Darko Pancev, l’incredibile metamorfosi di un bomber:con la Stella Rossa realizzò vagonate di gol, con l’Inter fu un fiasco colossale!

Darko Pancev

Darko Pancev con la Scarpa d'oro (foto rts)

Quando fu presentato ufficialmente all’Inter, che lo aveva prelevato a suon di miliardi dalla Stella Rossa di Belgrado, gli spiegarono che oltre al cospicuo ingaggio c’era anche un ulteriore premio che avrebbe intascato al raggiungimento del gol numero 15 in serie A. Darko Pancev a quel punto sorrise maliziosamente, come per dire: “Quei soldi sono già miei!”.

Era sicuro di se, il fromboliere Darko: e del resto ne aveva ben donde… La sua carriera, fin dagli albori, era sempre stata correlata da gol: un autentico bomber di razza, mortifero anche per le difese più attrezzate in circolazione. Arrivato in Italia però…

Prima del però c’è, come detto, un contesto assolutamente positivo per lui; Pancev nacque il 7 settembre 1965 a Skopje, all’epoca in Jugoslavia (successivamente Macedonia). Il placido Darko era un ragazzo tranquillo, e fin dall’iscrizione nella prima scuola calcio lo piazzarono in attacco con un unico imperativo: segnare tanti gol! Nelle giovanili del Vardar, il suo primo vero club, ne piazzò 84 in 150 presenze. Si meritò l’interesse e poi l’ingaggio della corazzata Stella Rossa di Belgrado, con cui maramaldeggiò dal 1988 al 1992. Furono anni straordinari, per lui e per la  squadra: tre campionati jugoslavi, una coppa nazionale e soprattutto la Coppa dei Campioni del 1991 (fu suo il rigore decisivo nella palpitante finale di Bari contro il Marsiglia di Waddle). Pancev era un idolo per i suoi tifosi, che per la spietatezza sotto-porta lo ribattezzarono il Cobra, capace di segnare in tutti i modi e in tutte le salse: destro, sinistro, di testa, di potenza o di rapina… La sua media gol era eloquente: 0.78 (72 centri in 92 gare). E nell’anno di grazia 1991, insieme alla Coppa Campioni, conquistò anche la Scarpa d’oro e si piazzò secondo nella classifica del Pallone d’oro, alle spalle di Papin.


Il passaggio all’Inter, per la consistente cifra di 15 miliardi di lire, doveva rappresentare per Darko l’ultimo trampolino per entrare di diritto nell’olimpo dei migliori attaccanti d’Europa e del mondo. Per sua sfortuna, riuscì ad entrare soltanto nella classifica dei gol sbagliati griffata dal trio comico della Gialappa’s Band. L’involuzione di Pancev ebbe dimensioni mastodontiche; semplicemente non segnava mai!

In un intervista precedente al suo debutto con l’Inter, arrivò una funesta  premonizione che non tutti però seppero cogliere… Darko, mentre rispondeva con educazione alle domande, beveva la classica bottiglietta d’acqua. Quando poi doveva cestinarla si voltò alla sua sinistra, intravide un bidone della spazzatura (di quelli grossi) e pensò di sbalordire i cronisti e i curiosi presenti. Più convinto che mai, calciò col fidato destro quella bottiglietta in direzione-bidone, come fosse un pallone da mettere in rete: fallì clamorosamente e per ben tre volte! Imbarazzo generale e pure qualche risatina, ma poi tutti a pensare: “In campo sarà un’altra cosa, questo in fondo era un giochino stupido!”. E invece era il primo segnale di un destino canzonatore…


