con 14 presenze e 4 gol: un bottino neanche tanto malvagio per un debuttante. Ma il presidente Gaucci aveva già deciso, meglio scartare subito le mele marce…

Il Perugia era riuscito a salvarsi, restando in serie A per appena un punto (39 contro 38) rispetto alla Salernitana quart’ultima. Ivan Kaviedes lasciò l’Italia almeno con questa soddisfazione, per poi proseguire il Tour della sua carriera agonistica. Cercò di restare in Europa ma lasciò appena qualche traccia in Spagna, Inghilterra e Portogallo, dove accumulò pochissime presenze in campo. Meglio in patria o in Sudamerica (persino l’Argentinos Juniors) ma in linea generale restò dappertutto un atleta discontinuo e poco amato. Finì spesso invischiato in storie di cronaca rosa, al centro di paternità sospette con modelle o attrici argentine: altra benzina nel fuoco delle polemiche…

Se Dio gli avesse donato una testa assennata, Kaviedes avrebbe di certo avuto una vita e una carriera diverse. Non si parlerebbe di un campione, ma di un centravanti dinamico e capace di far male. Forse solo con la nazionale dell’Ecuador, rinvigorito dal caloroso tifo della sua gente, Kaviedes riuscì a trovare continuità e stimoli: lo dimostrano i 17 gol ufficiali in 57 apparizioni. Giocò due fasi finali dei campionati mondiali, nel 2002 e nel 2006. E proprio in Germania, come detto, si trasformò in Spiderman per una notte.

 

Lucio Iaccarino