Accolto come un “Gobbo di m…”, l’allenatore portoghese ha impiegato pochissimo tempo per far ricredere tutti, compresi i più scettici.
La travagliata vicenda Salah, l’allontanamento di Montella, l’assurda vicenda di Milinkovic-Savic. Paulo Sousa è arrivato in una Fiorentina in completa confusione, e l’ha trasformata nella miglior squadra di questo avvio di serie A.
Fin dalla conferenza stampa di presentazione l’allenatore portoghese si è comportato con intelligenza e sagacia, riuscendo a cementare un ambiente che non lo aveva accolto benissimo. Sousa ha subito messo l’accento sulle somiglianze – l’amicizia con Rui Costa, la passione per Tabucchi – rispetto alle differenze: “Sono un ex giocatore della Juve, ma l’ho anche battuta in finale”.
In un ambiente depresso dalle tante partenze, l’allenatore viola ha subito mostrato ambizione, citando sia il passato prossimo (“Apprezzo Montella per la sua idea di imporre il proprio gioco; credo più a imporre che a subire”) che quello remoto (“Spero di portare le stesse gioie portate da Rui Costa. Anche qualcosa in più”).
La campagna acquisti – a livello di nomi – non è stata esaltante: Sepe, Astori, Błaszczykowski e Kalinic per Neto, Savic, Salah e Mario Gomez. Alle tante partenze (Pizarro, Aquilani, Vargas, Richards, Kurtic, Lazzari, El Hamdaoui, Diamanti, Gilardino, Rosi) si è aggiunto il solo Gilberto, accompagnato dai ritorni di Vecino e Roncaglia. Se la rosa era parsa ridimensionata, la realtà dei fatti parla di una Fiorentina forte, solida, compiuta.
Sin dalle prime uscite i giocatori viola sono parsi dentro agli schemi di Sousa, e – dopo una tournée trionfale – la squadra ha iniziato a volare anche nelle partite che contano.
Il 3-4-2-1 messo in campo dai viola ha creato uno scossone tattico paragonabile all’introduzione del 3-5-2 di Conte, il modulo che ha influenzato gli ultimi 4 anni del calcio nostrano. Per di più, l’impianto tattico di Sousa sembra molto più europeo, sia nella fluidità che nelle caratteristiche tecniche dei giocatori. A seconda della situazione la Fiorentina può passare al 4-2-3-1 e al 4-3-3, fino a chiudersi col 4-1-4-1; in campo ci sono costantemente 3 giocatori offensivi (Bernardeschi, Ilicic, Kalinic) e un regista avanzato (Borja Valero), con un mediano capace di verticalizzare (Badelj) e due esterni (Marcos Alonso e Błaszczykowski) sempre molto alti.
In fase difensiva la squadra passa al 4-4-2 con grande disinvoltura. A differenza del 3-5-2, lo scivolamento dell’esterno offensivo è solo in funzione del riposizionamento a 4, e non all’inseguimento dell’esterno. Durante il possesso avversario indietreggia solo l’esterno sinistro, mentre il centrale di destra si allarga in posizione di terzino. L’esterno destro affronta l’avversario in posizione avanzata, in linea coi due centrocampisti centrali e il trequartista sinistro.
Sia col possesso a destra (vs. Milan) che col possesso a sinistra (vs. Atalanta) è Marcos Alonso a scivolare in difesa, mentre Bernardeschi si mette in linea coi centrocampisti. Si formano due linee di 4 molto corte, con Ilicic e Kalinic restano avanzatissimi per la verticalizzazione. Da notare come (nella seconda immagine) Borja, Badelj e Gonzalo stiano controllando la posizione dei compagni, anziché il pallone.
In Serie A la cavalcata della squadra viola è iniziata con la bellissima vittoria contro il Milan, in una gara che – in 90 minuti – ha mostrato a tutti l’eccezionalità dello stile di gioco di Sousa. La gara è passata per un crocevia fondamentale: la doppia ammonizione di Ely e – poco dopo – il gol su punizione di Marcos Alonso. Due eventi episodici solo all’apparenza.

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Sul retropassaggio Kalinic va subito in pressione, costringendo il portiere ad un rilancio affrettato: palla recuperata dalla difesa e subito girata a Badelj, che verticalizza immediatamente per Kalinic. L’attaccante si infila tra i due centrali difensivi del Milan inducendo Ely al fallo. In questi 20 magnifici secondi la Fiorentina ha recuperato palla, guadagnato punizione dal limite, e costretto al giallo uno dei due centrali.
Andando ad analizzare vecchi video del Sousa giocatore, si nota sin da subito la sua tensione alla verticalità. Nelle sue compilation su youtube non si trovano gol o tackle scivolati, ma una lunga serie di verticalizzazioni a due tocchi, capaci di trovare sempre l’inserimento dell’attaccante. Gli stessi principi di gioco sono richiesti a Badelj e Borja, con ottimi risultati.
Appena recuperata palla la Fiorentina cerca subito l’imbeccata in verticale, sia a campo aperto che nello stretto. Il singolare modulo messo in campo dai viola è scelto proprio per avere costantemente la superiorità numerica in mezzo al campo. La costruzione di gioco è sempre molto elaborata, e difficile da leggere: ad inizio azione i due trequartisti alle spalle di Kalinic partono larghi, in modo da tenere bassi i terzini e permettere la ricezione ai due esterni. Una volta consolidato il possesso sulla fascia i due si accentrano, in modo da “distrarre” i centrali di centrocampo, che devono decidere se indietreggiare o lasciare il 3 contro 4 in difesa.
In questo modo i giocatori hanno sempre due, tre opzioni di passaggio, e spazio sulla fascia per tentare l’affondo. In una situazione di gioco simile, nella gara col Milan, è arrivata l’espulsione di Ely , che ha spianato la strada per la vittoria.

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Da lì a poco arriverà il gol di Marcos Alonso, e – successivamente – le 6 vittorie in 7 gare. Sebbene il primo posto in classifica della Fiorentina sia una notizia, non lo è il modo in cui ci è arrivata. La squadra di Sousa ha mostrato sin da subito un’organizzazione fuori dal comune, al servizio di idee intelligenti e innovative. Se ciò sia destinato a durare o no, dipenderà tutto dai viola.
Angelo A. Pisani (twitter @angeloapisani)