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  04/05/2011 - Il grande Torino: dalla storia alla leggenda

Sono trascorsi ben 62 anni da quel pomeriggio nel quale si interruppe la storia di una grande squadra

4 maggio 1949 - 4 maggio 2011: sono ormai trascorsi ben 62 anni da quel triste e uggioso pomeriggio di un'ormai avanzata primavera nel quale la storia del Grande Torino si interruppe bruscamente, e da storia diventò Leggenda. Un breve attimo, l'impatto, il boato: alle 17.05 il tempo era pessimo con nuvole basse e pioggia battente. Dopo l'ultimo contatto con la stazione radio, forse a causa del maltempo o di un guasto all'altimetro, l'aereo si schiantò contro la Basilica di Superga, avvolta in una fitta nebbia. Lo sgomento fu enorme ed il compito più triste di tutti toccò a Vittorio Pozzo, che dovette procedere al riconoscimento delle salme dei suoi ragazzi.

Nella tragedia di Superga perirono trentuno persone fra atleti, dirigenti, giornalisti e membri dell'equipaggio. Nell'incidente persero la vita: i giocatori Valerio Bacigalupo, Aldo Ballarin, Dino Ballarin, Emile Bongiorni, Eusebio Castigliano, Rubens Fadini, Guglielmo Gabetto, Ruggero Grava, Giuseppe Grezar, Ezio Loik, Virgilio Maroso, Danilo Martelli, Valentino Mazzola, Romeo Menti, Piero Operto, Franco Ossola, Mario Rigamonti, Giulio Schubert e gli allenatori Egri Erbstein, Leslie Levesley, il massaggiatore Ottavio Cortina con i dirigenti Arnaldo Agnisetta, Andrea Bonaiuti ed Ippolito Civalleri. Morirono inoltre tre dei migliori giornalisti sportivi italiani: Renato Casalbore (fondatore di Tuttosport), Renato Tosatti (Gazzetta del Popolo) e Luigi Cavallero (La Stampa) ed i membri dell'equipaggio Pierluigi Meroni, Celeste D'Inca, Celeste Biancardi e Antonio Pangrazi.

La Storia, quella con la "S" maiuscola ebbe inizio dieci anni prima, con l'arrivo al timone della società granata di Ferruccio Novo, che acquisì il Torino dall'ingegnere Cuniberti. Si trattò di una vera e propria svolta per la società granata; Ferruccio Novo, grazie alle sue doti di mecenate ed attento amministratore e con l'aiuto di validi elementi quali Janni, Ellena e Sperone, riuscì a costruire la squadra nota a tutti come "Grande Torino", ancor oggi inimitabile.
La prima dell'era "Novo" fu una stagione di studio. Arrivarono il difensore Piacentini ed il centravanti Franco Ossola: il Varese lo lasciò partire per ben 55.000 lire, cifra rilevante per il mercato dell'epoca. Nel campionato 1940/41 il Torino fu settimo, con l'allenatore austriaco Tony Cargnelli. Bologna ancora Campione d'Italia, mentre capocannoniere granata si laureò subito Ossola con 15 reti in 22 partite.
Nell'estate '41 il presidente acquistò Menti II dalla Fiorentina, Ferraris II dall'Inter e tre giocatori dalla Juventus: Bodoira, Borel e Guglielmo Gabetto, detto "Il Barone". Nella stagione 1941/42 il Torino di Andrea Kutik si piazzò secondo, a tre punti dalla Roma, pur potendo vantare il miglior attacco del torneo con 60 reti segnate.
Ma Novo non era ancora soddisfatto. Per il campionato 1942/43 ingaggiò Loik e Mazzola dal Venezia, Grezar dalla Triestina e affidò la direzione tecnica della prima squadra a Janni, che sostituì Kutik. I granata partirono male subendo due sconfitte consecutive contro l'Ambrosiana ed il Livorno, ma nel derby della terza giornata batterono 5-2 la Juve. Il torneo fu un lungo testa a testa tra Torino e Livorno, risolto solo all'ultima giornata, grazie al gol decisivo di Valentino Mazzola che andò a segno contro il Bari: Torino 44 punti, Livorno 43.
Dopo 15 anni il Torino vinse di nuovo lo scudetto, il primo dei cinque consecutivi. Nella stagione 1942/43 il Toro si aggiudicò anche la seconda Coppa Italia con un record senza precedenti: 5 vittorie su 5 partite contro Anconetana, Atalanta, Milan, Roma e Venezia, 20 reti fatte e 0 subite.
A causa della seconda guerra mondiale il campionato del 1944 venne diviso in due gironi: i bombardamenti rendevano difficile lo spostamento delle squadre. Il Torino assunse il nome Torino-Fiat e schierò anche Silvio Piola al fianco di Mazzola e Gabetto. Lo scudetto di guerra lo vinse, a sorpresa, il 42° Reggimento dei Vigili del Fuoco di La Spezia, in finale contro il Torino, sconfitto 2-1.

