Come un rapace, “El Buitre” non perdonava mai un errore e il suo fiuto del gol era inarrivabile! Immenso col Real Madrid e la sua Spagna.
Incontrarlo per strada, sia adesso che quando giocava, regalava sensazioni di meraviglia e stupore, oltre che di curiosità. Possibile che un tipetto tanto anonimo, magro e neanche tanto alto, con quei riccioli biondi quasi sproporzionati al viso, sia così bravo a calcio? Una domanda del genere è rimbalzata in testa almeno una volta a tutti gli sportivi, spagnoli e non. Poi i numeri e la sua storia hanno dato risposte a dir poco esaurienti e ognuno ha tirato le sue conclusioni.
Qualcuno recentemente ha parlato di Filippo Inzaghi come suo degno successore, sia come posizione in campo che come modo di giocare. Ma noi, ora che anche Super Pippo è al tramonto della carriera, possiamo e vogliamo dire che Emilio Butragueno era unico e più completo; se non altro, è stato il primo nel suo genere a rappresentare quasi un simbolo, un’icona dell’opportunismo e della malizia sottoporta!
E’ stato senza dubbio uno dei più letali attaccanti degli anni ottanta, e in fondo il fisico minuto l’ha favorito. Agilissimo e sgusciante, veloce e immarcabile negli spazi stretti, Butragueno ha fatto ammattire decine di difensori. Emilio non era punta qualsiasi: aveva il talento del grande bomber, del fine opportunista che riusciva a capire un secondo prima di tutti gli altri dove andava a finire la palla.
Un tiro violento, la respinta del portiere avversario, il difensore che cercava e non trovava più Butragueno: lui era già lì, nei pressi del pallone, pronto a sospingerlo in rete. Questa che abbiamo raccontato era l’azione-tipo, l’esempio illuminante di come azionava il suo meccanismo di goleador. Era il migliore: passò alla storia col soprannome di “el Buitre”, ovvero l’Avvoltoio. Come un rapace, si avventava su tutti i palloni che giungevano in area e li trasformava in gol. Emilio era nato a Madrid il 22 luglio del 1963 e dalla sua città natale non si è mai mosso…
Calcisticamente, tirò i primi calci nel Castilla (il club satellite del Real), nel quale i giovani talenti potevano esprimersi e trovare spazio per giocare e accumulare esperienza. Il rampante Emilio fece subito profitto di questa sana gavetta e debuttò così nel massimo campionato spagnolo il 5 febbraio 1984. E quella non era una maglia qualunque, era la maglia bianca del Real Madrid!
L’uomo che lanciò Butragueno nel Paradiso calcistico, puntando forte sulle sue qualità, era un tecnico che di gol se ne intendeva molto… Si trattava infatti del mitico Alfredo Di Stefano, l’impareggiabile centravanti del periodo d’oro del Real; quello, per intenderci, delle cinque Coppe dei Campioni consecutive tra il 1956 e il 1960. E Don Alfredo aveva visto giusto: Emilio ingranò subito la quinta marcia e prese subito confidenza col gol. Si dimostrò efficacissimo, e oltre al fiuto sottoporta riuscì a interagire bene anche con gli altri fuoriclasse della squadra: il messicano Hugo Sanchez, l’argentino Jorge Valdano e gli spagnoli Michel e Sanchis.
Quel Real Madrid vinse la bellezza di 5 scudetti di fila (6 in totale, aggiungendo l’ultimo nel 1994/95), conditi da due prestigiose Coppe Uefa. Butragueno e la famigerata “quinta del buitre” furono un mix di forza e coesione che annientò difese esperte e corazzate, ma nessuno trovò mai le contromisure adeguate contro questi campioni. Emilio non perse mai il vizio del gol, andando sempre in doppia cifra per 8 stagioni consecutive e divenendo Pichichi (capocannoniere) nel 1990/91. Divenne un beniamino del Santiago Bernabeu e furono stagioni memorabili; solo l’avvento del Barcellona di Johan Cruijff avrebbe offuscato il bomber madrileno.
Fu proprio in quel periodo, quando Emilio viaggiava intorno ai 30 anni, che il Real decise bruscamente di cambiare rotta sostituendo molti elementi in squadra. Una scelta forse poco romantica, che costrinse Butragueno ad emigrare in Messico per gli ultimi anni di carriera.
Poteva vincere di più, e francamente l’avrebbe meritato; ci riferiamo anche alla nazionale spagnola, che ai suoi tempi non era lo squadrone di oggi. Ciononostante segnò ben 26 gol in 69 partite con le Furie Rosse e, nel mondiale messicano del 1986, compì un’impresa leggendaria. Il 18 giugno 1986, a Queretaro, la Spagna si trovava di fronte la rivelazione Danimarca per gli ottavi di finale della Coppa del mondo. Con i favoriti danesi avanti 1-0 (gol di Olsen), la partita per gli iberici era davvero in salita. All’improvviso si scatenò “el buitre”, che approfittò di una distrazione difensiva per pareggiare.
Nella ripresa, ancora da rapace opportunista, Butragueno segnò un altro gol portando i suoi sul 2-1. Dopo il terzo sigillo di Goicoechea, Emilio infierì come un uragano sui malcapitati avversari andando in rete altre due volte. 5-1 con poker di gol per lui: un’impresa mai dimenticata! E sui pavoni danesi rimarranno indelebili i graffi dell’avvoltoio, i graffi del grande Emilio Butragueno…
Lucio Iaccarino
