5 e non 8 come imposto inizialmente dovranno essere i giocatori delle giovanili. Intanto il PSG spende, nonostante le sanzioni. Ma la UEFA fa sul serio o no?

Financial Fair Play  (foto www.sportige.com)

Financial Fair Play (foto www.sportige.com)

La notizia è di Mercoledì scorso: la UEFA ha ridotto le sanzioni che aveva imposto al Manchester City ed al Paris Saint Germain per violazione del FFP (Financial Fair Play). Ha avuto effetto, dunque, il ricorso. Un ricorso presentato, peraltro, non dai due club, bensì dalla FIFPro (Federazione Internazione Calciatori Professionisti).

Ricordiamo che in Maggio la UEFA aveva imposto ai due club una multa di 60 milioni di Euro più l’obbligo di poter iscrivere solo un massimo di 21 calciatori alle prossime liste per le competizioni europee, di cui almeno 8 formati nel settore giovanile, oltre a consistenti tagli sui premi UEFA e l’ulteriore obbligo di non aumentare (ma al massimo ridurre) il monte ingaggi attuale. Anche altri club, come Zenit San Pietroburgo, Anzhi Makhachkala, Rubin Kazan, Galatasaray, Bursaspor, Trabzonspor e Lewski Sofia erano stati puniti.

Il Manchester City, dopo un iniziale accenno di indignazione, aveva accettato le sanzioni, mentre il PSG si era ribellato fin dal principio, tramite le parole del presidente Nasser Al-Khelaifi e con atti concreti come l’acquisto del difensore del Chelsea David Luiz per una cifra che oscilla tra i 45 ed i 60 milioni di Euro.
Come si diceva, però, il ricorso è arrivato dalla FIFPro, che considera il tetto al numero di iscritti alle liste UEFA come una violazione dei diritti dei calciatori con contratto in vigore. La riduzione della sanzione è, infatti, relativa a questo aspetto: i club implicati dovranno inserire 5 e non 8 elementi del settore giovanile nella lista.


Non un grande sconto, dunque, ma la dimostrazione – insieme alla ribellione del PSG – che il FFP è debole.  Si tratta di un sistema di regolazione che è sicuramente utile e porterà indubbi benefici sul medio-lungo periodo, però funziona se la UEFA si mantiene rigida e non accetta minacce e compromessi.

Le parole di Al-Khelaifi («Non mi importa niente della UEFA e del FFP. Noi spenderemo tutto quel che vorremo») sono gravi e debilitano la credibilità della federazione europea, che proprio punendo due grandi darebbe un esempio a tutti. Con questa concessione, la UEFA ha perso una piccola ma fortemente simbolica battaglia nella sua crociata contro il doping amministrativo.

 

Mario Cipriano