Difensore e capitano di lungo corso con la nazionale della Polonia, Zmuda in Italia fu peggio di una comparsa! Male col Verona, malissimo con la Cremonese 

ZMUDA

Zmuda nel 1983-84(foto ebay.it)

Avere in patria un pedigree di ottimo livello talvolta non basta, soprattutto se parliamo dello stressante ed insidiosissimo calcio italiano. L’esempio del personaggio in questione è fra i più illuminanti di sempre, un vero totem degli anni passati. La parabola di questo roccioso difensore toccò il punto più basso in due dei nostri club del nord Italia, ma contemporaneamente dalle sue parti era famoso come la bandiera nazionale. Con la Polonia, infatti, questo giovanotto aveva disputato ben quattro fasi finali della Coppa del mondo e quasi sempre da assoluto protagonista.

Proprio lui, Zmuda, era stato persino capitano e baluardo in mille battaglie e il santo padre Giovanni Paolo II, suo connazionale e grande appassionato di calcio, era spesso in contatto con lui per manifestare il suo grande attaccamento alla squadra. Nella sua sfortunata esperienza italiana, però, neanche il sostegno del papa gli fu propizio; infortuni e problemi di ambientamento si riversarono su di lui come un tornado.

Wladyslaw Zmuda nacque in Polonia, a Lublino, nel giugno del 1954 e si era distinto in gioventù come un ottimo e versatile difensore militando nelle migliori compagini del suo paese, soprattutto il Widzew Lodz. In Italia le frontiere per gli stranieri si aprirono all’inizio degli anni ottanta, e la caccia allo straniero era quasi un altro sport nazionale. L’unica fortuna di Zmuda fu, come detto, la celebrità acquisita durante i campionati del mondo. Per la Polonia quel decennio fu probabilmente il migliore di sempre, sia per qualità di gioco espresso che per il valore dei singoli calciatori. Giusto per fare due nomi, Zmuda giocò con campioni come Lato (capocannoniere in Germania nel 1974) e Boniek, che in Italia furoreggiò con Juve e Roma.


E in difesa comandava lui, Wladyslaw Zmuda: granitico, essenziale e impeccabile nel gioco aereo. Con la Polonia conquistò una medaglia d’argento alle Olimpiadi di Montreal del 1976 mentre in Coppa del Mondo si classificò due volte al terzo posto, proprio nel 1974 (dove vinse un premio nella categoria dei giovani) e nel 1982. In Spagna furono proprio gli azzurri di Paolo Rossi (2-0, 8 luglio a Barcellona) a piegare i polacchi di capitan Zmuda in semifinale. Tuttavia il terzo posto finale, grazie al 3-2 con la Francia di Platini, fu un risultato decisamente positivo e anche Papa Giovanni Paolo II applaudì i suoi connazionali al rientro in patria.

I migliori del lotto approdarono in campionati illustri, come la serie A italiana: Zmuda cercò gloria e fortuna nel Verona del presidente Celestino Guidotti. Ma l’esperienza con gli scaligeri fu assolutamente mediocre, visto che il polacco disputò appena 7 gare in due campionati, e quasi tutte partendo dalla panchina. La sua involuzione fu per molti addetti ai lavori un vero mistero, e i tanti piccoli infortuni di quel periodo non sono una spiegazione esauriente. Si parlò di problemi di lingua e comunicazione coi compagni, di una sua scarsa adattabilità tattica o addirittura (ma forse è l’unica ipotesi da scartare) di poca applicazione agli allenamenti. Di fatto Zmuda restò ai margini di quel Verona, allenato da Osvaldo Bagnoli e costituito da interpreti di altissimo livello come il bomber Galderisi, Fanna, Tricella, Di Gennaro e il portierone Claudio Garella. E quando nel 1984-85 Zmuda andò via, per una breve avventura negli Stati Uniti coi Cosmos, il Verona vinse il suo primo e unico scudetto!

In America Zmuda, che ormai viaggiava intorno ai trent’anni, riuscì a resistere poco, giusto qualche mese. Altri problemi e un nuovo trasferimento dalle nostre parti, precisamente alla Cremonese di Emiliano Mondonico. Il polacco arrivò a campionato in corso, con i lombardi ultimi in classifica e con mille difficoltà in ogni reparto: il suo innesto doveva dare solidità al pacchetto difensivo, ma l’impresa si rivelò subito disperata. Zmuda debuttò alla sedicesima giornata, il 20 gennaio 1985, nel pareggio con la Sampdoria di Bersellini per 1-1. Riuscì se non altro a vedere il campo con discreta continuità, andando anche in gol il 17 marzo in Cremonese-Lazio 1-1.


Fu l’unico sussulto positivo, visto che la Cremonese affondava sempre di più, con alcune sconfitte addirittura mortificanti (Juve-Cremonese 5-1, Cremonese-Roma 0-5). I grigio-rossi chiusero quel campionato ultimi insieme alla Lazio, con appena 15 punti in 30 partite. Zmuda restò per un anno e mezzo anche in serie B, disputando partite senza infamia e senza lode; oramai per il viale del tramonto era una realtà, e tutto sommato neanche una triste realtà. Con gli ultimi guadagni si garantì una pensione invidiabile e agiata. Magari la cocente delusione del flop italiano lo accompagna tuttora, ma in fondo per tirarsi su di morale ci sono i mille ricordi con la nazionale polacca, come testimoniano i 91 gettoni (con 2 gol) di presenza. Nella vita e nello sport bisogna sapersi accontentare…

 

Lucio Iaccarino