Miglior portiere del mondo nel 1987, il belga era agile e coraggioso come un felino! Personaggio unico ed estroverso, fu un eroe in nazionale e col Bayern Monaco!
Si sarebbe certamente trovato a suo agio in qualsiasi epoca, e non ci riferiamo solo all’aspetto tecnico e professionale. Era un numero uno non solo per il ruolo e per il numero di maglia, ma anche nella vita di tutti i giorni. Sveglio e simpaticissimo, corretto e carismatico come pochi, sapeva catalizzare l’attenzione di tutti per la sua voglia di vivere e per quel suo sorriso contagioso. Il mestiere del grande Pfaff era il portiere di calcio, e negli anni ottanta fu un interprete eccezionale e fra i più imitati, anche perché riuscì a modernizzare e personalizzare diverse situazioni di gioco. Agile e veloce come un felino, era quasi imbattibile sulla linea di porta e nelle uscite; gli attaccanti più forti del mondo dovevano sudare e patire le pene dell’inferno per superarlo e trovare la via del gol…
Jean Marie Pfaff nacque in Belgio, a Lebbeke, il 4 dicembre del 1954, in un contesto non proprio esaltante. La sua, infatti, era una famiglia di ambulanti; i genitori misero al mondo bel dodici figli ma tutti, purtroppo, trascorsero gran parte della giovinezza vivendo in una roulotte. Ma Jean Marie aveva un fisico strepitoso e l’amore per lo sport, in particolare per il calcio, rappresentò la svolta della vita. Si piazzò in porta già da bambino, e con pazienza e temperamento salì tutti i gradini della celebrità, partendo da zero col Beveren in seconda divisione (il suo debutto ufficiale è datato 9 aprile 1972).
Col passare degli anni Pfaff divenne sempre più forte, ricco e famoso, vincendo un campionato belga nel 1979 e la Coppa nazionale nel 1978. Si trasferì al Bayern di Monaco nel 1982, per una cifra superiore ai 900000 marchi: restò in Germania fino al primo settembre del 1988, nonostante un contratto ancora valido fino a tutta la stagione 1988-89. In seguito tentò altre strade, ad essere sinceri non troppo fortunate, col Lierse SK e in Turchia, nel Trabzonspor. Chiuse definitivamente la sua carriera il 6 novembre 1990, tornando al suo primo amore, il Beveren, ma in qualità di dirigente.
Per un decennio abbondante Pfaff fu indiscutibilmente uno dei migliori portieri del mondo, mettendo nel piatto sia l’aspetto tecnico che la popolarità. Quasi certamente per una sorta di rivincita su un’adolescenza difficile e complicata, Jean Marie aveva un chiodo fisso in testa: ottimizzare e migliorare la sua immagine. Divenne un beniamino dei tifosi proprio per quella sua mania di ricercare a tutti i costi la pubblicità e i mezzi di comunicazione, anche se qualche compagno di squadra non sempre apprezzava le sue trovate. Del resto, eravamo negli anni ottanta e c’era ancora in giro la voglia di apprezzare personaggi genuini come lui, lontani anni luce dalle ipocrisie dei reality moderni. Ma se il suo egocentrismo fu oggetto di critiche, nessuno poteva dire nulla sulle sue doti atletiche e soprattutto tecniche. Professionista al cento per cento, il “Piccolo Marie” (così era chiamato ai tempi del Bayern) era un fanatico dell’allenamento e preparava sempre i suoi incontri con una seiretà eccezionale. All’inizio della sua carriera, per migliorare la potenza muscolare, saltava con un peso di 18 kg sulla schiena in modo da rafforzare le spalle. Un altro aneddoto significativo: col Bayern spesso pretendeva di occupare una stanza singola, non per indolenza ma per concentrarsi meglio prima di affrontare una partita.
Fu proclamato miglior portiere del mondo nel 1987, mentre col Bayern Monaco vinse tre campionati, due Coppe di Germania e una Supercoppa nazionale. Pfaff condivise tutti questi trionfi con atleti di livello assoluto come Matthaus, Brehme, Hoeness e Kogl, ma sfortunatamente non riuscì mai a conquistare l’ambita Coppa dei Campioni. In particolare, nel 1987 si arrese solo in finale contro il Porto di Futre e Madjer, vittorioso per 2-1 a Vienna. Con la nazionale belga Pfaff si meritò la ribalta internazionale grazie ad un sorprendente campionato del mondo nel 1986, in Messico. Di certo il Belgio non aveva credenziali importanti, ma grazie al suo portentoso portiere e ad altri buoni giocatori (ricordiamo Vincenzo Scifo e il gigante Jan Ceulemans) raggiunse le semifinali.
Pfaff e compagni, dopo il primo girone, eliminarono l’Urss agli ottavi e addirittura la Spagna ai quarti dopo i calci di rigore, con Jean Marie decisivo nel neutralizzare il penalty dell’iberico Eloy. Il Belgio si piegò soltanto al genio assoluto di Maradona (2-0 per l’Argentina in semifinale) e alla Francia (4-2) nella finale per il terzo posto. Tuttavia il quarto posto finale fu per il Belgio un risultato davvero insperato; Pfaff in totale arrivò a giocare 64 volte per il suo paese, senza dimenticare anche il secondo posto agli Europei del 1980, alle spalle della Germania Ovest. Dalle sue parti è ancora oggi considerato come un monumento nazionale: Jean Marie Pfaff, un prodigio fra i pali e nella vita…
Lucio Iaccarino