Il campionato 1992/93 fu per Darko Pancev detto il Cobra un autentico calvario di errori, uno stillicidio di papere e qui pro quo! Quando gli arrivava un pallone buono in area di rigore prendeva sempre e solo la decisione sbagliata; ed erano svarioni, strafalcioni ed orrori da far rizzare i capelli a un calvo! Più di una volta fallì dei gol già fatti, qualcuno addirittura a porta vuota o a tre metri dalla gloria; palla in curva o pali clamorosi! Una volta capitan Bergomi pennellò un cross al bacio per la sua testa a pochi passi dall’estremo difensore avversario; Pancev si impegnò per colpire a botta sicura ma l’impatto fu addirittura comico… In pratica, senza sapere come e perché, Bergomi si ritrovò il pallone fra i suoi piedi: Darko gli aveva restituito l’incombenza! Da bomber, killer e cannoniere a brocco, bidone e schiappa nel giro di pochi mesi; questo era diventato Darko Pancev, perlomeno per gli interisti. Anzi, gli sberleffi divennero sempre più efficaci: ecco allora che il Cobra divenne il Ramarro Marrone! Nel suo primo personale biennio con l’Inter realizzò soltanto un gol in 12 apparizioni di campionato; cercò allora le scuse più puerili per giustificare un rendimento tanto scadente (“La squadra pensa solo a difendersi, è impossibile poter pensare di fare gol o vincere”) ma in realtà era solo un modo per arrampicarsi sugli specchi. Difatti, in quei due anni l’Inter colse ottimi risultati, come il secondo posto nel 1992/93 alle spalle del Milan di Capello e la conquista, l’anno successivo, della Coppa Uefa.

I dirigenti, ormai esasperati, cercarono allora di sbolognarlo a qualcuno, ma erano ben consapevoli che in ogni caso era impossibile rientrare dai soldi spesi. Inizialmente si accontentarono di darlo in prestito ad una squadra di medio cabotaggio tedesca, il Lipsia. In un campionato diverso magari poteva rigenerarsi e ritrovare serenità. Macché… In Germania, oltre agli ormai leggendari errori sottoporta, Pancev fu perseguitato anche da noie muscolari accumulando appena 10 gettoni con 2 gol.

Rientrato dal prestito, il presidente Moratti fu quasi costretto a ridargli fiducia e convinse l’allenatore Ottavio Bianchi a schierarlo nelle prime gare del campionato 1994/95. Ebbene, il macedone raddoppiò i suoi gol rispetto alla precedente parentesi interista: da una rete passò a due (per la cronaca, contro Fiorentina e Bari)! Cifre a dir poco sconcertanti, col popolo nerazzurro che ormai provava soltanto angoscia e afflizione nel vederlo calcare il campo. Una volta a San Siro esposero lo striscione: “Darko Pancev: nato per sbagliare!”


E la sfiga si accaniva sfruttando i minimi particolari, talvolta sottigliezze che rendevano la nostra vittima sempre più vulnerabile. Si pensi, ad esempio, che durante la militanza di Pancev all’Inter uno degli sponsor era Fiorucci, una nota azienda specializzata nella produzione di salumi. L’accostamento Darko-Fiorucci diede modo ai detrattori di rimpinguare ulteriormente il lungo elenco di battute ironiche sul povero macedone…

L’addio, stavolta a titolo definitivo, di Darko Pancev all’Inter arrivò nel 1995 e coincise col suo passaggio al Fortuna (nome tutt’altro che profetico per lui) di Dusseldorf, in Germania. Fu un altro buco nell’acqua, con appena 15 presenze e due gol, così come la sua successiva esperienza al Sion, in Svizzera. Frustrato e mortificato anche lì, Darko decise di abbandonare il calcio ad appena 32 anni. Per non rischiare ora è tornato a vivere a Skopje, la bella cittadina dove è nato. In Macedonia, in fondo, la sua vita scorre gioiosa e tranquilla: ha sposato una nota cantante, ha due belle figliolette e gode tutto sommato di una discreta stima calcistica da parte dei suoi connazionali. Non dimentichiamo, infatti, le 27 presenze (con 17 gol) con la maglia della Jugoslavia e persino un gol con la neonata  Macedonia.

L’ex Cobra Darko Pancev deve però, almeno una volta ogni 15 giorni, passare da un suo amico psicologo… Il motivo? “Firmare per l’Inter è stata la mia rovina! Voglio dimenticare quell’imperdonabile errore che mi ha fatto perdere gloria e denaro!”.

L’assurdo è che, invece, a Milano nessun tifoso potrà mai dimenticare altri suoi errori, quelli sottoporta…

Lucio Iaccarino

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