L’ex terzino Alessandro Birindelli ripercorre le tappe della sua carriera. Attualmente sta seguendo il corso da allenatore.

Alessandro Birindelli

Alessandro Birindelli

Empoli è stato il trampolino di lancio che lo ha portato a vestire per 11 anni la maglia della Juventus; l’ultima stagione a Pisa ha lasciato alcuni rimpianti. Alessandro Birindelli ha il patentino da direttore sportivo e da allenatore Uefa A (che consente di allenare fino alla Lega Pro), ora sta seguendo il corso per raggiungere l’ultimo gradino: allenare anche in serie B ed in A. Dopo le esperienze come vice allenatore in Zambia e in Romania (nella Dinamo Bucarest), allenatore nel settore giovanile del Pisa (categoria Esordienti) e aver ricoperto la carica di responsabile del settore giovanile del Trapani, Birindelli aspetta l’occasione giusta per sedersi in panchina.

Allora Alessandro, raccontaci di quando hai iniziato a giocare a calcio.
Ho iniziato all’età di 8 anni in provincia di Pisa, nel San Frediano; dopo due anni e mezzo sono passato al settore giovanile dell’Empoli. Ero un pendolare, per allenarmi facevo sacrifici, ogni giorno erano 45 minuti di treno all’andata e altri 45 al ritorno, la sera; questo per tutta la trafila delle giovanili. Inizialmente giocavo ala destra perché ero molto veloce e avevo un buon calcio, poi, all’età di 16 anni, Ettore Donati mi ha reinventato terzino e quello è diventato il mio ruolo”.

Hai fatto parte del settore giovanile dell’Empoli, un’eccellenza del panorama italiano.
Non posso fare altro che confermare gli ottimi giudizi sul settore giovanile biancazzurro. Ad Empoli ho passato anni fantastici, tra i miei compagni c’erano giocatori come Montella, Di Francesco, Di Natale, Galante, Martusciello, Pane, Esposito; Empoli è una fucina di talenti, negli ultimi anni ha rafforzato la sua posizione nel panorama giovanile italiano”.

Nel dicembre 2013 eri allenatore degli Esordienti del Pisa e sei stato protagonista di un gesto di fair play che ha avuto grande risonanza mediatica…
Sì, è successo che un mio giocatore è scivolato e l’attaccante della squadra avversaria ne ha approfittato per fare gol. Dalla tribuna un genitore ha iniziato ad inveire contro l’autore dell’errore, il nonno del ragazzo ha reagito e ne è nato un diverbio, non un bello spettacolo. Mi sono girato, ho visto i ragazzi scossi, alcuni in lacrime e mi sono sentito in dovere di intervenire: sono andato dall’arbitro e ho detto che per la mia squadra la partita era finita lì. Mi sono diretto verso la tribuna e ho invitato i battibeccanti a riflettere sul proprio comportamento, di certo non edificante per i ragazzi. Poi sono entrato negli spogliatoi, ho chiesto scusa alla squadra avversaria e ho dato spiegazioni anche ai miei ragazzi. Il giorno successivo ho invitato tutti a pranzo e fu una grande occasione per confrontarsi e chiarirsi; episodio chiuso, da lì alla fine della stagione c’è stata grande serenità e partecipazione da parte di tutti”.

Lo scorso anno sei stato il responsabile del settore giovanile del Trapani: che esperienza è stata?
E’ stata un’esperienza fantastica in una regione che conoscevo poco, ma ha grandi potenzialità, anche dal punto di vista umano. Ho lavorato molto sul territorio, avevamo 25 ragazzi che alloggiavano in un convitto, c’erano alcune difficoltà e un grande lavoro logistico. Come settore giovanile avevamo Primavera, Allievi Nazionali, Giovanissimi Nazionali, Giovanissimi Regionali e Giovanissimi Sperimentali. Lo scorso anno, per la prima volta nella storia del Trapani, abbiamo deciso di fare il girone A, quello che comprende Juventus, Torino etc per farti capire…quindi dovevamo organizzare trasferte molto impegnative. Sicuramente è stata anche un’esperienza molto utile perché mi ha insegnato un altro mestiere: conoscere le dinamiche di una società di calcio a 360° è importante”.

Non è da tutti indossare per 11 anni la maglia bianconera: cosa vuol dire giocare nella Juve?
“Per giocare nella Juve devi avere grandi valori, sotto tutti gli aspetti. Ringrazio la mia famiglia e l’Empoli perché ho avuto la fortuna di incontrare dei grandi maestri, non solo di calcio, ma di vita; mi hanno insegnato tutto, il rispetto, l’educazione, la disciplina. Giocare nella squadra per cui ho sempre tifato è stato un sogno. Nella Juve il gruppo è più importante dei singoli; il gruppo, sia a livello di squadra, che di società e di staff tecnico, era solido ed era alla base dei nostri successi”.

