Appena rientrato in patria dopo 14 anni in Europa, la mezzapunta argentina alza bandiera bianca a 35 anni.

 

Pablo Aimar con la nazionale argentina  (fonte foto www.taringa.net)

Pablo Aimar con la nazionale argentina (fonte foto www.taringa.net)

Nei giorni in cui il Boca Juniors celebra il ritorno in patria di Carlitos Tévez, gli eterni rivali del River Plate salutano uno dei loro idoli. Ha, infatti, deciso di lasciare il calcio giocato Pablo Aimar.
Mezzapunta classe 1979, Aimar era tornato in Argentina lo scorso Gennaio dopo 14 anni, ma la precarietà delle sue condizioni fisiche lo hanno finalmente convinto ad appendere gli scarpini al chiodo, chiudendo una carriera ricca di successi ma anche di delusioni.

Pablo César Aimar Giordano è nato il 3 Novembre del 1979 a Río Cuarto, nella provincia di Córdoba. Iniziò a giocare a pallone in una squadra della sua città natale, ma ben presto venne notato dal River Plate, si trasferì a Buenos Aires e debuttò con la prima squadra dei “Millonarios” a soli 16 anni. In una squadra piena di stelle (Ortega, Gallardo, Francescoli…) e che solo un paio di mesi prima aveva vinto la Copa Libertadores, si impose rapidamente come stella emergente, vincendo l’Apertura 1999 ed il Clausura 2000 facendo da assistman alla coppia d’attacco formata da Javier Saviola e Juan Pablo Ángel.

Pablo Aimar ai tempi del Valencia  (fonte foto www.taringa.net)

Pablo Aimar ai tempi del Valencia (fonte foto www.taringa.net)

Nel Gennaio del 2001 venne acquistato dal Valencia per 24 milioni di Euro, cifra record all’epoca per un calciatore proveniente dal Sud America, facendo giusto in tempo a partecipare alla Fianle di Champions League che la squadra di Héctor Cuper perse contro il Bayern Monaco a “San Siro”. Già l’anno successivo prese per mano la squadra, guidandola al successo nella Liga spagnola nel 2002 (che il Valencia non vinceva dal ’71) e nel 2004, anno abbellito anche dal trionfo in Coppa UEFA. L’estate anteriore era stato oggetto delle attenzioni del Barcellona: uno dei candidati alla presidenza del club, José Luís Bassat, con Guardiola come direttore sportivo, aveva promesso l’acquisto di Aimar in caso di vittoria. L’eletto fu, invece, Joan Laporta, che aveva promesso Beckham e portò Ronaldinho, cambiando per sempre la storia del club catalano. Negli anni successivi Aimare iniziò, però, la sua fase calante, assillato dalla pubalgia. Il ritorno a Valencia di Claudio Ranieri fu la spinta definitiva a cambiare aria, così che nel 2006 si trasferì a Zaragoza, dove restò due anni, anni di ambizioni deluse in cui il club aragonese finì col retrocedere in seconda divisione. Le ultime stagioni buone le fece al Benfica: cinque anni conditi da un campionato e quattro coppe del Portogallo. L’ultima esperienza prima del ritorno a casa fu in Malesia, nel Johor Darul Takzim, stagione 2013-14
Aimar, inoltre, è stato per anni un punto di riferimento per la nazionale argentina. Già nel 1997 vinse prima il Sudamericano e poi il Mondiale Under-20, ripetendosi al Sudamericano del 1999, mentre con la nazionale maggiore prese parte a due Mondiali (2002 e 2006), due Copa América (1999 e 2007) ed una Confederations Cup (2005), senza però riuscire a ripetere i successi conseguiti a livello giovanile.

Aldilá di numeri, palmarés e carriera, Pablo Aimar è stato un gran calciatore, uno di quei fantasisti che oggi si fa fatica a vedere, di quelli che grazie ad una sola giocata di qualità valevano il prezzo del biglietto. Fragile, lento e poco regolare, è stato croce e delizia dei suoi allenatori, che facevano fatica a collocarlo in schemi rigidi ma che sapevano che fare a meno della sua qualità, dei suoi passaggi filtranti e dei suoi dribbling sarebbe stato peccato. Messi ha dichiarato più volte che Aimar è stato il suo idolo d’infanzia e chi lo ha visto giocare nei suoi anni migliori non farà fatica a crederlo.

Mario Cipriano