Numero 10 della Jugoslavia, giocò due stagioni col Pescara di Galeone. I suoi baffi non gli portarono fortuna: il talento c’era, la voglia di allenarsi no…

Sliskovic

Blaz Sliskovic(foto wikipedia)

Da ragazzino, quando giocava, gli chiedevano spesso la carta d’identità: dimostrava quasi 30 anni quando in realtà ne aveva 17 ed era già titolare nel club del suo paese. Barba e baffi coprivano copiosamente il suo volto ed ecco la chiave di lettura per chiarire l’equivoco: dopo qualche tempo eliminò la barba ma restarono dei baffoni vistosi ma ben curati. Erano il segno distintivo di Sliskovic, ragazzo jugoslavo che sembrava destinato ad una carriera folgorante e piena di successi.

Dispensava classe e talento con la maglia numero 10 sulle spalle, e le qualità erano davvero notevoli visto che vinse numerosi premi giovanili e finì nel mirino di squadre importanti. Qualcuno amava definirlo il “Maradona coi baffi” e il paragone, di certo irriverente ed esagerato, non era comunque una bestemmia. Vizi e stravizi (ecco un vero punto in comune con Diego) ma, dopo le illusioni iniziali,  non trovò mai pace cambiando troppe casacche in pochi anni. Si fermò anche in serie A, e in due tappe distinte, col Pescara del mitico Galeone: un sognatore incallito come lui…

Blaz Sliskovic nacque a Mostar il 30 maggio del 1959 ed era un talento cristallino fin dai primi esordi nella sua martoriata terra, la Jugoslavia. Fece subito un balzo importante e suggestivo, passando dal Velez Mostar (il club della sua città) al blasonato Hajduk Spalato, club storico e famoso per la sua passionale tifoseria. In patria vinse due Coppe nazionali e soprattutto l’ambito riconoscimento di miglior calciatore jugoslavo nel 1985: Sliskovic era un superbo numero 10, in grado di sfornare colpi da trequartista e assist mai banali. Piedi sensibili ma anche micidiali in zona tiro; andava spesso in gol su punizione o dalla media e lunga distanza.


Con la nazionale olimpica jugoslava, nel lontano 1980, mise a segno una fenomenale tripletta proprio contro l’Italia olimpica, regalando spettacolo e meritandosi gli applausi di tutti. Le grandi squadre europee non potevano non prenderlo in considerazione, così Sliskovic fu acquistato dal Marsiglia nel 1986. Giocò in Francia una sola stagione, che tutto sommato non fu neanche tanto negativa: purtroppo però cominciarono ad affiorare i primi dubbi sul suo conto. Poca voglia di allenarsi, un fisico che mal sopportava gli interventi duri dei difensori transalpini e qualche incomprensione con lo staff tecnico. Correva voce che Sliskovic non riusciva a resistere alle belle donne, alle sigarette e ai boccali di birra: lui non smentì mai nessuna di queste dicerie…

Nel 1987 fu acquistato dal Pescara del presidente Pietro Scibilia su richiesta del mister Giovanni Galeone, che aveva appena riportato in A gli abruzzesi e che impazziva per i giocatori di talento. Per Sliskovic, che debuttò in uno storico Inter-Pescara 0-2 (a segno su rigore) del 13 settembre, l’impatto col nostro calcio non fu affatto traumatico: realizzò 8 reti in 23 apparizioni (capocannoniere della sua squadra) e aiutò i compagni al raggiungimento della salvezza. Assist, sudore e sacrifici per un Pescara che si classificò dodicesimo e restò in A contro ogni pronostico. Una squadra umile e compatta (ricordiamo fra gli altri il brasiliano Junior, Camplone, il portiere Gatta, Gasperini, Pagano e Bergodi) con Sliskovic che si dimostrò maturo e prezioso al tempo stesso.

Fra lo stupore generale, però, l’anno dopo non fu confermato e tornò in Francia: pare che fu lui a chiedere la cessione, forse per l’insofferenza agli allenamenti o per il troppo tatticismo del nostro calcio. Di certo Sliskovic non aveva un carattere facile, eppure tutti giurarono che il rapporto con Galeone non si era mai intaccato. Il suo trasferimento non giovò a nessuno: il Pescara tornò in serie B già nel 1989, lo slavo si smarrì fra Lens, Mulhouse e Rennes senza incidere come avrebbe potuto e voluto. Intanto gli anni passavano, il fisico non era più quelli dei vent’anni e la carriera si accorciava come una delle sue amate sigarette.


Subì anche un infortunio al ginocchio piuttosto serio e, mortificato dai suoi stessi fallimenti, Sliskovic pensò quasi al ritiro. La guerra, intanto, stava lacerando la Jugoslavia e anche un calciatore giramondo come lui non poteva rimanere insensibile. Proprio la sua amata Bosnia Erzegovina era una delle zone più martoriate ed era difficile giocare a pallone con la testa sgombra. Tuttavia cercò di tirare avanti e nel 1992 il suo vecchio amico Galeone (che più volte affermò:“Blaz è tecnicamente il miglior calciatore che ho allenato!”) si ricordò di lui: il Pescara aveva ancora bisogno di Sliskovic e forse anche il contrario. Il numero 10 accettò ma stavolta l’avventura fu disastrosa fin dall’inizio e il rendimento alquanto imbarazzante: un solo gol in appena 18 gettoni di presenza, col Pescara (nonostante Carlos Dunga, Stefano Borgonovo e Massimiliano Allegri) retrocesso in B senza attenuanti. Arrivarono i titoli di coda per Sliskovic e i suoi baffi; lasciò definitivamente l’Italia raccattando gli ultimi contratti in giro per l’Europa. Si è riscoperto, anni dopo, un buon allenatore e ha avuto la soddisfazione di allenare la nazionale bosniaca.

Lucio Iaccarino