Oltre un decennio con l’Inter, condito da gol e scudetti! Lorenzi era un centravanti spietato, opportunista anche con la lingua. Il suo soprannome è diventato leggenda.
Negli anni novanta, in una famosa trasmissione televisiva, fece sorridere un po’ tutti gli appassionati di calcio una pepata discussione fra il giornalista Maurizio Mosca e un ex campione dell’Inter che in quel momento era collegato dallo stadio di Milano. Per fortuna l’intelligenza di entrambi ebbe il sopravvento e la vicenda si chiuse benevolmente, ma quel signore apparentemente innocuo colpì soprattutto i giovanissimi per il suo modo ironico e pungente di parlare. Il suo nome era Lorenzi e in fondo quando giocava era della medesima pasta: un pungolo talvolta irridente e indisponente, ma allo stesso tempo dotato di classe e numeri tecnici di ottima fattura. Parliamo infatti di un autentico campione che, soppesando la sua bravura, ha forse raccolto meno in carriera di quanto meritava; il suo soprannome “Veleno” è probabilmente un primo chiaro segnale sui vizi e sulle virtù che questo inguaribile toscanaccio serbava nel suo brioso carattere…
Benito Lorenzi nacque vicino Pistoia il 20 dicembre del 1925; il primo vero avvicinamento al calcio arrivò a 21 anni quando giocò un campionato di serie B con la maglia dell’Empoli. L’anno successivo, il 1947, fu quello decisivo per la sua carriera calcistica: superò con irrisoria scioltezza un provino con l’Inter e sotto gli occhi di un grande maestro come Peppino Meazza. Firmò repentinamente il contratto e restò coi nerazzurri per ben undici campionati consecutivi, vincendo due titoli di fila nel 1952-53 (Inter 47 punti, Juventus 45, Milan 43) e 1953-54 (Inter 51 punti, Juventus 50, Milan 44).
In entrambi i casi l’allenatore era Alfredo Foni. Lorenzi era un autentico fromboliere di razza, e nella sua lunga parentesi milanese segnò 138 gol in 305 partite. Nel 1958 passò per una sola stagione all’Alessandria, dove fece però in tempo a svezzare il giovanissimo genio di casa Gianni Rivera. Concludendo l’aspetto statistico, c’è da registrare che il curriculum di Lorenzi trovò il suo ultimo capitolo in serie B, con le 14 presenze con la casacca del Brescia.
In Nazionale Benito scoprì, e in un’altalena di emozioni, due facce della stessa medaglia… Il suo esordio con l’Italia non poteva essere più felice: era il 27 marzo 1949 e gli azzurri, capitanati dal leggendario Valentino Mazzola, erano impegnati in Spagna. Lorenzi sbloccò il risultato dopo appena dieci minuti e fu quindi determinante nel successo finale (3-1). Viceversa, l’ultima sua partita con l’Italia non poteva essere più infelice: fu la famigerata Svizzera-Italia, terminata 4-1 per gli elvetici, che segnò la nostra eliminazione dai Mondiali del 1954. La partita fu si svolse in maniera a dir poco burrascosa, con un gol proprio di Lorenzi annullato dall’arbitro su segnalazione del guardialinee. In quel momento si era sul 2-1.
Al termine dei novanta minuti, Benito e compagni addirittura inseguirono il guardalinee nel sottopassaggio degli spogliatoi e si arrivò alla rissa. Voci mai confermate, ma probabilmente vere, affermarono che il collaboratore dell’arbitro fu colpito più volte con calci e pugni al volto e nella schiena. Il malcapitato non scrisse però quasi nulla nel referto, forse perché aveva la coscienza sporca o per il non aver riconosciuto gli aggressori al buio… Questo triste evento, comunque, segnò negativamente la carriera azzurra di Lorenzi, che con l’Italia si fermò a 14 presenze e 4 reti. Però si guadagnò un record singolare: riuscì a vestire, in così poche apparizioni, tutte le maglie da attaccante: dalla numero 7 a quella numero 11!
Centravanti a dir poco astuto, dallo scatto irresistibile e dal dribbling micidiale, Benito Lorenzi sottoporta dimostrava un opportunismo fuori dalla norma. Era molto amato dai tifosi dell’Inter, che lo soprannominarono “Veleno” già dopo le prime apparizioni in nerazzurro. Il motivo di questo bizzarro nomignolo nacque probabilmente dalla cattiveria che sapeva esprimere in campo come manifestazione di un innato senso agonistico. O forse era per il suo modo di fare tutto toscano, con la schiettezza e l’esuberanza di colui che dice sempre quello che pensa. Veleno riusciva quindi a far parlare di se non solo per le sue doti di goleador; famosi i suoi gol beffardi e le sue pittoresche esultanze, oppure gli sberleffi ai portieri e i litigi con i giornalisti a fine partita. Dopo il ritiro divenne scopritore di talenti ed era uno dei migliori interpreti di questo lavoro: ripeteva spesso che la risorsa più preziosa per questo sport erano i giovani. E se le società continuano (oggi molto più di allora) a tarpare le ali delle nuove generazioni, presto per il giocattolo-calcio sarà notte fonda… Benito Lorenzi ha lasciato questo mondo dopo aver varcato la soglia degli 80 anni, il 3 marzo del 2007 a Milano, la città che aveva amato di più anche nella sua epopea di calciatore.
Lucio Iaccarino