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  06/11/2007 - LUTTO NEL MONDO DEL CALCIO


Addio a Nils Liedholm

Il calcio piange Nils Liedholm. Il 'Barone', nato in Svezia, ma praticamente sempre vissuto a Cuccaro, nel Monferrato, è scomparso all'età di 85 anni. Da calciatore formò lo storico trio con Gren e Nordhal che fece grande il Milan con il quale collezionò 359 presenze e 81 reti. Da allenatore, vinse due scudetti nel calcio italiano, uno con il Milan nel 1979 e l'altro con la Roma nel 1983. Allenò anche la Fiorentina.



Chi crede che anche nell'adilà esistano i campi di calcio, probabilmente adesso penserà che il famoso trio Gre-No-Li si sia ricomposto mostrando il meglio del proprio repertorio anche da quelle parti. Gren e Nordhal sono stati raggiunti da Nils Liedholm, il Barone per eccellenza del calcio italiano, soprannome dovuto al suo stile impeccabile in qualsiasi situazione con la sua voce pacata e il suo passo sempre felpato, mai di corsa. Nils Liedholm è morto nella 'sua ' Cuccaro, nel Monferrato dove risiedeva, era malato da tempo e ultimamente le sue condizioni erano peggiorate ed ora, ma non muore di certo la sua leggenda, quella per la quale ha meritato la copertina del primo album delle figurine Panini nei primi anni sessanta, quella per la quale si era ritagliato un posto in primissima fila nella Hall of fame del calcio italiano e mondiale. E pensare che aveva iniziato con lo sci di fondo, tipico degli svedesi.

La Svezia, il Milan, la Roma. Queste le tre tappe principali della sua vita calcistica. Con nazionale svedese fu vincitore dell'oro olimpico a Londra '48 e fu vice-campione del mondo nel 1958. Più due titoli nazionali in Svezia con il Norrkoping. Poi, un giorno, disse al padre: "Non ti preoccupare, vado in Italia, ma tempo un anno o due tornerò in Svezia". Non sapeva però che il nostro paese sarebbe diventato la sua seconda patria per i successivi 60 anni. Quattro scudetti negli anni '50 con la maglia del Milan. I rossoneri furono conquistati immediatamente da quel biondino e dal suo tocco di palla. Testa alta e passaggi tanto infallibili che un aneddoto racconta di un San Siro in piedi ad applaudire il giorno che ne sbagliò uno. Incredibile, ma è così. Centrocampista prima, libero poi, ma sempre efficace in entrambi i ruoli, una mutazione tattica che insegnò anche ai calciatori da lui allenati, uno su tutti Agostino Di Bartolomei, capitano giallorosso.

Poi, a 39 anni appese gli scarpini al chiodo e iniziò la carriera di allenatore con l'invenzione della famosa "ragnatela". Il Milan con la sua guida si cucì sul petto lo scudetto della "stella" nel 1979, mentre alla Roma regalò un titolo che mancava nella bacheca giallorossa dal 1942. Successi, ma anche delusioni cocenti come la finale di Coppa dei Campioni persa all'Olimpico dalla Roma contro il Liverpool nel 1984. Non ha mai saputo staccarsi troppo dal Milan e dalla Roma. ha allenato il Varese, il Monza, la Fiorentina, il Verona, ma alal fine è sempre tornato in quelle che ha semrpe considerato le sue due grandi famiglie. Proprio alla Roma si è consumata l'ultima panchina nel 1997 e, semrpe per i giallorossi ha vestito i panni del dirigente da consigliere d'amministrazione a consulente di mercato ruolo nel quale consigliò al presidente Sensi un ragazzino di belle speranze che giocava nel Malmoe e si chiamava: Zlatan Ibrahimovic, finito poi da tutt'altre parti e non a Trigoria.

Il Barone era geniale per le sue iperboli calcistiche in un misto di humor e saggezza. Fece diventare Mandressi "l'erede di Rensenbrink", Tosetto "il Keegan della Brianza", Gaudino "il nuovo Nordhal", Valigi "il nuovo Falcao". Già, proprio il brasiliano era stata la sua scoperta migliore e quello che tutt'ora può essere considerato il suo pupillo. "Come stai?" chiese a Falcao prima di una partita dopo che per tutta la settimana si era allenato poco per un infortunio. "Bene" rispose il brasiliano e la contro risposta di Liedholm fu geniale: "Bene, allora sarai in grado di salire le scale della tribuna". Perle ce ne sono a iosa di questo grande uomo che amava anche deliziare i cronisti presenti all'allenamento con una quantità di industriale di aneddoti. Svedese, quindi freddo, ma scaramantico più di un partenopeo. Aveva un mago di fiducia al quale si rivolgeva anche per fare la formazione, leggeva l'oroscopo e faceva notare che i grandi del calcio erano tutti della Bilancia, ovviamente il suo segno. Amava la buona tavola, ma anche il vino del quale ne era diventato produttore proprio a Cuccaro, nel Monferrato, dove è spirato.

Mancherà a tutti il suo non parlare bene l'italiano nonostante i sessant'anni di permanenza nella penisola, mancherà il suo stile. Mancherà lui: il vecchio gentiluomo di Valdemarsvik.