Quando la Juve e il calcio italiano dominavano, il merito era anche del sudore di gente come lui! Cuore e generosità rendevano Furino un muro invalicabile!

Giuseppe Furino(foto tifobianconero.it)

Giuseppe Furino(foto tifobianconero.it)

Quando aveva venticinque anni sembrava un calciatore a fine carriera, ma era un dettaglio talmente trascurabile che spesso era lui stesso a scherzarci sopra. Colpa dei capelli, che cominciarono a cadere e imbiancarsi molto prima dei suoi colleghi, o forse di quei lineamenti da roccioso uomo del Sud che talvolta sono più indicativi di una carta d’identità. Quando però scendeva in campo la forza e il dinamismo che proponeva senza mai risparmiarsi lo rendevano unico e indispensabile: Giuseppe Furino era il classico “giovane-vecchio” che ogni squadra ambiziosa sognava di schierare nel proprio centrocampo.

Un maestro nell’interdizione, nella capacità di corsa e nella gestione tattica degli schemi difensivi, ma soprattutto un mastino e un faro prezioso nei momenti di burrasca e di difficoltà. Nel calcio moderno gli esteti talvolta non apprezzano i mediani caparbi e resistenti come lui, ma leggendo giornali e quotidiani di 20-30 anni fa abbiamo scoperto che la storia spesso si ripete. Anche allora, infatti, qualcuno criticava il modello-Furino sbandierando il solito ritornello del gioco all’italiana difensivo e ostruzionistico. Questione di punti di vista…

Giuseppe Furino nacque a Palermo il 5 luglio del 1946 e cominciò a giocare a calcio unicamente per passione, senza mai pensare inizialmente allo sport come a una professione. Si era infatti iscritto all’università (facoltà di economia e commercio) e si allenava fra una lezione e un esame. Era già nel vivaio della Juventus quando, a vent’anni, fu mandato a farsi le ossa in serie B col Savona. Cominciò a prendere coscienza delle sue importanti qualità: il calcio cominciava a trasformarsi da gioco a professione. Nel 1968 Furino debuttò in serie A con il Palermo, dove cambiò spesso posizione in campo: in Sicilia fu spesso schierato come terzino fluidificante (a Savona era un’ala sinistra); la sua intelligenza tattica veniva apprezzata da tutti i suoi allenatori. Successivamente si stabilizzò come mediano, il ruolo che maggiormente valorizzava le sue caratteristiche. Furino a Palermo guadagnò la stima e la considerazione di un ambiente caldo ed entusiasta, meritandosi il corteggiamento e l’ingaggio del suo amore calcistico più grande: la Juventus!


E Giuseppe Furino, guidato dal carisma e con compagni fortissimi in tutti i reparti (giocò con Zoff, Cabrini, ScireaBoninsegna, Platini e tanti altri), scrisse pagine memorabili del club torinese. Con la maglia della Juventus, a partire dal 1969, disputò la bellezza di 361 presenze, correlate da 8 gol (ovviamente andare a rete non era la prerogativa del suo bagaglio tecnico). Beppe detto Furia divenne in quegli anni una colonna portante della squadra, simbolo di caparbietà e decisione: in quindici anni di militanza contribuì a una serie incredibile di successi e di soddisfazioni. Con i suoi otto campionati vinti (compreso quello della seconda stella nel 1981/82) fa ancora compagnia al mitico Giovanni Ferrari nella classifica dei calciatori italiani pluriscudettati. 8 titoli: un numero davvero impressionante… E dobbiamo aggiungere una Coppa Uefa (1977), una Coppa delle Coppe (1984) e due Coppe Italia (1979 e 1983); quasi tutti trionfi con Giovanni Trapattoni in panchina, che stravedeva per i combattenti come lui. Furino non tradiva mai: era un centrocampista grintoso, insuperabile in fase difensiva e forse talvolta troppo deciso nei contrasti. Fu spesso accusato di cattiveria in campo, ma in realtà giocava con il cuore trasferendo sul terreno il proprio carattere irriducibile e battagliero, senza mai risparmiarsi e dimostrando una mobilità e una tenuta atletica da maratoneta.

Contrariamente a quanto si pensa, Furino era abile anche in fase di costruzione della manovra offensiva. Dimostrava un’ottima visione complessiva del campo, e proprio dai suoi piedi spesso partivano le precise geometrie e gli schemi che resero grande la Juventus di quel periodo. In Nazionale fu meno incisivo e totalizzò soltanto 3 presenze, una delle quali fu contro l’Uruguay nel leggendario mondiale messicano del 1970. Quando poi decise di appendere le scarpe al fatidico chiodo, Furino rimase inizialmente lontano dal mondo del calcio. Per circa sette anni si dedicò con successo all’attività di assicuratore, un altro campo in cui la sua proverbiale grinta trovò sbocchi e risultati positivi. Successivamente, nell’ambito della rifondazione dell’assetto societario juventino voluto da Gianni Agnelli, fu richiamato dalla Vecchia Signora come supervisore tecnico del settore giovanile. Un compito delicato, ma la scelta di Furino risultò particolarmente azzeccata: pochi come lui infatti avevano lasciato in eredità un ricordo di serietà e abnegazione, una garanzia di fedeltà e professionalità. Beppe Furino ha costruito la sua carriera su queste basi solidissime e i giovani calciatori di oggi dovrebbero eleggerlo come maestro di vita. Un vero campione deve dimostrare con il cuore, prima ancora che con la tecnica, la grande voglia di vincere a tutti i costi…

Lucio Iaccarino