La Finale di Champions League del 1999 è un pezzo di Storia del calcio. Per il Bayern Monaco un brutto ricordo, per il Manchester United l’inizio di un’era che forse giunge a termine.

Manchester United vs Bayern Monaco 2-1 (foto soomaalidamaanta.com)

Manchester United vs Bayern Monaco 2-1 (foto soomaalidamaanta.com)

Quando rincasai ed in tutta fretta accesi la TV la sera del 26 di Maggio del 1999, il risultato era già di 1-0. Proprio in quel momento stavano dando la ripetizione della velenosa punizione calciata in gol da Mario Basler. Era il minuto 6’ e pensai che potevo essermi perso la diretta del gol più importante dell’anno. Mi sbagliavo molto…

La Finale di UEFA Champions League del 1999 venne giocata allo Stadio “Giuseppe Meazza” di Milano e la coppa se la disputarono Bayern Monaco e Manchester United. Entrambe le squadre erano state vice-campioni nazionali l’anno precedente ed entrambe avevano già vinto il campionato nazionale in corso. Durante la Champions League, dopo un preliminare facile, si erano ritrovate insieme nel Gruppo D, eliminando Barcellona e Brondby. Gli scontri diretti erano finiti in parità: 2-2 l’andata all’Olympiastadion di Monaco e 1-1 il ritorno ad Old Trafford.

Per giungere a San Siro, i tedeschi avevano poi strapazzato il Kaiserslautern di Otto Rehhagel, mentre avevan fatto molta fatica ad aver la meglio sulla Dynamo Kiev di Shevchenko. I “Red Devils”, invece, erano stati giustizieri delle italiane, passando come un rullo prima sull’Inter e poi sulla Juventus. Era il Bayern di Ottmar Hitzfeld, con in campo Oliver Kahn, Lothar Matthaus e Stefan Effenberg. Era già la piena gioventù del ManU di Alex Ferguson, dei “Calipso Boys” Cole & Yorke, dei gemelli Neville, di Beckham e di Ryan Giggs, allora sfrecciante venticinquenne.

In un “Meazza” pieno in ogni ordine di posti, i tedeschi scesero in campo con: Kahn; Matthaus; Babbel, Linke, Kuffour, Tarnat; Jeremies, Effenberg; Basler, Jancker, Zickler. Il Manchester aveva problemi di formazione, dovendo rinunciare agli squalificati Roy Keane (che era il capitano) e Paul Scholes, presentandosi quindi con: Schmeichel; G. Neville, Stam, Johnsen, Irwin; Giggs, Beckham, Butt, Blomqvist; Cole, Yorke.
L’1-0 dopo soli cinque minuti scombussolava i piani di un Ferguson che durante l’intero match sembrò impotente, incapace di cambiare la dinamica di una partita per cui aveva lavorato durante tredici anni. Il Bayern Monaco, forte del vantaggio, aveva immediatamente abbassato il baricentro, lasciando agli avversari il possesso palla ma non gli spazi per far male. E, quando gli spazi si erano aperti, ci aveva pensato il portiere Kahn a sventare le minacce di Giggs, Beckham e compagni.

Per la coppia d’attacco più temuta d’Europa, quella composta da Andy Cole e Dwight Yorke, fu una brutta serata, anche perché invece dei cross di David Beckham – spostato al centro per sostituire Scholes – ricevevano quelli molto meno calibrati di Jesper Blomqvist, uno che avevamo già visto far danni al Milan e che si era ritrovato a giocare una Finale di Champions League senza sapere neanche lui come. Il manager scozzese nel secondo tempo aveva mandato in campo i due attaccanti di riserva, Teddy Sheringham prima e Ole Gunnar Solskjaer dopo, ma sembrava davvero non ci fosse niente da fare, che la Coppa Campioni sarebbe tornata in Baviera dopo quasi mezzo secolo, alzata al cielo da un Lothar Matthaus, che già celebrava uscendo dal campo all’80’.

Invece il calcio è strano. Il Bayern ebbe l’occasione di chiudere il conto a cinque minuti dal termine, ma la rovesciata del gigante Carsten Jancker si stampò sulla traversa. Nessuno sapeva che stava per verificarsi l’inconcepibile. Neanche quando i 90’ regolamentari si esaurirono e Fiorenzo Treossi, assistente dell’arbitro Collina, alzò il cartellone luminoso segnalando tre minuti di recupero.


In quegli agonici ultimi tre minuti, due calci d’angolo di Beckham permisero prima al vecchio Sheringham e poi al giovane Solskjaer di ribaltare il risultato, consegnando al Manchester United la sua seconda Coppa Campioni e ad Alex Ferguson il titolo di “Sir” con cui oggi lo conosciamo. Negli occhi restano anche le immagini della disperazione dei calciatori del Bayern Monaco, il pianto inconsolabile di Samuel Kuffour prima ancora che Collina fischiasse la fine, la delusione di un Matthaus che quella sera giocò la sua ultima gara ufficiale nelle coppe europee, la rabbia impotente di Kahn.
Mercoledi sera le due contendenti si ritroveranno. Di quella notte milanese di quasi quindici anni fa è rimasto solo Ryan Giggs, ancora protagonista in campo. Sarà probabilmente lui a spiegare ai suoi giovani compagni di squadra, da tutti dati per spacciati in comparazione al Bayern vincitore di tutto, che “impossibile is nothing”.

 

Mario Cipriano