Portiere poco spettacolare ma concreto e affidabile, il brasiliano vinse il Mondiale nel ’94 e fu protagonista in Italia col Parma. Da anni benefattore e Atleta di Cristo.

Taffarel

Claudio Taffarel(foto iberoamerica.it)

In campo la sua presenza era rassicurante per i compagni, e quando sei un portiere di calcio questa è una qualità fondamentale. Lui era così, rassicurante per natura, persino fuori dal campo: una persona squisita, religiosissima e generosa. Si era avvicinato a Dio alla fine degli anni ottanta, diventando Atleta di Cristo e leggendo la Bibbia tutti i giorni. Insieme alla teoria c’era poi la pratica, e lui non si tirava mai indietro aiutando bambini, parrocchie e ospedali.

Sempre in silenzio, senza sbandierare mai il suo altruismo. Da adolescente lo sport preferito di Claudio Taffarel era il beach volley, che gli servì come il pane per migliorare la reattività e la forza nelle gambe. La scelta successiva, quella di trasformarsi in un portiere di calcio professionista, fu in fondo la sua prima illuminazione divina. Diventò uno dei migliori numeri 1 della storia del calcio brasiliano: girò il mondo, vinse tantissimo e soprattutto non abbandonò mai l’umiltà, la grande professionalità e la voglia di mettere in gioco la sua passione.

Claudio Andrè Mergen Taffarel nacque nel maggio del 1966 a Santa Rosa, nel sud del Brasile. Si mise in luce giovanissimo nell’International, club con cui militò per cinque stagioni e grazie al quale ottenne le prime convocazioni nella mitica Seleçao brasiliana. Le sue qualità tecniche e il suo modo di parare erano decisamente in controtendenza rispetto all’effimero pensiero standard dei carioca: era infatti un portiere molto pratico, essenziale e per nulla spettacolare.

Sempre ben piazzato, non badava mai all’estetica e raramente si faceva trovare fuori posizione. Riuscì ad emergere nonostante lo scetticismo di parte della critica sudamericana, e anche quando arrivò in Italia (da sempre patria di ottimi interpreti del ruolo) non tutti erano convinti delle sue qualità. Col sudore e col tempo, però, conquistò gli elogi e la stima di molti addetti ai lavori. Il 1990 fu un anno decisivo per Taffarel: a giugno la cocente e immeritata delusione ai campionati mondiali (Brasile sconfitto dall’Argentina agli ottavi di Italia 90), poi a fine estate il sorprendente ingaggio da parte del Parma di Tanzi. Claudio arrivava in una squadra giovane e ambiziosa, allenata dal grande Nevio Scala e impreziosita da ottimi elementi come Melli, Osio, Di Chiara, Brolin e Grun.


Quel Parma diventò un mosaico perfetto e Taffarel si ambientò egregiamente in un campionato inedito per lui; del resto, essendo un portiere “europeo” non ebbe eccessivi problemi. Gli emiliani furono la squadra rivelazione degli anni novanta e, oltre ad un ottimo ruolino in serie A, Claudio alzò al cielo due trofei: la Coppa Italia nel 1992 e la Coppa delle Coppe nel 1993. Taffarel passò successivamente alla Reggiana e, incredibile ma vero, dopo il campionato mondiale del 1994 si ritrovò persino disoccupato per qualche mese.

Come sempre, non ebbe reazioni isteriche o rabbiose ma stupì tutto il mondo del calcio andando a giocare con l’entusiasmo di un dilettante in un campionato parrocchiale, nei pressi di Reggio Emilia. Ovviamente non veniva pagato e spesso indossava la casacca numero 9, quella del centravanti. L’Italia pallonara forse voleva fargli pagare il titolo mondiale che aveva appena conquistato col suo Brasile in America, una Coppa del Mondo che a Rio aspettavano da un quarto di secolo. Per Taffarel la vittoria più gioiosa di tutta la vita.

Era il 1994 e il Brasile, trascinato in attacco dai fuoriclasse Romario e Bebeto, si fregiava della quarta Coppa della sua storia. In quell’impresa, però, fu fondamentale anche Taffarel che guidò con sapiente maestria una difesa rocciosa e ben messa in campo dal Ct Parreira. Il numero 1 subì soltanto tre reti in tutta la manifestazione; ovviamente si escludono i due rigori nella drammatica lotteria contro l’Italia di Sacchi in finale. In quel  3-2 Claudio ipnotizzò e respinse il penalty di Daniele Massaro; una parata a tutti gli effetti decisiva per la vittoria. Con la Seleçao Taffarel vinse da titolare anche due Coppe America (1989 e 1997) e un argento olimpico nel 1988; inoltre sfiorò il secondo titolo mondiale consecutivo nel 1998, perdendo solo in finale contro la Francia.

Con l’amata casacca dei verdeoro chiuse con 101 gettoni, ed è tuttora il portiere con più presenze nella storia brasiliana. A livello di club, invece, giocò anche con l’Atletico Mineiro e il Galatasaray; in Turchia si confermò un vincente nato, conquistando due campionati, una Coppa nazionale e soprattutto la splendida doppietta Coppa Uefa-Supercoppa Europea. Ancora una volta era stato etichettato come vecchio o bollito, niente di più falso. Taffarel decise di chiudere la sua straordinaria carriera tornando dagli amici di Parma, dove accettò di accomodarsi in panchina con l’umiltà e la dedizione di un ragazzino. Ora Claudio, che continua imperterrito nelle sue opere di beneficenza, è un apprezzato allenatore dei portieri e da pochi mesi è nello staff tecnico del suo Brasile; del resto è impossibile fare a meno di un tipo come lui. L’inossidabile Taffarel era e resterà per sempre un superbo Numero 1!

 

Lucio Iaccarino