Gennaro Gattuso parla del suo addio al Milan e dà un giudizio su Antonio Conte.

Gennaro Gattuso
Gennaro Gattuso (foto dalla rete)

Guerriero dentro il campo, guerriero fuori dal campo, guerriero sempre. Ivan Gennaro Gattuso, che ora è in Svizzera a godersi i panorami del Canton Vallese, ha ancora il cuore a Milano. E difficilmente potrebbe non essere così, visti i gloriosi anni passati all’ombra del Duomo. Ciò non toglie che possa capitare di togliersi qualche “allegro” sassolino dalla scarpa, in un’intervista proprio al giornale sportivo per eccellenza di Milano, la Gazzetta Dello Sport. Le critiche verso Mr.

Max Allegri, non sono neanche tanto nascoste tra le righe, mentre ha parole al miele per il dottor Galliani: “L’addio al Milan? Prima rompevano perché non andavamo mai via, adesso si lamentano perché ce ne siamo andati. Io ho un rapporto eccezionale con Galliani, la società voleva trattenermi ma se chi comanda lo spogliatoio la pensa diversamente diventa difficile. Se io e Nesta abbiamo fatto questa scelta è perché sentivamo che non eravamo voluti da Allegri.


Ma senza polemica: ho un buon rapporto con Max, però mi sento ancora un giocatore. Thiago e Ibra via? Per come sono fatto io farei fatica a dormire la notte: un discorso è preparare la squadra con uno dei più forti difensori al mondo e con un attaccante in Serie A che vince da solo 10 partite, un altro è non averli. Con Ibra e Thiago si poteva lottare per lo scudetto, senza si fa più fatica. Non ci vuole Gattuso né Einstein per dirlo. Ma conoscendo Galliani credo che tirerà fuori qualcosa dal cilindro. Per l’ennesima volta farà Copperfield”.

Certo, lottare per il primato in campionato, sarà impresa ardua e, senza una dedizione ossessiva al lavoro, lontano non si arriva. E questo Gattuso lo sa bene: “Al Milan consiglio di lottare fino alla fine e imitare la Juve dell’anno scorso, una squadra costruita su due grandi campioni, Pirlo e Buffon, e gli altri tutti a vomitare per la fatica. Si vede che Conte è un malato di calcio. Quando giocavamo contro tutti parlavano di Davids, ma lui macinava kilometri e non mollava mai. Era un gatto attaccato ai maroni, come si dice dalle mie parti”.
Mariano Fioretto