Il campionato cercò di tornare lentamente alla normalità a partire dalla stagione 1945/46: il torneo, tornato su scala nazionale, prevedeva ancora una prima fase territoriale, figlia delle difficoltà logistiche che ancora la facevano da padrone in Italia. I granata trionfarono ampiamente nel girone eliminatorio e andarono poi a conquistare lo scudetto battendo la Juventus nello scontro diretto alla penultima giornata e cucendosi definitivamente al petto il tricolore negli ultimi novanta minuti, quando rifilarono nove reti al Livorno, mentre i cugini bianconeri non andarono oltre il pari a Napoli. E' il secondo scudetto dell'era Novo, il terzo della storia del Toro.
Ancora più roboante il successo nella stagione successiva, quella del 1946/47: i granata partirono bene e terminarono meglio. Se fino a metà campionato i giochi rimasero aperti, non così avvenne nella seconda parte del torneo, quando Mazzola e compagni inanellarono una striscia di sedici risultati utili consecutivi (di cui 14 vittorie) e si aggiudicarono così nuovamente lo scudetto. Il Torino era una squadra che giocava bene, divertiva e faceva sognare. L'attacco quell'anno risultò stellare: 104 reti segnate, quasi tre gol a partita di media, e Mazzola che a fine anno conquistò la palma di capocannoniere.

Quello della stagione 1947/48 fu non solo il miglior Toro di tutti i tempi, ma anche una delle più forti squadre di sempre. La classifica dei bomber fu vinta da Boniperti con 27 reti, Mazzola ne segnò 25 e Gabetto 23. Questi i primati stabiliti dai granata nella stagione 1947/48: massimo punteggio in classifica, 65 punti in 40 gare; massimo vantaggio sulle seconde classificate, 16 punti a Milan, Juve e Triestina; vittoria in casa più netta, 10-0 all'Alessandria; 29 vittorie complessive su 40 partite giocate; maggior sequenza di gare utili, 21 partite senza mai perdere, dalla ventesima alla quarantunesima, con 17 vittorie e 4 pareggi; maggior numero di punti in casa, 39 su 40; 19 partite vinte su 20 al Filadelfia; maggior numero di reti segnate, ben 125; minor numero di reti subite, solo 33.

Per il campionato 1948/49 il Torino si affidò al nuovo allenatore inglese Leslie Lievesley. Si trattò di un torneo combattuto, Inter e Milan principali avversarie dei campioni d'Italia. Il Torino terminò il girone d'andata in testa alla classifica a pari merito con il Genoa. Il 30 aprile a S. Siro il Torino, in vantaggio di quattro punti nel campionato, pareggiò (0-0) con l'Inter, ponendo un'ipoteca decisiva per la conquista dell'ennesimo scudetto. Poi la squadra si fermò a Milano: i granata erano attesi martedì 3 maggio da una gara amichevole a Lisbona contro il Benfica.
La sequenza trionfale del Grande Torino si interruppe tragicamente il 4 maggio 1949 alle ore 17,05. I giocatori del Torino tornavano a casa da una trasferta a Lisbona per una partita contro il Benefica, concordata tra i due capitani delle squadre.
Mazzola e Ferreira si erano conosciuti in occasione della gara tra Italia e Portogallo giocata a Genova. Ferreira chiese a Capitan Valentino di disputare con un'amichevole contro il Torino in occasione del suo addio al calcio. Mazzola si disse d'accordo e l'intesa fu presto raggiunta. L'incontro fu fissato per martedì 3 maggio 1949 ed il Torino ottenne dalla Federazione il permesso di anticipare al 30 aprile la sfida con l'Inter. La gara contro il Benfica fu una vera amichevole, la formazione granata sconfitta 4-3 con grandi applausi al capitan Ferreira che abbandonava il calcio, in uno stadio gremito da quarantamila persone. Di ritorno da Lisbona, la tragedia. Nessuno si salvò.
Due giorni dopo l'intera città di Torino si strinse intorno alla squadra, vero simbolo di un'epoca. Una lunga, ininterrotta processione rese omaggio alle bare allineate a Palazzo Madama e mezzo milione di persone partecipò ai funerali il 6 maggio 1949.
Erano presenti alle esequie rappresentanze di tutte le squadre italiane e di molte squadre straniere, un giovane Andreotti in nome del governo ed il Presidente della Federazione Gioco Calcio, Ottorino Barassi, che fece l'appello della squadra come dovesse scendere in campo. Scrisse Indro Montanelli: "Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto in trasferta."
Di quella grande squadra si salvarono solo tre giocatori che per svariati motivi non parteciparono alla trasferta portoghese: il secondo portiere Renato Gandolfi che cedette il posto a Dino Ballarin, Sauro Tomà infortunato al ginocchio e Luigi Gandolfi, un giovane del vivaio granata. Si salvarono anche Ferruccio Novo, alle prese con una brutta broncopolmonite, ed il grande telecronista Nicolò Carosio che rimase a casa per la cresima del figlio.
La stagione 1948/49 fu portata a termine dalla formazione giovanile del Torino, che disputò le restanti quattro gare contro le formazioni giovanili delle altre squadre. Il Torino vinse tutte le rimanenti partite, chiudendo il campionato 1948/49 con 60 punti, cinque di vantaggio sull'Inter, seconda in classifica. Ma fu un trionfo amaro, segnato dall'indelebile ricordo della tragedia.

Il 26 maggio 1949 venne organizzata allo stadio Comunale una partita il cui incasso era destinato ai familiari delle vittime. Contro il grande River Plate si schierò il Torino Simbolo, un gruppo di undici fuoriclasse prestati da tutte le squadre, che indossarono la maglia granata. Per il Toro giocarono Sentimenti IV, Manente, Furiassi, Annovazzi, Giovannini, Achilli, Nyers, Boniperti, Nordhal, Hansen, Ferrari II, Lorenzi, mentre stella degli argentini era Di Stefano. In un Comunale al limite della capienza la partita-spettacolo terminò 2-2.


(fonte www.torinofc.it)