Il leggendario “Kalle” univa potenza ed eleganza, oltre alla spietatezza del goleador! Due Palloni d’Oro e tante vittorie: unica lacuna la Coppa del mondo!
Finalmente un cacciatore che metteva tutti d’accordo! Un caso raro, anche perché fra le attività meno amate c’è senza dubbio proprio quella della caccia, da secoli osteggiata dagli amanti degli animali e da quelli che vogliono bene alla natura. Fortunatamente nel calcio il gol, oltre ad essere l’emozione più vivida e ricercata, non ha mai fatto del male a nessuno: fanno eccezione ovviamente i portieri e i tifosi avversari. Ecco quindi che Rummenigge, soprannominato dai suoi tifosi Cacciatore di gol, può andare fiero di quello che ha rappresentato per il calcio mondiale senza nessun timore o paura.
Negli anni ottanta stravedevano tutti per lui, persino l’allenatore Oronzo Canà (alias Lino Banfi) del film cult L’allenatore nel pallone. Il nostro tedesco fu proprio uno dei primi obiettivi del calcio-mercato della sua Longobarda. E il commento entusiasta a proposito di questo campione è, a suo modo, indicativo anche per noi: “Rummenigge!!! Al posto dei bicipiti c’ha il marmo!” Vero, perché Kalle era indistruttibile…
Karl-Heinz Rummenigge nacque a Lippstadt il 25 settembre del 1955 e, con la lucidità e la tenacia di un carro cingolato, si attivò fin da ragazzino per raggiungere i suoi obiettivi. Voleva diventare un grande attaccante e i suoi sforzi furono subito premiati. Quelle vecchie volpi dei dirigenti del Bayern di Monaco annusarono in anticipo le sue doti e lo misero sotto contratto poco dopo la maggiore età. Stava già compiendosi la metamorfosi di Karl in Kalle, ovvero Cacciatore di gol! Rummenigge fu un centravanti esemplare, modello per un’intera generazione calcistica. Atleta di razza, era capace di coniugare forza atletica ed eleganza; in più, possedeva il senso innato del gol.
La sua potenza di tiro, il suo eccellente gioco di testa e la sua instancabile combattività, fecero di lui per diversi anni il nemico pubblico numero uno delle migliori difese del mondo. Contribuì a scrivere alcune delle più belle pagine della gloriosa storia del Bayern Monaco e della nazionale tedesca anche se, con la maglia della Germania Ovest, perse per due volte la finalissima della Coppa del mondo. Nel 1982 contro l’Italia di Rossi, Tardelli e Scirea; mentre nel 1986 a sbarrargli la strada fu Diego Maradona e la sua Argentina. Rummenigge mise inutilmente a segno il primo gol tedesco; la gara finì 3-2 per i sudamericani…
La lacuna del mancato titolo mondiale fu certamente motivo di rabbia per lui, ma Rummenigge può comunque vantare una bacheca stracolma di coppe e trofei di prim’ordine. L’anno di grazia fu il 1980, con la vittoria degli Europei con la Germania Ovest (per Kalle gran gol contro la Cecoslovacchia) e il Pallone d’Oro, che conquistò superando il connazionale Schuster e il francese Platini. Soddisfatto? Macché, un cacciatore come lui aveva quella fame di successi che nessuno poteva placare! Nel 1981 altro Pallone d’Oro e l’ingresso nell’olimpo degli eletti del football; Rummenigge vinse pure 2 coppe dei Campioni (1975 e 1976), una coppa Intercontinentale, 2 campionati tedeschi e 2 coppe di Germania. In 602 partite ufficiali, Karl-Heinz realizzò 312 gol, mentre in Nazionale collezionò 95 presenze con 45 gol.
Stimolato da nuove avventure ed esperienze professionali, Rummenigge firmò per l’Inter di Ernesto Pellegrini nel 1984, dove giocò con il giovane promettente portiere Zenga, il mitico Bergomi, Fulvio Collovati e l’irlandese Brady: in attacco c’era “Spillo” Altobelli. Kalle disputò a Milano tre stagioni che, nonostante qualche velata critica, rappresentarono in ogni caso un arricchimento importante per la sua splendida carriera. La serie A applaudì la sua tempra e la capacità di trovare la via del gol anche in condizioni proibitive (mitiche le sue sforbiciate volanti); non arrivarono titoli e coppe, ma due onorevoli terzi posti. Peccato per la stagione 1986/87, in cui giocò a intermittenza per via di qualche problemino fisico non tempestivamente curato.
Rummenigge lasciò il nostro torneo con 24 gol in 64 incontri. Successivamente decise di auto-pensionarsi in Svizzera, lontano dallo stress e dalle tensioni del grande calcio. Le sue due ultime stagioni agonistiche furono quindi nel Servette dove, nonostante l’età, diede un ultimo saggio di bravura e di autorevolezza. Campione e atleta vero fino al tramonto, Karl-Heinz si tolse lo sfizio di vincere il titolo di capocannoniere nel 1989 (da aggiungere ai 3 della Bundesliga e a quello della coppa Campioni 1981). In più provò pure a trasformarsi in libero, sfruttando i tanti anni di esperienza e l’infinito bagaglio tecnico. Il fisico asciutto e possente poteva aiutarlo in questa nuova prospettiva: mesi dopo però fu lui stesso a sconfessare la nuova collocazione in campo, dichiarando di non sentirsi completamente a proprio agio. Il ruolo di libero non era per lui, e siamo decisamente in sintonia col suo pensiero. Del resto, come si può chiedere a un cacciatore di trasformarsi in preda?
Lucio Iaccarino