L’Atlético Madrid è in Finale di Coppa Campioni, 40 anni dopo l’unico precedente. Sfiderà il Real Madrid in un derby anomalo. Curiosità ed intrecci di un club speciale, che va verso il punto più alto della sua appassionante storia.

L'Atletico Madrid festeggia il passaggio alla Finale  (foto www.elpais.com)

L’Atletico Madrid festeggia il passaggio alla Finale (foto www.elpais.com)

Diego Pablo Simeone tre anni fa di questi tempi allenava il Catania. Eran giorni in cui il suo Atlético Madrid – perché sempre è stato “suo” – lottava col coltello tra i denti per raggiungere un settimo posto che sarebbe valso una qualificazione europea che sapeva di poco. Non se la passava bene la seconda squadra della capitale spagnola: nel 2010 aveva vinto l’Europa League e la Supercoppa Europea, riaprendo una bacheca che prendeva polvere da quasi quindici anni.
L’ultima volta che l’Atleti aveva festeggiato un titolo era stato nel 1996, “el año del doblete”, come viene comunemente ricordata quella stagione in cui la squadra guidata dall’allenatore serbo Radomir Antic vinse la Liga e la Copa del Rey. Un anno coronato dal Real Madrid che resta fuori dalle coppe e viene battuto in entrambi i derby stagionali.  Ma anche un anno a partire dal quale tutto sarebbe cambiato: i biancorossi, come detto, avrebbero dovuto aspettare quasi un decennio e mezzo per tornare a gioire, diciassette anni per prevalere in una stracittadina, passando addirittura per la Serie B; i blancos, invece, da allora non sarebbero mancati più all’appuntamento con l’Europa, affollando le loro già ricche vetrine con sei nuovi titoli di Liga e ben tre Champions League.


Tra i condottieri di quell’ultimo Atlético Madrid campione, spiccava la figura di Diego Pablo Simeone. Il “Cholo” era il cuore di una squadra profondamente simile a quella che quest’anno sta rinverdendo gli antichi fasti. Un calciatore completo, che con la stessa voglia e la stessa qualità pressava i portatori di palla avversari come si proponeva a concludere a rete segnando spesso reti decisive, inclusa quella decisiva per la conquista di una Liga che mancava dal 1977.

L’anno successivo lasciò Madrid, dopo tre stagioni molto intense, per trasferirsi a Milano prima ed a Roma poi, prima di tornare nel 2003 e chiudere la carriera in Argentina nel 2005. Il rapporto tra Simeone ed il “suo” Atléti è talmente forte che spesso ci si dimentica che a Madrid il “Cholo” ha giocato solamente cinque anni. Quello che unisce il club al suo attuale allenatore è il carattere: sia l’Atléti che Simeone hanno origini umili, entrambi giocano col cuore, sanno soffrire, amano soffrire, son fedeli nella buona e nella cattiva sorte. È perciò che, nonostante sia passato anche per Vélez Sarsfield, Pisa, Siviglia, Inter, Lazione, Racing Avellaneda, Estudiantes, River Plate, San Lorenzo e Catania, Simeone considera l’Atlético Madrid casa sua.

Un’altra icona “colchonera” è Luís Aragonés. Se n’è andato tre mesi fa e non rivedrà il suo club in Finale di Coppa Campioni. Era lui la stella di quella squadra che nel 1974 sfidò il Bayern Monaco di Backembauer e Gerd Muller a Bruxelles. Finì 1-1, gol spagnolo proprio suo, ai supplementari. Due giorni dopo al replay vinsero i tedeschi 4-0. Con 173 reti ufficiali è lui il massimo goleador della storia del club. Un club che, da allenatore-giocatore, guidò fin dalla 74/75 e poi in numerose altre tappe, compresa quella del 2001/03 in cui si prese la responsabilità di riportarlo in prima divisione dopo due anni da dimenticare.


Da Aragonés a Simeone, son passati 40 anni tra la prima e unica Finale di Coppa Campioni dell’Atlético Madrid e quella che Diego Costa e compagni si son guadagnati ieri sera a “Stamford Bridge”. 40 anni in cui il “sentimento atlético” è stato messo duramente alla prova dagli eventi, roba da scriverci un “Febbre a 90” in versione madrilena.
Il prossimo 24 Maggio a Lisbona l’ultimo atto. Proprio contro il Real Madrid. Una sfida che, intanto, vedrà i contendenti uno contro l’altro già nella corsa alla Liga. Sarà la Finale più bella, almeno per i vincitori…


Mario Cipriano