Ormai dubbi non ce ne sono più: il Chievo Verona è una delle principali e più liete realtà del nostro campionato. Dopo aver attraversato tutta la trafila delle serie minori la squadra della “diga” si sta affermando ad alti livelli e, anno dopo anno, attrae su di sé la stima e le attenzioni di tutti i principali addetti ai lavori.


Giovanni Sartori, ds del Chievo Verona

Giovanni Sartori, ds del Chievo Verona (foto dalla rete)

Vedere ai primi di Marzo il Chievo in posizioni di classifica tranquille è praticamente un’abitudine. Anche quest’anno la salvezza (unico e vero  obbiettivo dei clivensi) appare alla portata, per una squadra che, almeno  all’inizio della stagione, aveva sollevato qualche dubbio e qualche perplessità nei tifosi. Già quest’estate la gestione del calciomercato non era stata, per i più, soddisfacente: il direttore sportivo Giovanni Sartori ha indubbiamente fatto un  ottimo mercato in uscita ricavando cifre importanti dalle cessioni di alcuni giocatori come Mantovani e Constant (in ogni caso molto validi), mentre per la voce “acquisti” ha puntato sulle consuete scommesse, giocatori  che arrivano e si affacciano alla nostra realtà calcistica da semi-sconosciuti e devono cercare in poco tempo (in Italia infatti si tende ad avere poca pazienza; non considerando spesso il fisiologico periodo di ambientamento che qualsiasi ragazzo straniero necessita approdando in un campionato molto competitivo come il nostro) di meritarsi la Serie A.

E’ doveroso ricordare come alcuni tifosi sottolinearono l’incapacità del direttore sportivo di trovare anche quest’anno un’adeguata spalla al capitano e leader Sergio Pellissier; senza dimenticarsi di quei giornalisti che presentarono il ritorno di Domenico di Carlo come una “minestra riscaldata”.

Giunti oltre la metà del campionato si può notare come in realtà la società abbia, anche quest’anno, smentito radicalmente pessimismi e scetticismi estivi. I volti nuovi, dopo una prima parte di campionato caratterizzata da alti e bassi, stanno dimostrando di essere giocatori validi e meritevoli di calcare palcoscenici importanti: Acerbi (uno dei migliori giocatori di serie B nella passata stagione) non sta per niente soffrendo il salto di categoria; Dramè (terzino sinistro preso a parametro zero dal Sochaux) sta dimostrando ottime doti, soprattutto fisiche ed atletiche; Bradley ha preso prepotentemente le redini del centrocampo veronese (spedendo addirittura in panchina, in alcune occasioni, l’affidabile Luca Rigoni).

Hetemay sta quotidianamente ripetendo le ottime prestazioni sfoggiate lo scorso anno a Brescia; infine abbiamo il trio offensivo Cruzado, Théreau e Paloschi che hanno portato freschezza e qualità all’attacco incidendo discretamente in termini di assist e goal (aspetto quest’ultimo fondamentale per le sorti del Chievo, soprattutto  considerando che capitan Pellissier non sta certamente vivendo la sua annata migliore).

I meriti di Sartori e del presidente Campedelli non sono da considerarsi esclusivamente connessi al mercato, ma riguardano anche la scelta dell’allenatore. Domenico Di Carlo, infatti, arrivava da una annata molto difficile a Genova, nella quale era naufragato con la sua Sampdoria in una incredibile retrocessione in serie B. Il tecnico ciociaro aveva sì molta voglia di rimettersi in gioco, ma il “disastro sportivo” che l’aveva suo malgrado visto protagonista l’anno precedente (la Sampdoria infatti, nonostante le cessioni di giocatori illustri come Cassano e Pazzini, disponeva di una rosa tale da potersi mantenere in categoria) ne aveva intaccato pesantemente i giudizi e le considerazioni da parte di tifosi e addetti ai lavori.


Ebbene, nonostante il contesto non fosse dei più esaltanti, la società ha fatto la sua scelta e i risultati gli stanno dando oggi pienamente ragione. Il Chievo è attualmente una delle squadre più organizzate del campionato: sempre molto corta, compatta e sorretta da un’ottima difesa, la squadra della “diga” cerca in seconda battuta di ripartire con azioni veloci e ben orchestrate dalla grande intelligenza calcistica e dall’enorme senso tattico di alcuni dei suoi effettivi (Pellissier, Bradley e Théreau su tutti). Di Carlo cerca di trasmettere ai suoi ragazzi una mentalità cinica e combattiva: il Chievo pertanto (nonostante lo sconforto di alcuni tifosi, i più ragionevoli comunque capiranno) poche volte esprime un gioco spettacolare, ma tende piuttosto a mettere la partita sul piano fisico, palesando in tutti i suoi giocatori grandi doti atletiche, di corsa e pressing (è altresì normale che le squadre cosiddette “medio-piccole” disponendo di minori qualità tecniche, indirizzino le gare in tal modo). Detto in soldoni: ad oggi il Chievo, salvo rare eccezioni (penso ad esempio alla partita di Milano contro un Milan troppo superiore), si sta affermando come una realtà vera del calcio italiano, una squadra che va sempre “presa con le molle” e contro cui è impensabile “passeggiare”.

Parlavo di realtà vera. Ecco questo è il punto sul quale soffermarsi: il Chievo Verona è infatti la palese dimostrazione di come si possa fare buon calcio non disponendo di grandissime risorse di partenza (ambientali ed economiche su tutte), ma potendo in ogni caso contare sulla grande competenza di professionisti “stakanovisti”, legati al loro lavoro, alle sorti della loro società e desiderosi di perpetuare a lungo la “favola Chievo”.

E pensare che molti anni fa, quando ancora il Chievo era nelle serie minori, uno dei motti dei tifosi clivensi era: ”Quando il Chievo andrà in serie A anche l’asino volerà!”. Ebbene, qualche anno dopo i negozi del quartiere avrebbero cominciato a vendere bandiere rappresentanti asini (simbolo della squadra) con le ali! E da quei giorni sino ad oggi la vendita di quelle bandiere non si è mai più fermata.

 

Nicola Ledri