Il Genoa non poteva fare acquisto peggiore per il suo centrocampo. Il carioca giocò poco e male: il numero 17 fu il suo compagno più stretto nell’avventura italiana!

Eloi

Eloi(foto grifoni.org)

Quando arrivò nella nostra serie A molti italiani, appassionati di quel cinema western che il grande regista Sergio Leone raccontava divinamente, lo scambiarono per un famoso attore americano che aveva lavorato a Cinecittà. Baffi, fisico asciutto e sguardo fra il truce e il cinico ricordavano Lee Van Cleef, il “cattivo” per antonomasia di tante avventure cinematografiche degli anni sessanta e settanta. Alla presentazione in ritiro gli mancava solo il cappello da cowboy. Per assurdo il presunto sosia in questione, Eloi, tutto era fuorché cattivo in campo: anzi, la mancanza di aggressività fu uno dei suoi maggiori problemi.

Finì inevitabilmente ai margini dei titolari e spesso in panchina. Chissà, forse perché era un centrocampista, ruolo che richiede una maggiore attitudine al sacrificio e alla foga agonistica. Soprattutto nel nostro calcio, dove l’assegno a fine mese è certamente più sostanzioso che in Sudamerica ma che, nell’altro piatto della bilancia, pretende concretezza e risultati. Altrimenti vieni cacciato anche in malo modo, come accadde al sosia di Lee Van Cleef…

Francisco Chagas Eloia Eloi nacque ad Andradina il 17 febbraio del 1955; da buon brasiliano adorava dare del tu al pallone e la sua collocazione tattica era quella del centrocampista-ragionatore. Insomma, un numero 10 capace non solo di aiutare gli attaccanti ma anche (e questo gli fu chiesto soprattutto in Italia) di aiutare la manovra a tutto tondo, anche in fase di contenimento. Fin dagli esordi cambiò squadra quasi ogni anno, e francamente già questo era un segnale non proprio incoraggiante: i dirigenti del Genoa, però, presero in considerazione soltanto il rendimento del 1983, quando Eloi col Vasco aveva incantato la platea carioca con gol e assist a ripetizione.

Fu quindi ingaggiato quell’estate stessa; i liguri erano al terzo anno consecutivo in serie A e ambivano a posizioni di centro classifica. L’allenatore del Genoa era Gigi Simoni, mentre fra gli altri componenti nella rosa ricordiamo il portiere Martina, il difensore Policano, il mediano olandese Peters e l’attaccante Briaschi. Il debutto dei rossoblu  in campionato fu drammatico: Genoa-Udinese 0-5! Ma attenzione; Eloi non prese parte alla gara per una piccola indisposizione e molti si aggrapparono a lui per le domeniche successive. Chissà, con lui in campo le cose sarebbero andate diversamente?


Purtroppo fu una vana speranza: Eloi debuttò ufficialmente a Napoli il 18 settembre 1983 (0-0) ma fin da subito fu chiara la percezione che il suo non era un acquisto indovinato. Lento, poco reattivo e per nulla determinante in cabina di regia; si limitava al compitino, e i suoi tanto decantati tiri dalla distanza finirono spesso in curva. La mediocrità di Eloi lo relegò sovente in panchina, e infatti alla fine dell’anno firmò 17 presenze con nessun gol all’attivo. Il Genoa finì in serie B, quattordicesimo con 25 punti; gli stessi della Lazio di Bruno Giordano, che però si salvò in virtù dei migliori risultati conseguiti negli scontri diretti. Liguri quindi sfortunati ma tutto ciò non bastò a placare l’ira dei tifosi, inferociti soprattutto con quelli che avevano reso di meno. Eloi fu al centro del calderone delle polemiche ma, avendo firmato un ricco biennale, rimase anche in serie B. Qualcuno cercò in ogni modo di giustificarlo, altri cercarono il bicchiere mezzo pieno: ad esempio il carioca aveva segnato 4 gol (doppietta al Palermo, squilli contro Vicenza e Monza) nel girone di Coppa Italia. Marcature che non servirono per qualificarsi, ma che forse contribuirono ad allungare la sua permanenza nella nostra penisola.

Il dato curioso di Eloi si concretizzò nella stagione successiva, quella coi Grifoni in serie B. Per la cronaca fu un altro campionato anonimo, per lui e per la squadra, che culminò con la mancata promozione in serie A. Focalizzandoci sui numeri, però, scopriamo quello che ci interessa: Eloi giocò nuovamente, e senza farlo apposta, 17 partite! Lo stesso numero, che come tutti sanno nella smorfia napoletana è quello della disgrazia, dell’anno precedente. Persino i tifosi del Genoa, ormai disincantati e delusi, ci scherzarono su e etichettarono il brasiliano come peggior straniero del dopoguerra.

Eloi rientrò in patria e, avendo da poco superata la quota dei trent’anni, riuscì a strappare molti altri contratti prima della pensione. Addirittura può vantare una sorprendente esperienza col il Porto, che in quelle stagioni (parliamo del binomio 1985-87) si apprestava a vincere la Coppa dei Campioni. In quello squadrone Eloi era un panchinaro, e raggranellò pochissime presenze in campo. Metaforicamente, possiamo paragonarlo ad un comparsa in un film o in una qualsiasi pellicola cinematografica. Tutto il contrario, invece, del suo “gemello” Lee Van Cleef, che era un apprezzato prim’attore di talento. A pensarci bene, questi due forse non si somigliano proprio per niente…

 

Lucio Iaccarino