Un’infanzia difficile, poi la riscossa come calciatore e come allenatore: strepitosa ala destra con lo Stade de Reims e campione d’Europa con la Francia!

Hidalgo

Michel Hidalgo(foto pesmitidelcalcio.com)

Come nei romanzi più emozionanti anche per lui il capitolo conclusivo è quello della gioia e del lieto fine: la storia della sua vita sportiva trova il suo reale appagamento nel 1984. La Francia vinse il suo primo titolo europeo di calcio, la Coppa Henri Delaunay! In campo il trascinatore assoluto era stato Platini (ricordiamo anche Tigana, Giresse, Fernandez e il portiere Bats), mentre l’allenatore era lui: Michel Hidalgo. Un uomo e uno stratega di grandissimo spessore, capace di imporre ai suoi ragazzi non solo schemi e moduli vincenti, ma anche una filosofia di vita e insegnamenti di natura addirittura intellettuale. Hidalgo aveva nel sangue valori come l’umiltà, la semplicità e il senso di appartenenza; ripercorrendo la sua carriera di calciatore tutto ciò riemerge con impeto e, nello stesso tempo, dispensa insegnamenti alle nuove generazioni. Difatti in Francia è considerato un mito o un modello da seguire: trasfigurarsi da operaio a eroe nazionale non è certo un’impresa da tutti…

Michel Hidalgo nacque nel marzo del 1933 e Leffrinckhoucke, nel nord della Francia. Il padre era un semplice e modesto operaio spagnolo che, per ragioni economiche, si trasferì con la famiglia in Normandia. I primi anni di vita furono tormentati per Michel, che lavorava come meccanico per aiutare la famiglia. Lo scoppio della seconda guerra mondiale aumentò i disagi e le preoccupazioni, e Hidalgo si lanciò anima e cuore nel calcio. Cominciò a giocare nell’oratorio di Mondeville e a 15 anni fu reclutato dall’US Normande, squadra della periferia operaia di Caen. Era un’ala destra vivace, intelligente e aveva piedi sapienti: Michel Hidalgo era pericolosissimo in tutte le incursioni offensive, apprezzato sia per gli assist che per la velocità di pensiero. E fin da ragazzo si faceva voler bene per i suoi valori di franchezza e bontà d’animo. Ottenne il settimo posto al concorso per giovani calciatori a Parigi e, benché ancora juniores, fu spesso schierato in prima squadra. Nel 1951 gli juniores dell’US Normande affrontarono i professionisti del Le Havre in una finale regionale e vinsero 6-3 con Hidalgo autore di cinque gol: stupiti e storditi, gli avversari decisero subito di ingaggiarlo. Due stagioni al Le Havre furono sufficienti per stupire la Francia intera e, nella primavera del 1954, Michel Hidalgo fu ingaggiato da uno dei club più famosi per l’epoca: lo Stade de Reims.


Il presidente Henri Germain e l’allenatore Albert Batteux avevano una squadra esplosiva, grazie a campioni del calibro di Raymond Kopa e Just Fontaine: con l’arrivo di Hidalgo (che nel frattempo stava addirittura ultimando il servizio militare) lo Stade de Reims poteva giocarsela con chiunque. Nel 1955 arrivò infatti il trionfo nel campionato francese, mentre l’anno successivo Hidalgo e compagni sfiorarono la grande impresa. La prima storica Coppa dei Campioni vide di fronte, nella finale del Parco dei Principi di Parigi, proprio lo Stade de Reims contro il Real Madrid di Gento e Di Stefano. Era il 13 giugno 1956. Fu una partita entusiasmante e col risultato perennemente in bilico: i francesi si trovarono in vantaggio, sullo 0-2 e sul 2-3 (proprio Hidalgo segnò di testa il gol della grande illusione). Il Real Madrid ribaltò la situazione nel finale e con Rial all’84° confezionò l’incredibile rimonta: 4-3! Fu una grande delusione per tutti i transalpini, con Hidalgo che uscì comunque fra gli applausi confermandosi un fuoriclasse anche di sportività e nobiltà d’animo.

Nel 1957, dopo tre stagioni a Reims, Hidalgo passò al Monaco insieme al compagno Glowacki. Nella squadra del principato si trovò subito a meraviglia, come dimostrano le nove stagioni di militanza. Fu promosso quasi subito capitano e, sotto la guida dell’allenatore Lucien Leduc, vinse da protagonista due campionati nazionali (1961 e 1963) e due Coppe di Francia (1960 e 1963). Dopo questo bel ciclo di vittorie, Leduc lasciò la squadra per andare ad allenare il Servette di Ginevra. L’influenza di questo grande tecnico, insieme forse anche ad Albert Batteux, non è affatto trascurabile visto che fu la base per la nuova attività professionale di Hidalgo: quella di allenatore-profeta.

Ovviamente c’era anche molta farina del suo sacco, e la splendida cavalcata alla guida della Francia (iniziò a lavorare con i “galletti” nel 1976) ne testimonia la bontà e l’incisività. Oltre al titolo europeo, Michel sfiorò anche l’impresa iridata nel 1982. Nella Coppa del mondo in Spagna, infatti, la sua Francia arrivò fino alla semifinale. Qui si arrese solo ai calci di rigore alla Germania Ovest al termine di una gara palpitante: 3-3 ai supplementari e poi 5-4 per i teutonici dopo la lotteria dei rigori. Col passare degli anni, Michel Hidalgo si è gradualmente allontanato dal calcio che conta: è stato dirigente, osservatore delle nazionali giovanili e manager di elevato spessore morale. Ma ora è quasi sparito, forse perché la frenesia e i troppi interessi economici legati a questo sport sono troppo lontani dalle sue concezioni e dalle sue ideologie.

Lucio Iaccarino