In Colombia era un bomber affermato, ma in Italia con l’Atalanta non realizzò neanche un gol! Tozzo e grassottello, il suo hobby preferito era mangiare!

Valenciano

Ivan Valenciano(foto futbolred.com)

Dell’Italia conosciamo pregi e difetti, e una delle proverbiali caratteristiche dell’italiano medio è la polemica ad ogni costo. Politica, cultura, spettacolo e ovviamente lo sport: ogni singolo aspetto è carne nel fuoco delle discussioni, preludio alla passionalità di ognuno di noi. Forse solo l’aspetto culinario mette d’accordo tutti, anzi senza forse… La cucina italiana, e lo riconoscono con onestà anche all’estero, è indiscutibilmente deliziosa, unica nel pianeta per quantità e qualità. La pasta, la pizza napoletana, la bistecca fiorentina, i bucatini all’amatriciana, i formaggi tipici, i cannoli e i dolci siciliani, la carbonara, i tortellini bolognesi, la boscaiola e tanto altro ancora: un uragano di bontà per qualsiasi gusto! Quando il calciatore colombiano Ivan René Valenciano venne a sapere che sarebbe sbarcato nel nostro campionato non si preoccupò di conoscere la squadra perché lui era comunque contento. Ebbene sì, il motivo della sua allegria era proprio legato al nostro discorso iniziale: il tracagnotto Ivan era un ottima forchetta e l’Italia, con le sue tagliatelle e le lasagne migliori del pianeta, era l’approdo perfetto per un buongustaio come lui. Per la cronaca, Valenciano firmò per l’Atalanta nel 1992/93.

Abbiamo volutamente esagerato, e tornando seri non dobbiamo dimenticare che il vero mestiere di Valenciano era l’attaccante, ossia cacciatore di gol. E il ragazzo nato a Barranquilla il 18 marzo del 1972 conosceva bene il suo mestiere, almeno dalle sue parti. Nel campionato colombiano, girando un cospicuo numero di club, era andato a segno con costanza e regolarità; certo non era un torneo particolarmente difficile, appare superfluo ribadirlo, ma Ivan sembrava sapere il fatto suo. In più, aveva un discreto curriculum in nazionale avendo realizzato 13 reti in 29 gare. Con la Colombia Valenciano aveva anche disputato il campionato del mondo negli Stati Uniti nel 1994, condividendo l’esperienza con campioni del calibro di Valderrama, Rincon e Asprilla. Un paio di anni prima c’era stata, come detto, l’avventura con l’Atalanta che puntava forte su di lui per il dopo Caniggia. Ma già quando sbarcò a Bergamo e si presentò per la prima volta a stampa e tifosi al campo di allenamento, Valenciano era visibilmente appesantito e con qualche chilo di troppo a delinearne il profilo del fisico e persino della faccia. Insomma era grasso, e se il buongiorno si vede dal mattino…


L’ironia degli italiani prese presto il sopravvento, e nacquero subito leggende e storielle incredibili sul suo conto: era ospite fisso di ristoranti, pasticcerie e trattorie divenendo quasi un simbolo o un emblema del mangiar bene. Quando l’Atalanta giocava in trasferta, sfruttava i due giorni di ritiro per assaggiare le pietanze tipiche della città di turno, ingozzandosi con gioia e riempiendo la valigia al ritorno. In campo, purtroppo per lui, Valenciano continuava a mangiare… Già, era un tenace mangiatore di gol! Collezionò appena 5 presenze, senza andare mai a segno e sguazzando perennemente nell’insufficienza. In quell’Atalanta giocavano il frizzante  Maurizio Ganz, il roccioso difensore Montero e l’eclettico Rambaudi, mentre l’allenatore era un certo Marcello Lippi, futuro campione del mondo. Ognuno aveva gli incubi quando sentivano parlare di Valenciano… Scherzi a parte, era davvero troppo lento e macchinoso; non aveva nessuna delle caratteristiche del bomber, coi difensori che quasi si divertivano ad anticiparlo. Era inadatto al campionato italiano anche dal punto si vista squisitamente tattico, e in campo non sapeva mai trovare la posizione giusta o il movimento adatto al contesto di un azione.

La conferma della sua inadeguatezza si ebbe proprio quando lasciò Bergamo e l’Atalanta; col suo ritorno al calcio sudamericano, e colombiano in particolare, riaffiorarono i gol e riemersero numeri da centravanti di buon livello. L’Italia era un’altra cosa, questo è certo; a Bergamo molti si sono dimenticati di lui, ma paradossalmente senza alcun rancore. In fondo, nonostante il pessimo contributo di Ivan, la stagione dei lombardi era stata più che positiva, con un lusinghiero ottavo posto (36 punti) in classifica. Senza dimenticare che Valenciano aveva un numero piuttosto massiccio di amici fra ristoratori, baristi e camerieri della zona; grazie a tutti loro, l’Italia e la sua cucina gli erano entrate nel cuore (e soprattutto nella pancia) e non sarebbero mai più uscite. E poco importa se nel calcio aveva fallito, in fondo sono dettagli: non si può volere tutto dalla vita…


Valenciano ha continuato a giocare il più possibile, e in Colombia si è distinto anche quando l’età avanzava inesorabilmente. Tutto sommato, aveva ancora la possibilità di guadagnare qualcosa e ha dimostrato che il calcio era una profonda e radicata passione anche per lui. Dopo qualche anno di assordante silenzio, Valenciano è ritornato alla ribalta per un episodio poco edificante; pare che sia stato fra i protagonisti, insieme ad altre persone, di una sparatoria in pieno centro, nei pressi di un ristorante. Il povero Ivan è finito addirittura in galera, ma il motivo dell’atto criminoso resta tuttora avvolto nel mistero. Tante le ipotesi, e noi proviamo a dire la nostra: che Ivan Valenciano il buongustaio non abbia gradito il pranzo?

Lucio Iaccarino