L’avventura dell’ultima arrivata tra le nazionali affiliate alla Fifa, con un’intervista al suo giocatore più rappresentativo.

Jamese Moga

James Moga con la maglia del Sud Sudan (foto dal web)

Sapete quale è lo Stato più giovane del mondo?

Con la risoluzione A/RES/65/308 dell’Assemblea Generale del 13 luglio 2011, la Repubblica del Sud Sudan è diventata ufficialmente il membro numero 193 delle Nazioni Unite, ammesso per acclamazione. L’ultimo Paese ad entrare nella grande famiglia dell’Onu era stato, in precedenza, il Montenegro nel 2006.

La nascita del giovane Stato africano ha avuto una genesi travagliata: anni di guerre civili nel Sudan tra il nord, musulmano, e il sud, cristiano e animista, terminate (almeno sulla carta) con i trattati di pace del 2005 che hanno avuto il loro sbocco nel referendum popolare che, nel gennaio 2011, ha sancito la separazione della regione meridionale dal governo centrale di Kartoum. Per festeggiare la nascita del Sud Sudan, il giorno seguente la dichiarazione di indipendenza, il 10 luglio 2011 nello stadio di Juba, la capitale del neonato Stato, si è tenuta una partita di calcio.

Di fronte, la nazionale del Sud Sudan e la squadra keniota del Tusker F.C. Un popolo intero in festa si è riversato in massa nello Juba Stadium, capace di contenere circa 12.000 spettatori, per assistere a un evento storico. La rosa della nazionale padrona di casa non è  stata la migliore possibile: alcune squadre di club sudanesi non hanno concesso il benestare ai propri giocatori per partecipare a un match organizzato all’improvviso e in tutta fretta.


Commissario tecnico del Sud Sudan da quella prima partita è il serbo Zoran Djordjevic, un vero e proprio giramondo come il suo connazionale Bora Milutinovic. Il calcio lo ha portato, prima da giocatore e poi da allenatore, a toccare i lidi più insoliti, dal Bangladesh all’Iran, dalle Filippine all’Arabia Saudita, dallo Yemen, appunto, a questo neonato Stato dell’Africa. La fascia di capitano è sul braccio di Khamis Leiluno, attaccante ventitreenne.

Ma il primo storico gol per i sudsudanesi è siglato da James Joseph Saeed Moga, il giocatore più rappresentativo della neonata nazionale, che milita nella squadra di club indiana del Pune F.C. James, attaccante originario di Nimule, ha ventinove anni e ha giocato in squadre del Sudan, dell’Oman e del Bangladesh, prima di arrivare nel massimo campionato indiano. Esattamente un anno dopo quel match, il 10 luglio 2012, il popolo sudsudanese si ritrova di nuovo in massa allo Juba Stadium. Si festeggiano due importanti ricorrenze: il primo anniversario dell’indipendenza e l’affiliazione alla Fifa. Il Sud Sudan è ammesso nella grande famiglia mondiale del calcio. Si gioca la prima partita internazionale ufficiale, contro l’Uganda, e il risultato è di 2-2. Il primo gol del Sud Sudan, neanche a dirlo, è di James Moga.

La storia di questa neonata squadra e della sua avventura ha davvero affascinato noi di “Stromberg non è un comodino”, al punto che siamo andati alla ricerca di Moga, in giro per il mondo, e siamo riusciti ad avere un suo contatto e a intervistarlo, nonostante chiare ed evidenti difficoltà linguistiche (che ha evidenziato anche l’inviato del Guardian presente alla partita contro il Tusker). Poche domande e risposte stringate, ma la chiara emozione di chi si sente parte di una grande storia. Anzi, della Storia con la “S” maiuscola, quella del proprio Paese.

Premettiamo che James, prima del debutto storico con il Sud Sudan, è stato titolare della nazionale sudanese; da un giorno all’altro si è trovato a giocare, finalmente, per la squadra del Paese in cui è nato, del quale si è sentito sempre figlio e cittadino.

Come si sente a poter giocare finalmente per la nazionale del suo Paese?

“E’ una sensazione davvero bella. Non avrei mai immaginato che questo sogno si sarebbe avverato”.


Cosa ha provato la prima volta che ha giocato indossando quella maglia?

“E’ bello sentirsi a casa!”

Cosa si ricorda di quel primo, storico, gol?

“Quello che ricordo è che lo abbiamo segnato perché eravamo molto caldi per l’evento”.

Quali sono gli obiettivi di una nazionale giovane come la vostra?

“Ci serve tempo per crescere come squadra”.

Cosa può dirci del vostro allenatore, Zoran Djordjevic?

“E’ bravo. Dobbiamo dargli tempo per lavorare e supportarlo”.

La situazione politica nel Paese è critica: la guerra civile è tornata a rinfocolare tra le strade; il Sudan non ci sta a perdere la parte di Paese più ricca di pozzi di petrolio; i campi rifugiati sono pieni di persone disperate, la mortalità, secondo i rapporti di Medici Senza Frontiere, è raddoppiata in un anno. C’è bisogno di un intervento deciso per risolvere una crisi che rischia di assumere proporzioni catastrofiche, come quella che coinvolge il vicino Darfur.

Cosa può dare il calcio? Una piccola gioia. E una piccola speranza.

 

Emanuele Giulianelli