Il 20 febbraio ’06 Silvio Berlusconi taglierà il prestigioso traguardo dei 20 anni da presidente dell’A.C.Milan. Già imprenditore di successo, non ancora conosciuto come ‘Cavaliere’ e non ancora in poltica, rilevò la proprietà della società da Giuseppe Farina, trovandosi in mano un Milan ridimensionato e a digiuno di grandi successi. L’allenatore di allora era Nils Liedholm, l’uomo di punta (in tutti i sensi) era un Paolo Rossi al crepuscolo, e stava nascendo un gruppo di ottimi giocatori che avrebbe composto poi una grande squadra. Aveva grandi progetti il nuovo Presidente, era molto presente, interveniva, si interessava della condizione fisica dei suoi giocatori, della dieta, discuteva di tattica e di moduli da utilizzare, 4-4-2, al limite dell’invadenza (chiedere a Liedholm per conferma..).
Ma faceva ben altro, acquistava bei pezzi: Donadoni dall’Atalanta, soffiato alla Juve, Giovanni Galli, Ancelotti, e poi i gioielli che fecero grande quel Milan, gli olandesi Van Basten, Gullit, e nel ‘88 anche Rijkaard.
L’avversario di allora era il Napoli di Diego Maradona, a cui il Milan lasciò lo scudetto del 1987, il primo per i partenopei. Poi Berlusconi notò un giovane allenatore che guidava il Parma in Serie B, Arrigo Sacchi: si invaghì del suo gioco in una partita di Coppa Italia fra il Milan e gli emiliani, lo chiamò subito e fece centro. Gli consegnò una delle più forti squadre mai viste, Sacchi la seppe far giocare alla sua maniera e conquistò lo scudetto al primo colpo precedendo il Napoli dopo una clamorosa rimonta. Iniziò la grande e la più bella stagione di successi rossoneri proseguita con la vittoria nel ’89 e nel ’90 della Coppa dei Campioni e poi della Coppa Intercontinentale, era il Milan degli ‘Invincibili’. Dopo Sacchi fu la volta di Fabio Capello, altra scoperta di Berlusconi, altra mossa azzecattissima. La fiducia concessa ad un allenatore che veniva dalle giovanili rossonere, fu ripagata da un’altra serie di incredibili trionfi: 4 scudetti (’92,’93,’94,’96), 1 Champions League (’94 4-0 sul Barcellona ad Atene), 4 Supercoppa Italiana, 1 Supercoppa Europea. Nel Milan di Capello giocano oltre ai fuoriclasse degli anni prima, Roberto Baggio, Savicevic, e Albertini.
L’imperativo berlusconiano è stato fin dal primo giorno vincere, avere sempre grandi ambizioni, maturare una mentalità di successo, unire risultati e “bel giuoco”, giocare da Milan dice lui; E’ stato il trasformatore di una società sportiva che non vinceva da anni in una nuova, plurivittoriosa e da allora imitata in tutto, è in Italia il presidente più vittorioso della storia, e ha affiancato il Milan al Real Madrid per numero di successi internazionali. Ha cambiato la mentalità del club, ha scelto i migliori allenatori e giocatori, è stato un vincente. Nel ventennio ci sono anche stati periodi meno fasti. Quando Capello va ad allenare il Real Madrid è magro il bottino di Tabarez e del secondo Sacchi; la minestra riscaldata non funziona nemmeno col ritorno di Capello e il nostalgico presidente si affida a Alberto Zaccheroni; con lui scarso feeling ma scudetto al primo anno (1998-99). Berlusconi poi chiama Fatih Terim ma dopo 4 mesi dice “meglio roba di casa nostra”, e sceglie Carlo Ancelotti, “uno di famiglia”, che schiererà un Milan a rombo, nuovamente imbottito di fuoriclasse e obbligato alle “ 2 punte sempre”. I successi recenti – Champions League, Coppa Italia, Scudetto e Supercoppa – rinverdiscono il palmarès di una squadra che da vent’anni deve al suo presidente i più grandi trionfi.
J.P.P

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