Il momento più bello della tua carriera da calciatore.
“La stagione 2002/2003 mi ha visto grande protagonista: abbiamo conquistato lo scudetto e raggiunto la finale di Champions; in quell’edizione della Champions League segnai contro il Deportivo e feci l’assist a Zalayeta in occasione del gol del 2-1 al Camp Nou contro il Barcellona. A livello personale c’è stata anche la soddisfazione di vestire la maglia azzurra (6 presenze in totale), per me è stato il massimo”.

Champions League 2002/2003, La Coruna, Juve sotto 2 a 0, Davids allarga sulla sinistra per Birindelli…e pochi secondi dopo Montero ha le mani nei capelli.
(ride) Ho tirato dai 25 metri, traiettoria fantastica e pallone che colpisce la parte inferiore della traversa e termina in rete. Ci ho provato, mi è andata bene! Oltretutto il gol è stato inserito tra i 50 gol più belli della Champions League, sono dei bei ricordi, non solo per me, ma anche per amici e tifosi che incontro.

La più grande delusione sportiva?
Ho avuto una lunga carriera ed è normale che, oltre a tanti bei momenti, ci siano state delle delusioni. I miei sogni da bambino erano vestire la maglia della Juventus e del Pisa, squadra della mia città: dopo l’esperienza in bianconero sono approdato al Pisa. La stagione si concluse con la retrocessione e fu un evento che mi turbò non poco; anche i tifosi furono molto critici nei miei confronti, ero tra i giocatori più rappresentativi e mi vennero additate molte colpe, diciamo che non furono bei momenti. Citerei anche la finale di Manchester, persa ai rigori contro il Milan. E rimasi molto male anche quando Ranieri non mi fece entrare in campo nell’ultima giornata di campionato, era la mia ultima stagione in bianconero…”.


Con la Juve hai vinto, da vice-capitano, anche il campionato di serie B: che ricordo hai di quella stagione?
“E’ stato un anno difficile e allo stesso tempo entusiasmante perché siamo riusciti subito a tornare in serie A. Il campionato di serie B è tosto, fu un’esperienza nuova per molti giocatori, abituati ad altri palcoscenici…”.

L’allenatore a cui sei più legato?
“Sicuramente Ettore Donati, che mi ha accompagnato nella mia crescita. Ed anche a Marcello Lippi e Luciano Spalletti”.

A proposito: sulla panchina della Roma è tornato Spalletti, un tecnico che tu conosci bene. Pensi che sia l’uomo giusto per risollevare i giallorossi?
“Penso proprio di sì. Conosce molto bene l’ambiente, ha grande personalità, farà bene”.

Quali squadre possono ambire al tricolore?
“Secondo me Juventus, Inter e Napoli se la giocheranno fino alla fine”.

In Lega Pro il Pisa di Gattuso, rinforzato dal mercato invernale e dall’ingresso di un nuovo socio, punta alla serie B: cosa pensi del campionato dei nerazzurri?
“Stanno disputando un gran campionato. Sono usciti alla grande anche quando hanno attraversato alcuni momenti di difficoltà, si sono rafforzati con i nuovi acquisti e sono una seria pretendente per la vittoria del campionato. Gattuso sta facendo benissimo, ma me l’aspettavo; è un tipo sanguigno e al pubblico di Pisa piace la gente così”.

Hai altri hobby, interessi oltre al calcio?
“Mi piace molto leggere, informarmi e restare aggiornato sul mondo sportivo, ambito del mio lavoro”.

Ti manca il calcio giocato?
“Gioco spesso con i miei amici, ma devo dire che mi sono “staccato” abbastanza bene”.

Progetti futuri?
“Finisco il corso da allenatore e poi spero di trovare l’opportunità giusta. Mi trovo a mio agio in campo, voglio intraprendere la carriera da allenatore; è difficile, ma sono sicuro delle mie qualità e potenzialità. Non mi sbilancio sulla categoria, guardo il progetto e la programmazione di una società”.

Ultima domanda: chi è il nuovo Birindelli?
Bella domanda (ride). Non so, ma posso dirti che ci sono molti giovani che meritano: faccio il nome di Rugani, ragazzo serio, viene dall’Empoli e ora gioca nella Juventus…”.

Alessandro Marone