Bonimba ha fatto le fortune di Inter,Cagliari e Juve con gol di inaudita potenza!Vicecampione con l’Italia nel 1970,era uno che non si piegava mai!
Gli amanti del cinema cult degli anni ottanta certamente ricorderanno la pellicola Don Camillo (1983) diretta e interpretata dall’istrionico Terence Hill. Nel film, che pur discostandosi dall’originale vive comunque nell’eterna rivalità fra Peppone e Don Camillo, c’è nel finale una memorabile partita di calcio fra le squadre dei due antagonisti. Una gara che diventa una battaglia, con colpi proibiti e la classica rissa al novantesimo. Fra sorprese e volti noti in scena, spicca nel team di Terence Hill-Don Camillo la presenza di un campione vero, un fuoriclasse prestato per una volta al cinema: Roberto Boninsegna. Nella finzione, ma soprattutto nella realtà, Bonimba (mai soprannome fu più giusto) ha rappresentato e interpretato come pochi il ruolo del centravanti di sfondamento, un combattente nato per segnare e forte come un carro cingolato. L’energia, il temperamento e la grande decisione gli hanno regalato una carriera di gioie e successi; la potenza nelle conclusioni e i suoi micidiali colpi di testa hanno riempito i tabellini dei gol nel campionato italiano dal 1963 al 1980.
Il bomber Roberto Boninsegna nacque a Mantova il 13 novembre del 1943 e iniziò giovanissimo una carriera calcistica che, come vedremo, sarà cadenzata anche da curiose fatalità. A 20 anni le prime stagioni in serie B, nel Prato e nel Potenza, mentre l’esordio nella massima serie fu merito del Varese nel 1965. Ingaggiato inizialmente dall’Inter, Roberto fu ceduto al Cagliari dove giocò dal 1966 al 1968 formando una coppia micidiale con Gigi Riva (con cui, però, non mancorono attriti) e realizzando 23 reti in 83 gare. Scambiato con Domenghini, tornò all’Inter nel 1969 per restarci fino al 1976 vincendo uno scudetto (1971) e due titoli di capocannoniere (nel 1971 con 24 gol e nel 1972 con 22, uno in più di Riva). Boninsegna stava vivendo uno dei suoi periodi migliori che, oltretutto, coincise con le prime meritate convocazioni in una delle nazionali azzurre più forti e amate di sempre. E proprio con l’Italia si concretizzò il primo episodio curioso, ma gioioso, della sua vita.
Nel maggio del 1970 gli azzurri erano pronti a partire per il Messico dove si svolgevano i campionati del mondo. La notte prima della partenza Anastasi ebbe un malore e fu costretto suo malgrado a restare in Italia. Roberto Boninsegna, che non era nell’elenco dei convocati, era fresco sposo e in viaggio di nozze ma fu chiamato d’urgenza! Il bomber, sorpreso ma in fondo felice, raggiunse i compagni in tutta fretta e desideroso di dare il suo contributo alla causa. E il suo mondiale fu certamente da ricordare, nonostante un inizio balbettante. L’allenatore Ferruccio Valcareggi lo schierò titolare in 6 circostanze, e Bonimba lo ripagò con due gol storici. Indimenticabile quello in semifinale con la Germania Occidentale (Roberto apri le danze per il leggendario 4-3), bello anche se inutile quello nella finalissima persa 4-1 col Brasile di Pelé.
Con l’Italia, dove in totale collezionò 9 gol in 22 apparizioni, Roberto forse avrebbe potuto dare di più, ma in ogni caso il mondiale del 1970 rafforzò enormemente la sua popolarità. A 33 anni, quando per molti addetti ai lavori la sua carriera sembrava in declino, Boninsegna firmò a sorpresa per la Juventus. La Vecchia Signora, come spesso succede, aveva visto giusto e fu ripagata a dovere dal sempre letale Bonimba… Per lui, tre stagioni ad altissimo livello con ampio repertorio di gol e successi: due scudetti (1977 e 1978), una Coppa Italia (1979) e una Coppa UEFA (1977).
Il successo nella competizione internazionale fu motivo di doppia soddisfazione per Roberto, che aveva un personale conto in sospeso in merito… Anni prima, infatti, il bomber azzurro fu il protagonista sfortunato di una brutta avventura. Il 20 ottobre 1971, durante la partita di andata degli ottavi di finale della Coppa dei Campioni della sua Inter contro il Borussia Monchengladbach, Bonimba fu colpito in pieno volto da una lattina lanciata dagli spalti dai poco ospitali tedeschi. Attimi di panico, con Boninsegna costretto a lasciare il campo e col Borussia che si impose per 7-1. Per fortuna, e giustamente, l’Uefa non omologò il risultato della gara che fu annullata e ripetuta in campo neutro. L’Inter, che nel frattempo aveva vinto la partita di ritorno 4-2, riuscì a strappare un pareggio (0-0) nella ripetizione dell’andata qualificandosi così ai quarti. Per la cronaca, i milanesi arrivarono fino alla finale di Rotterdam, dove però furono battuti 2-0 dall’Ajax di Cruijff.
Del resto, l’immagine di Bonimba ferito ma non sconfitto è indicativa e sovrasta la citata disavventura. Roberto Boninsegna era tanto duro e granitico in campo quanto coriaceo nella vita. Il suo carattere deciso e un po’ ribelle, ad esempio, non era stato apprezzato dal totem Herrera, che infatti lo silurò chiedendone la cessione al Cagliari. In Sardegna, poi, entrò in conflitto pure con Gigi Riva, ma in fondo contesti del genere erano inevitabili; una sorta di proporzione diretta fra le qualità tecniche e quelle temperamentali. La sua combattività e la sua energia rispecchiavano fedelmente la collocazione in campo: il centravanti puro, quello capace di sfondare le difese avversarie. Boninsegna era spavaldo, temerario, micidiale nel tiro dalla media distanza e insensibile al gioco duro degli stopper più agguerriti e attrezzati. Probabilmente raggiunse la maturità tecnica e agonistica nell’Inter, aiutato da una squadra che giocava tutta per lui: Mazzola, Corso, Jair erano abili nel trovarlo smarcato e gli fornivano assist deliziosi che lui trasformava in oro colato. Ma è chiaro che anche Cagliari e Juventus devono dire grazie all’immenso Bonimba, che chiuse ad alti livelli nel Verona (1980); e nella lista dei privilegiati inseriamoci anche Terence Hill che, nella sua squadretta dell’oratorio nel film Don Camillo, scelse lui solo come bomber! Insomma, centravanti di sfondamento in tutti i sensi…
Lucio Iaccarino