Partenopei e milanesi sono vittime di una dicotomia forzata, nel tentativo di creare un dualismo – tecnico, tattico, filosofico – che forse non c’è. Somiglianze e differenze delle due squadre

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Icardi-Higuain

NAPOLI – Belli contro brutti, grande attacco contro grande difesa, la squadra fissa contro il turnover a oltranza. La sfida tra Napoli e Inter ha assunto i toni alati di uno scontro epico, con le due squadre a recitare il ruolo di campioni.

La stampa nostrana ci ha provato in tutti i modi: il grande attacco contro la grande difesa (ma anche il Napoli ha una grande difesa), i due bomber argentini a confronto (ma tra Higuain, 10 reti, e Icardi, 4, non c’è confronto), Sarri il sacchiano (modulo sopra tutti) contro Mancini il capelliano (giocatori che decidono), sebbene il primo abbia grandi giocatori – ed elasticità -, e il secondo cambi spesso proprio perché Non cambi formazione solamente quando hai undici fenomeni in campo”. 

La pura realtà, è che – per esserci un dualismo – dovrebbe esserci un legame, una sorta di collegamento. Napoli e Inter, invece, sembrano essere di pianeti opposti: l’allenatore operaio Sarri contro il predestinato Mancini, il tecnico in tuta contro il ciuffo, il gioco prolifico del Napoli contro il cinismo dell’Inter, la grande fase difensiva contro i grandi difensori. Il vero dualismo sembra quello tra Fiorentina e Napoli, simili per solidità, prolificità e risultati, ma profondamente diversi per stili, allenatori, e giocatori chiave.

L’Inter – più che una forza opposta – è l’altra faccia di…un’altra medaglia. I nerazzurri non splendono in fase realizzativa (solo 16 gol, meno di Chievo e Sampdoria), non hanno un grande marcatore, e – pur avendo una grande difesa – non hanno una grande fase difensiva. Non organica, almeno.

In fase di non possesso i napoletani (così come i fiorentini) vanno all’attacco del pallone, con squadra alta e pressing offensivo; i nerazzurri, invece, coprono a ridosso dell’area di rigore – intasando gli spazi per poi recuperare palla con difensori e mediani. I partenopei, insomma, fanno guerra di movimento, i nerazzurri guerra di trincea. Non è un caso che nell’Inter i migliori – se non Handanovic – siano spesso i due centrali di difesa, o Medel; e non è un caso che nel Napoli Koulibaly e Albiol siano poco in evidenza, a dispetto dell’ottima stagione difensiva.

Se in difesa le due strade hanno portato a risultati simili, in attacco la sperequazione è enorme: l’Inter ha mandato a segno più giocatori (10 contro 6), ma i partenopei hanno fatto 8 gol in più, realizzando due o più reti 8 volte su 13 (l’Inter solo 2).

Il Napoli è una squadra definita (4-3-3: Reina; Hysaj, Albiol, Koulibaly, Ghoulam; Allan, Jorginho, Hamsik; Callejon, Higuain, Insigne), Mancini ha alternato 4-3-3, 4-2-3-1, 4-4-2 e 3-5-2, e non ha mai schierato la stessa squadra per due partite consecutive.

Insomma, i partenopei hanno una squadra compiuta, giocano un calcio più gradevole, difendono meglio e segnano di più. Com’è possibile che l’Inter sia avanti, allora? A dispetto dell’ottimo gioco di Napoli e Fiorentina, a dispetto della maggior qualità di Roma e Juve, i nerazzurri sono ancora avanti, e non sembrano voler scendere. La squadra di Mancini viene vista ancora indietro, pronta a crollare da un momento all’altro. Ma il momento, a un terzo del campionato, non è ancora arrivato.

“La struttura alare del calabrone, in relazione al suo peso, non è adatta al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso”. I nerazzurri non avranno l’eleganza di un cigno, né la capacità alare di un albatro, ed è difficile immaginarli in alto insieme alle aquile. Tuttavia, gli interisti volano bene – e volano da un bel po’. Basterà, contro il Napoli?

Di Angelo A. Pisani