Con la Fiorentina di Terim nel 2000 il bomber brasiliano costruì un percorso anomalo. Un inizio boom: 9 gol in due mesi! La crisi arrivò dopo, spazzando via tutti i suoi sogni

Leandro

Leandro Amaral(foto maidirecalcio.com)

Nel plotone degli stranieri arrivati in serie A moltissimi calciatori, anche quelli che si sono poi dimostrati nel tempi ottimi elementi o comunque interpreti di livello, hanno trovato difficoltà all’inizio. I primi mesi di ambientamento, gli schemi e la tattica, i nuovi compagni, la lingua: insomma ognuno ha bisogno di un periodo di apprendistato. Addirittura gli almanacchi e le cronache del passato ci raccontano di problemi seri anche per fuoriclasse assoluti come ad esempio gli juventini Platini e Zidane.

Il tempo, si sa, è sempre galantuomo e prima o poi sistema tutto… Fra i tanti stranieri poco fortunati arrivati nella nostra penisola, tuttavia, il caso del brasiliano Leandro è perlomeno curioso. Le meteore generalmente cominciano subito male la loro avventura, tanto che per loro l’apprendistato sopracitato diventa il classico alibi. Segue l’agonia finale e l’addio, magari fra le polemiche. Lui invece nel suo periodo fiorentino partì benissimo, con gol a grappoli nelle primissime apparizioni ufficiali. Un avvio promettente, quasi da capocannoniere, e poi? Il buio arrivò dopo, lasciando tutti perplessi a chiedersi il perché…

Leandro Camara do Amaral nacque nell’estate del 1977 a San Paolo del Brasile; vent’anni dopo era già un centravanti promettente nella prima divisione paulista. Giocava nel Portuguesa, un club che difficilmente poteva ambire a posizioni di riguardo ma capace di valorizzare i giovani rampolli del vivaio. Era cresciuto guardando le prodezze di Careca e per qualcuno somigliava fisicamente a Bebeto; in realtà Leandro non possedeva la tecnica del primo e neanche la rapidità del secondo. Ma si faceva rispettare negli ultimi sedici metri: abile nel farsi trovare smarcato e guizzante nel breve, lucido e preciso nelle conclusioni.


Opportunista con un’infarinatura brasiliana, Leandro segnava anche con tocchi vellutati e sapeva farsi rispettare nel gioco aereo. Quando seppe della trattativa con un club italiano, la Fiorentina, fu sorpreso ma lusingato. Trasferirsi nel campionato italiano, che all’epoca era il più ricco e famoso d’Europa, era un’opportunità che solo in pochi potevano accarezzare. Il presidente Cecchi Gori sborsò quattro miliardi e il ragazzo firmò un contratto da favola, almeno per i suoi parametri: tre miliardi netti per quattro stagioni. Leandro scelse la maglia numero 9, da poco orfana del grande Gabriel Batistuta: un macigno gigantesco da portare, ma che inizialmente non lo spaventava affatto…

In campo Leandro sembrava sonnecchiare, ma come già accennato colpiva e andava in gol proprio quando sembrava sparito dai radar visivi delle difese avversarie. Dopo 6 giornate del campionato 2000-2001 il brasiliano era già a quota 5 reti; sembrava davvero poter bruciare le tappe. Il 15 ottobre la Fiorentina debuttava fra le mura amiche e Leandro decise in pieno recupero la gara con la Reggina (2-1), poi riuscì a ripetersi con Brescia, Perugia (doppietta nonostante il ko interno, 3-4) e Bologna. Non solo; fra ottobre e novembre trovò la gioia del gol anche nelle altre competizioni ufficiali in cui erano impegnati i viola. In particolare, tre marcature fra andata e ritorno col Brescia in Coppa Italia e persino una gioia in Coppa Uefa, segnando nella gara di ritorno del primo turno contro il Tirol Innsbruck.

La Fiorentina pareggiò 2-2, ma venne eliminata dopo il ko dell’andata (1-3). Tirando le somme, Leandro segnò 9 gol in pochi mesi; un bottino notevole, soprattutto per un giovane debuttante. Il sopraggiungere del freddo, o chissà cos’altro, sentenziò il suo sorprendente (a quel punto) declino tecnico-agonistico. In serie A restò a 5 reti, giocando poco e male: la Fiorentina, che stava per avvicendare il tecnico turco Fatih Terim col giovane Roberto Mancini, preferì puntare in attacco sul duo Enrico Chiesa (22 reti)-Nuno Gomes. Per Leandro poco spazio e morale in caduta libera: l’idea di tornare in Brasile cominciò a prendere corpo e a materializzarsi nella sua mente…

Anche se ormai era ai margini della squadra, Leandro vinse con la Fiorentina la Coppa Italia 2000-2001: nelle due finali contro il Parma non scese mai in campo ma festeggiò lo stesso con Rui Costa, Toldo e gli altri compagni. Tornò in Brasile ma non trovò mai la strada e la squadra giusta, visto che il feeling con il gol s’inceppava troppo frequentemente. Leandro vestì le casacche di quasi dieci club brasiliani, molti gloriosi come Gremio, San Paolo, Palmeiras e Flamengo. Quel senso di incompiutezza e di apatia non lo abbandonò mai, trovando un pizzico di costanza soltanto nel Vasco da Gama, altra squadra di Rio de Janeiro. Tanti piccoli fallimenti, ma almeno la gioia di indossare la casacca della Seleçao: per Leandro 4 presenze e la convocazione alla Confederation Cup del 2001. Ora ha lasciato il calcio giocato, ma siamo sicuri che nella sua mente c’è ancora spazio per quell’incredibile inizio dell’avventura fiorentina. Solo l’inizio, però…

 

Lucio Iaccarino