Grandissimo calciatore, mezzapunta estrosa. Pallone d’Oro 1999, ha vinto la Coppa del Mondo col Brasile nel 2002 ed ha avuto anche un fugace passaggio per l’Italia.

Rivaldo ai tempi del Milan  (foto www.calciosudamericano.it)

Rivaldo ai tempi del Milan (foto www.calciosudamericano.it)

La notizia è arrivata Sabato scorso: Vitor Barbosa Ferreira “Rivaldo” si ritira dal calcio professionistico. Un calciatore delizioso è stato, di quelli che non ci si stancava mai di veder giocare, già che ogni palla toccata era una carezza, ogni azione nascondeva una sorpresa, una giocata spettacolare, un dribbling, un gol. E poi le vittorie. Perché Rivaldo ha vinto tutto, dalla Coppa del Mondo alla Champions League.

Riconoscibile per le gambe lunghe ed arcuate e per il viso ossuto, conseguenza di malnutrizione infantile, in teoria le sue condizioni fisiche non gli avrebbero potuto permettere la pratica sportiva professionistica, ed infatti in gioventù molti club brasiliani lo scartarono. Però, per fortuna di chi ama il calcio, Rivaldo ha giocato 24 anni. Da Mogi Mirim a Mogi Mirim. È stato nel club della sua città natale, infatti, che “Rivo” ha iniziato ed è stato lí che ha chiuso, da presidente-giocatore. La curiosità è che col piccolo club di terza divisione dello stato di Sao Paulo non ha mai messo piede in campo in un match ufficiale.

Nato nel 1972, giunse in Europa ventiquattrenne per giocare nel Deportivo La Coruña. Aveva militato anteriormente nel Santa Cruz, nel Corinthians e nel Palmeiras (con cui aveva vinto due campionati regionali ed uno nazionale), ma soprattutto si era messo in evidenza alle Olimpiadi di Atlanta 1996 con l’Under-23 brasiliana che si fermò in Semifinale vincendo la medaglia di bronzo. In Galizia espose tutto il suo repertorio di dribbling, acrobazie e gol (realizzò 22 reti), guadagnandosi la chiamata del Barcellona per sostituire Ronaldo (appena passato all’Inter), un trasferimento record per l’epoca – siamo nel 1997 – visto che costò 26 milioni di Euro al club catalano. Nel Barça “olandese” di Luis Van Gaal restò cinque stagioni, vincendo due volte la Liga spagnola (’98 e ’99), una Copa del Rey (’98), una Supercoppa Europea (’98) ed a livello personale il Pallone d’Oro 1999, davanti a Beckham, Shevchenko, Batistuta e Figo.


Intanto, trionfava anche con la Seleçao: Confederations Cup 1997, Copa América 1999 e soprattutto la Coppa del Mondo in Corea & Giappone. Nel 2002, dopo il trionfo mondiale, venne scaricato dal Barcellona e, saltato l’accordo col Real Madrid, passò al Milan chiudendo la sua esperienza in Spagna con 130 gol in sei anni. Numeri che oggi, ai tempi di Messi e Cristiano Ronaldo, sembrano piccoli, ma all’epoca erano davvero grandi. In rossonero non riuscì a mettere in mostra tutta la sua qualità, però contribuì alle vittorie del primo Milan di Ancelotti, lasciando l’Italia dopo soli 15 mesi con sotto il braccio una Coppa Italia, una Champions League ed una Supercoppa Europea.

Dopo un fugace passaggio al Cruzeiro, andò a giocare in Grecia, prima all’Olympiakos e poi all’AEK Atene, ritrovando gol e sorriso. Tre campionati e due coppe furono il suo bottino in terra ellenica, prima di iniziare un lento camino verso il ritiro. Bunyodkor in Uzbekistan, Sao Paulo in Brasile, addirittura una esperienza in Angola col Kabuscorp, quindi il Sao Caetano in seconda divisione brasiliana. Una vita intera a dare calci ad un pallone. Nella memoria degli italiani resteranno le sue performance ai Mondiali del 1998 e del 2002, una tripletta a “San Siro” nel 2000 quando vestiva la camiseta azulgrana (Milan vs Barcellona 3-3), la rovesciata al Valencia nel 2001 ed i suoi pochi lampi in rossonero.

Rivaldo non è stato sicuramente uno dei migliori calciatori della Storia. Forse non entra neanche tra i primi 100. Però per la generazione cresciuta nel calcio dell’immediato dopo-Bosman è stato un punto di riferimento. Negli anni in cui Ronaldo passava più tempo infortunato che in campo e prima dell’avvento di Ronaldinho, Rivaldo è stata la faccia visibile del futebol brasiliano, quel jogo bonito fatto di allegria, spettacolo e gol.

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Mario Cipriano