Caos Bologna, Cazzola non cambia idea
Non si spezza, non si piega. Però si spiega. Alfredo Cazzola, il giorno dopo. Sabato, l’ira funesta. Ieri, l’ora molesta. Perché è l’ora dei chiarimenti, del film di Bologna-Brescia rivisto e rivissuto in testa, i torti arbitrali, lui che entra in campo, il caos, tutti fuori, anzi no, tutti dentro per l’ennesima beffa. E’ l’ora dei ragionamenti a freddo, di qualche dubbio, « Ringrazio il vicequestore per avermi fermato », ha detto nel giro notturno delle tivù, di un risentimento verso la classe politica bolognese, « I nostri politici non sono tifosi.
Ho letto che il sindaco Cofferati è tifoso dell’Inter. Aver avuto un sindaco tifoso del Bologna magari sarebbe servito, magari il sindaco a un certo punto si sarebbe chiesto: oh, ma che sta succedendo qua?», di una frase infelice - quella sulla strage di Bologna - che rischia di rivelarsi un boomerang ma che Cazzola spiegherà. E' l'ora delle telefonate dei collaboratori, « Alfredo, ripensaci », perché nonostante tutto, nonostante uno stato d’animo « molto disturbato » come lui stesso ha ammesso « perché ci hanno umiliato con la voglia di farlo », il presidente non ha fatto nessun passo indietro riguardo alla sua decisione di lasciare il calcio e dunque vendere la società, quel Bologna preso il 30 settembre del 2006. Nel giro di una settimana si riunirà il consiglio di amministrazione, poi tutto verrà deciso. « Procederemo come abbiamo detto », dice Cazzola. Come aveva detto, sabato sera: « Non ho più voglia di lavorare in un contesto dove non ci sono persone normali ».
Tradotto: Bologna in vendita, Cazzola non ne può più, a meno di clamorosi ripensamenti sembra intenzionato ad andare avanti per la sua strada, perchè tutto quello che ha detto sabato lo pensa anche oggi: ha agitato lo spettro del calcio-scommesse, ha parlato di associazione a delinquere, ha chiamato in causa un « Sistema che governa il calcio italiano », ha ammesso di aver fallito la sua missione in Lega, « perché pensavo di poter portare qualcosa di nuovo », ha fatto capire in sostanza di sentirsi fuori posto, fuori luogo, fuori, semplicemente.
Giornata complicata, la sua, chiusa con la decisione di chiarire l'imbarazzante riferimento alla strage della stazione di Bologna, che il 2 agosto 1980 uccise 85 persone e ne ferì oltre 200. « Lungi da me - ha detto Cazzola - fare un parallelismo fra un rigore non dato e la strage di Bologna, la cosa più grave mai avvenuta in città. Esprimo rincrescimento se qualcuno si fosse sentito insultato. Io, da bolognese, ho vissuto in prima persona quella pagina gravissima della nostra storia. Volevo fare riferimento al fatto che i bolognesi sono sempre stati civili e hanno sempre avuto un atteggiamento corretto di fronte a tante ingiustizie, proprio a partire da quella più grave, quella della stazione. Questo atteggiamento è sempre stato offeso: in molte altre città ci sono manifestazioni poco civili per molto meno ».
L’APPELLO DI SALVATORI - ll grido di dolore di Fabrizio Salvatori. « Bologna non deve lasciarsi sfuggire Alfredo Cazzola, no, non deve lasciarselo sfuggire. Da parte mia farò anche l’impossibile per convincerlo a restare ». Sabato sera ha parlato a lungo con il presidente del Bologna, poi ieri gli ha telefonato, anche per tornare su quello che era stato contro il Brescia. « Non so se sia casuale quello che ci sta accadendo, ma inevitabilmente uno è portato a pensare male. Qua ci stiamo dimenticando quello che è stato fatto al Bologna nelle ultime tre stagioni non sta nè in cielo nè in terra, perché faccio presente a tutti che questa società e questa città sono la società e la città più punite da Calciopoli. Guai a non tenere conto che Bologna è stata calpestata, umiliata, tradita». Salvatori tende la mano a Cazzola. « Ha fatto in un momento di rabbia quello che una città intera avrebbe fatto, perché ormai Bologna è arrivata all’esasperazione, non ce la fa più, non ne può più».
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