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  21/05/2007 - SERIE B: LA POLEMICA


Caos Bologna, Cazzola non cambia idea

Non si spezza, non si piega. Pe­rò si spiega. Alfredo Cazzola, il giorno dopo. Sabato, l’ira funesta. Ieri, l’ora molesta. Perché è l’ora dei chiarimenti, del film di Bologna-Brescia rivisto e rivissuto in testa, i torti arbitrali, lui che entra in campo, il caos, tutti fuori, anzi no, tutti dentro per l’ennesima beffa. E’ l’ora dei ragionamenti a freddo, di qualche dubbio, « Ringrazio il vicequestore per avermi fermato », ha detto nel giro notturno delle tivù, di un risenti­mento verso la classe politica bolognese, « I nostri politici non sono tifosi.

Ho letto che il sindaco Cofferati è tifoso dell’Inter. Aver avuto un sindaco tifoso del Bologna maga­ri sarebbe servito, magari il sindaco a un certo punto si sarebbe chiesto: oh, ma che sta succedendo qua?», di una frase infelice - quella sulla strage di Bologna - che rischia di rivelarsi un boomerang ma che Cazzola spiegherà. E' l'ora delle telefonate dei colla­boratori, « Alfredo, ripensaci », perché nono­stante tutto, nonostante uno stato d’animo « molto disturbato » come lui stesso ha am­messo « perché ci hanno umiliato con la vo­glia di farlo », il presidente non ha fatto nes­sun passo indietro riguardo alla sua decisio­ne di lasciare il calcio e dunque vendere la società, quel Bologna preso il 30 settembre del 2006. Nel giro di una settimana si riuni­rà il consiglio di amministrazione, poi tutto verrà deciso. « Procederemo come abbiamo detto », dice Cazzola. Come aveva detto, sa­bato sera: « Non ho più voglia di lavorare in un contesto dove non ci sono persone nor­mali ».

Tradotto: Bologna in vendita, Cazzo­la non ne può più, a meno di clamorosi ri­pensamenti sembra intenzionato ad andare avanti per la sua strada, perchè tutto quel­lo che ha detto sabato lo pensa anche oggi: ha agitato lo spettro del calcio-scommesse, ha parlato di associazione a delinquere, ha chiamato in causa un « Sistema che governa il calcio italiano », ha ammesso di aver fal­lito la sua missione in Lega, « perché pensa­vo di poter portare qualcosa di nuovo », ha fatto capire in sostanza di sentirsi fuori po­sto, fuori luogo, fuori, semplicemente.

Giornata complicata, la sua, chiusa con la decisione di chiarire l'imbarazzante rife­rimento alla strage della stazione di Bolo­gna, che il 2 agosto 1980 uccise 85 persone e ne ferì oltre 200. « Lungi da me - ha detto Cazzola - fare un parallelismo fra un rigore non dato e la strage di Bologna, la cosa più grave mai avvenuta in città. Esprimo rin­crescimento se qualcuno si fosse sentito in­sultato. Io, da bolognese, ho vissuto in pri­ma persona quella pagina gravissima del­la nostra storia. Volevo fare riferimento al fatto che i bolognesi sono sempre stati civi­li e hanno sempre avuto un atteggiamento corretto di fronte a tante ingiustizie, proprio a partire da quella più grave, quella della stazione. Questo atteggiamento è sempre stato offeso: in molte altre città ci sono ma­nifestazioni poco civili per molto meno ».

L’APPELLO DI SALVATORI - ll grido di dolore di Fabrizio Salvatori. « Bologna non deve la­sciarsi sfuggire Alfredo Cazzola, no, non de­ve lasciarselo sfuggire. Da parte mia farò anche l’impossibile per convincerlo a resta­re ». Sabato sera ha parlato a lungo con il presidente del Bologna, poi ieri gli ha tele­fonato, anche per tornare su quello che era stato contro il Brescia. « Non so se sia ca­suale quello che ci sta accadendo, ma ine­vitabilmente uno è portato a pensare male. Qua ci stiamo dimenticando quello che è stato fatto al Bologna nelle ultime tre sta­gioni non sta nè in cielo nè in terra, perché faccio presente a tutti che questa società e questa città sono la società e la città più pu­nite da Calciopoli. Guai a non tenere conto che Bologna è stata calpestata, umiliata, tradita». Salvatori tende la mano a Cazzola. « Ha fatto in un momento di rabbia quello che una città intera avrebbe fatto, perché ormai Bologna è arrivata all’esasperazio­ne, non ce la fa più, non ne può più».

corrieredellosport